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Perché non si rovesci il sogno di Isaia

È ancora possibile che sulla nostra terra di Puglia, riarsa dal sole e bruciata dalla sete, il grano della pace diventi pane?


Dichiariamo subito il più profondo rispetto per le istituzioni che rappresentate, la fiducia nel vostro impegno umano, la stima sincera per la vostra persona. Siamo anche certi che il vostro desiderio di costruire la pace non sia meno generoso del nostro.
Ma sentiamo pure il bisogno di dirvi che da tempo la nostra coscienza di cittadini di Puglia è turbata da inquietudini profonde e da oscuri presentimenti.
Dietro la cortina dell’indifferenza, avvertiamo la sensazione che sta avvenendo un mutamento preoccupante nel nostro paesaggio regionale.
Non con i piani di sviluppo delle aree interne.
Non con i progetti di rilancio dei nostri beni ambientali.
Non con le regole che salvaguardino il nostro mare.
Non con le idee trainanti per una produttività ecologica e moderna.

Alla domanda di sviluppo, per lungo tempo inevasa, sembra stia per giungere ben altra risposta. Amara. Priva di orizzonti di speranza. Il cui prevedibile scenario d’attuazione è la guerra con i poveri.
Il destino della nostra assenza dalla storia del progresso sembra oggi capovolgersi. Ma con un protagonismo distorto.
Incombe su di noi la dissolvenza in negativo del testo di Isaia che dice: «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci, e non si eserciteranno più nell’arte della guerra».
D’ora in avanti diventerà davvero difficile tradurre in atto questo passo profetico sul nostro suolo pugliese, che una contro-vocazione perversa destina a palestra per le «esercitazioni nell’arte della guerra ».
Ci sovrasta, infatti, l’ombra di un minaccioso anti-Jsaia, dove sono i vomeri a trasformarsi in spade e le falci in lance. Nelle lance degli aerei Tornado a Gioia del Colle. Nelle spade della prima portaerei d’Italia, la «Garibaldi», che si specchierà nell’ingrandito porto di Taranto. Nelle fionde dei caccia d’attacco AMX a Brindisi.
Ma saranno specialmente gli aratri distrutti sugli oltre diecimila ettari di terreno della Murgia a non produrre più credito né per il sogno di Isaia, né per i bilanci della nostra già avara economia.
Staranno solo a significare che oggi ci viene imposto un ruolo «tragico» come nei teatri greci, un tempo così numerosi nella nostra terra. Un ruolo che non ci appartiene né per vocazione di Dio, né per tradizione degli uomini. Un ruolo che vorrebbe ridurci al compito di garantire, con la nostra pelle, la sicurezza di potenti che stanno lontano. Un ruolo che ci fa considerare gendarmi di rincalzo nel Mediterraneo per il servizio di controllo, se non di repressione, sulle folle disperate del terzo e del quarto mondo.
A questa storia ci sentiamo estranei. E coloro che si prestano come comparse a intervenire nella trama dell’olocausto planetario sappiano che forse stanno provocando il disgusto di Dio e la rabbia dei poveri.

A voi, politici, di cui pure comprendiamo la sofferenza e intuiamo le perplessità, chiediamo di mostrare che la rete delle istituzioni non si è scollata dal sentire della gente. Che a voi preme ancora il bene comune. Che ben altri sono i progetti, in calce ai quali volete segnare i vostri nomi. Che su più gloriose pagine della nostra storia ambite figurare come protagonisti. Che l’amore per i poveri e per la loro vita è ancora il principio architettonico della vostra azione sociale.
Coraggio. La revoca della delibera regionale dell’83, che assegnava gran parte della Murgia ai poligoni di tiro, significa che il sogno di Isaia è ancora possibile.
Ed è certamente ancora possibile che sulla nostra terra, pur riarsa dal sole e bruciata dalla sete, il grano della pace diventi pane.

Appello inviato a tutti i componenti del Consiglio Regionale di Puglia, sottoscritto dai gruppi pugliesi di « Pax Christi » e fatto proprio dal Coordinamento contro la militarizzazione della Murgia, in vista della riunione consiliare del 29 aprile 1986. All’ordine del giorno era prevista la revoca della delibera regionale del 1983 che assegnava gran parte della Murgia ai poligoni di tiro.

L’appello ha raccolto dodicimila firme.