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Sudan , le violenze continuano

cartina del Sudan

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Oltre 200 uccisi dalle forze sudanesi nelle ultime settimane. Khartoum non tiene più a bada le milizie Janjaweed, mentre i civili protestano contro il governo.

Uno studente è stato ucciso ieri nella capitale del Sudan dalla polizia durante una delle manifestazioni di protesta a favore del Darfur che stanno attraversando la regione sudanese da settembre. Altri due studenti sono rimasti feriti e ricoverati in ospedale.

La manifestazione di ieri era partita dal campus della Khartoum University; quando i circa 200 studenti si sono spostati fuori, la polizia è intervenuta lanciando gas lacrimogeni e picchiando i giovani con i manganelli, uccidendo Ali Abakr Moussa Idris, studente di economia. In risposta all’uccisione del compagno, gli studenti hanno sospeso le lezioni e inviato una petizione al parlamento nella quale denunciano le violenze in Darfur e il conflitto interno tra il governatore del Darfur, Osman Yousef Kbir, e il capo tribale Musa Hilal.

L’ennesima morte in una regione infiammata dalle violenze di cui il governo centrale è considerato il responsabile. Le ultime settimane sono state caratterizzate da scontri sempre più duri tra opposizioni e forze militari del presidente Omar al-Bashir, un confronto che dura ormai da 11 anni e che colpisce drammaticamente la popolazione civile. Da settembre ad oggi, secondo Amnesty International, le forze militari avrebbero ucciso oltre 200 manifestanti, molti dei quali colpiti al petto o alla testa. Oltre 45 villaggi in Darfur sono stati ripetutamente attaccati dalle milizie Rapid Support Forces dalla fine di febbraio ad oggi, soprattutto nell’area di Um Gunya.

A settembre, a seguito della secessione del Sud Sudan e della perdita per Khartoum delle entrate economiche derivanti dalla vendita di petrolio, il governo centrale ha adottato una serie di misure di austerity e di tagli ai sussidi statali per arginare la crisi economica, provocando la reazione delle fasce più povere del Paese, tra cui appunto il Darfur.

Ma il presidente Bashir non fa un passo indietro, nonostante le ribellioni interne e nonostante sulla sua testa pesi un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale che lo accusa di crimini di guerra in Darfur (insieme al suo ministro della Difesa, Abdelrahim Mohammed Hussein). Poche ore prima la morte del giovane studente, Navi Pillay – Alto Commissario Onu per i Diritti Umani – aveva fatto sapere che le agenzie umanitarie erano state bloccate dalle autorità sudanesi e non erano riuscite a raggiungere il Darfur.

La situazione resta tesa: Musa Hilal, capo delle milizie Janjaweed, nate in risposta alla sollevazione del Darfur nel 2003, controlla oggi la città di Saraf Omra, a solo 100 km dalla capitale del Darfur dell’Ovest. Un atto inaccettabile per il governatore Osman Kbir e che mostra bene come gli equilibri interni siano mutati negli ultimi undici anni: oggi il governo, che all’epoca armò le milizie Janjaweed, responsabili di terribili e indicibili massacri contro i civili, non riesce più a controllare le tribù un tempo alleate e che oggi puntano al controllo delle risorse naturali e ad un potere autonomo da quello di Khartoum.

Roma, 12 marzo 2014, Nena News