Negli ultimi anni il Marocco ha conosciuto un periodo di forte crescita economica. Passeggiando tra le strade di Tangeri, e non solo, è difficile non notare l’incredibile numero di edifici in costruzione, simbolo del fermento che attraversa la zona settentrionale del Paese ed in particolare le due città di Tangeri e Tetouan.
La crisi economica che, avendo colpito alcuni trai suoi principali partner economici, ha avuto i suoi effetti anche in Marocco, ha causato un rallentamento della crescita del Paese che, nonostante tutto, oscilla nel 2013 tra il 3 ed il 5%. L’altro fattore di crisi che il Marocco ha dovuto affrontare è stato l’aumento dei costi delle risorse energetiche.
Il cima di riforme che ha caratterizzato il Paese, in particolare in seguito alla Primavera Araba, rendendolo l’eccezione virtuosa nel Nord Africa, ha investito anche l’economia. Il cambiamento economico è concepito nel quadro di un più grande cambiamento a livello istituzionale, politico e costituzionale. Il rispetto delle diversità culturali, di genere – l’attività delle donne non supera il 25% – e dei diritti umani diviene il leitmotiv dei discorsi pronunciati dai rappresentanti della monarchia alawita, forti del fatto che “il Marocco è l’unico Paese del Mediterraneo ad aver conosciuto ben tre riforme costituzionali basate sul riconoscimento dei diritti universali della persona”, come ha affermato Mohamed Chafiki, direttore del dipartimento Studi e Previsioni economiche del Ministero dell’Economia e delle Finanze marocchino.
Tra le linee guida del nuovo piano economico c’è la redistribuzione della ricchezza. Circa il 60% della creazione della ricchezza si realizzava nella zona di Casablanca, Rabat, Kinetra ed El-Jadida. Con la cosiddetta transizione democratica c’è stata una riconciliazione territoriale soprattutto col Nord del Paese, dove è in atto la realizzazione di nuovi poli industriali ed infrastrutture commerciali. Da dieci anni a questa parte, Tangeri ha contribuito alla creazione della ricchezza per una percentuale che viaria, in media, tra il 7 e l’8% e lo stesso valore si registra nelle zone di Marrakesh e Agadir, mentre Casablanca scende a meno del 6%. Lo scopo di queste politiche di decentralizzazione e regionalizzazione, è quello di permettere l’inclusione e l’integrazione di zone che, per motivi storici – Il Nord del Marocco ha alle spalle una lunga storia di ribellione – o geografici, erano rimaste ai margini del processo di sviluppo economico.
Altra grande direttrice del piano economico è la diversificazione economica. Dalla centralità dell’agricoltura si passa ad un sempre maggiore impulso ai settori industriale e terziario (oggi stimato al 55%). Se, relativamente al secondo, l’ambito delle tecnologie dell’informazione assume un ruolo preponderante, nell’ambito industriale, l’industria automobilistica ha conosciuto – anche grazie al partenariato con grandi nomi stranieri come la Renault – una forte crescita, così come è avvenuto nel settore dell’aerospazio, tanto che Mohamed Chafiki non esita a sottolineare come “la produzione marocchina abbia un impatto su circa la metà degli aerei prodotti in tutto il mondo”, aggiungendo che la riappropriazione delle innovazioni scientifiche è un elemento imprescindibile per lo sviluppo.
Il governo, inoltre, non trascura l’aspetto ambientale. Se da una parte l’obiettivo dichiarato è quello di sfruttare maggiormente le energie rinnovabili con lo scopo di salvaguardare l’ambiente, dall’altra un ruolo di non poco conto è giocato dalla necessità di ridurre la dipendenza da petrolio e carbone, importati per soddisfare la maggior parte del fabbisogno del Paese. I settori privilegiati sono l’eolico ed il solare, tanto che, secondo quanto afferma Mohamed Chafiki, “a Ouarzazade si trova la più grande centrale ad energia solare dell’Africa ed è in atto il più grande progetto solare al mondo”. Per concludere il quadro, il Marocco si sta impegnando per rafforzare la cooperazione ed il partenariato con i Paesi del Mediterraneo. L’incremento degli scambi commerciali è uno degli obiettivi primari del Paese che, a questo scopo, ha avviato, nel 2004, la costruzione di quello che sarà uno tra i più importanti porti del Mediterraneo, il “Tanger Med”.
Tuttavia, è difficile riconoscere nel Marocco descritto dei dati forniti lo stesso luogo in cui i laureati disoccupati indicono, quasi quotidianamente, manifestazioni e presidi davanti al parlamento di Rabat. Tra le ultime quella del 21 novembre – contro il progetto di legge delle finanze che non prevede il loro impiego nei 18.000 posti nel settore pubblico messi a disposizione dal governo – che si è conclusa con duri scontri con le forze dell’ordine. “Registriamo, in primo luogo, il problema persistente della disoccupazione che non fa che peggiorare e l’incapacità dello Stato ad offrire garanzie, poiché il 2012 non ha conosciuto alcun miglioramento significativo riguardo l’impiego dei laureati disoccupati” ha riportato l’Association Marocaine des Droits Humains (AMDH). Infatti, l’ultimo rapporto arabo sulle assunzioni e la disoccupazione nei Paesi arabi riporta che la percentuale dei disoccupati tra i diplomati presso le università e gli istituti superiori del Marocco è arrivata al 26,8%, il tasso più elevato nella regione.
Un altro grande problema è rappresentato dalla povertà diffusa. Secondo quanto riporta l’ultimo rapporto annuale dell’AMDH, riguardante il 2012, la povertà toccherebbe 8 milioni di marocchini, cosa che spiegherebbe anche la 130esima posizione del Marocco nella scala relativa allo sviluppo umano.
Per quanto riguarda i diritti umani, grandi protagonisti della retorica adottata dai politici marocchini, le recenti vicende politiche del Paese hanno risollevato questioni e dubbi sul loro reale rispetto. Dalle repressioni delle manifestazioni che hanno scosso il regno negli ultimi anni alla detenzione del giornalista Ali Anouzla; dal caso Galvan a quella che la stampa locale definisce una parità dei sessi solo formale – ricordiamo che in Marocco uno stupratore può evitare il carcere sposando la vittima – il profilo del Paese assume tratti quanto meno sfocati.
Nell’ultimo periodo, inoltre, sono aumentate le tensioni con l’Algeria che accusa il regno alawita di violazione dei diritti umani nel Sahara Occidentale, oltre al fatto che la MINURSO continua a non vedere le proprie competenze estese in materia di tutela dei diritti umani. La questione del Sahara Occidentale, là dove non viene apertamente trattata, è sempre presente, seppur in maniera velata, nei discorsi dei rappresentanti del governo. Durante un incontro svoltosi a Roma in occasione delle “Giornate Interculturali Marocco-Italia”, il ministro delegato Soumiya Benkhaldoun lo ha implicitamente definito una provincia del Marocco, nel corso del suo intervento volto a sottolineare la varietà e la ricchezza culturale che caratterizza il Paese “dall’estremo Nord del Marocco a Tangeri fino all’estremo Sud a El-Guira” – ultima città del Sahara Occidentale.
Claudia Campisano
Roma, 6 dicembre 2013 – Nena News