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Mons. Crociata a Pax Christi.

“Memoria, testimonianza e profezia” Queste sono le consegne del Segretario generale della CEI a Pax Christi. “A tutto il movimento cattolico per la pace, a ciascuno di voi, dunque, l’augurio di incontrare sempre più in profondità «l’amore che educa e forma al dono della propria vita»congresso roma 1

Congresso nazionale di Pax Christi

Roma, 26 aprile 2013

✠ Mariano Crociata

Via via che avanziamo verso la prima linea, tutto diventa più deserto, stranamente silenzioso, malgrado i continui rombi delle esplosioni, e come morto. Gli alberi, la terra, il cielo, i sassi, le case non hanno più colore, tutto è un grigiore, una lividezza funerea, quasi che la natura avesse perso ogni suo chiaro attributo, si fosse irrigidita in una specie di spettralità sepolcrale e astratta. Città e villaggi in rovina, le cupole e i tetti rotti come gusci; le sommità dei muri squassati cedono sotto i sussulti delle bombe. Tutto, inesorabilmente, sta tornando alla terra. Presto non resterà che un torso di terra collinoso dove crescerà il nulla.

La brigata è comandata da un ragazzo. È molto giovane e a quella età molte cose non si temono: l’età e la morte, la vita non l’aveva ancora afferrato, ma era già stata ridotta ai minimi termini… Qui tutto finisce così presto, una raffica, una bomba e in due minuti la vita è spenta… Ho paura, questo è un posto dove i minuti si dilatano in anni, dove ci sentiamo sfiorare dal freddo del nostro nulla…

Questa è la Siria che noi abbiamo voluto, ignorandola, un luogo che esiste in un istante di violenza che va al di là di ogni immaginazione, che esiste negli ululati delle donne e dei bimbi impazziti dal terrore, nelle invocazioni dei combattenti, nelle esecuzioni spietate, negli eroismi e negli errori fatali. E il suo volto è a volte bellissimo e a volte terribile.

 

 

Cari amici, questo drammatico reportage di un giornalista de La Stampa (17 gennaio 2013) mi è ritornato alla mente l’altro ieri, mentre facevo mio l’appello con cui Papa Francesco ha concluso l’udienza del mercoledì, quando ha invocato pace per la nazione siriana.

Mi è ritornato alla mente, andando a sovrapporsi, anche un altro campo di battaglia, recentemente apertosi in Mali, segnato dal rischio della catastrofe della violenza inter-etnica, come pure dal pericolo che l’incendio si estenda all’Africa del Nord e alla Nigeria settentrionale, collegandosi all’area di instabilità del Darfur, della Somalia e del Sinai. Del resto, non sono altrettanto fragili le speranze di pace della Repubblica Centrafricana nel travaglio seguito alla guerra civile?

Ho voluto iniziare questo breve intervento ponendo davanti ai nostri occhi – quasi in maniera plastica – alcune situazioni emblematiche, per ribadire quanto affermato dal vostro Presidente, mons. Giovanni Giudici, proprio in occasione di questo Convegno nazionale: «La violenza è diventata non solo più il confronto fra campi avversi, ma una questione presente in maniera endemica nella vita sociale dei Paesi nelle varie aree del mondo, per cui c’è questa spinta a considerare l’agire violento come quasi un fatto di cui non possiamo liberarci, non possiamo tenere in aree separate della nostra vita sociale».

 

Che fare?  Questa domanda, alla quale vogliamo rispondere insieme, per «edificare un mondo più umano per tutti e dappertutto (GS 77), un mondo fondato sul rispetto della vita, della coscienza, dei diritti di ogni essere umano, dei più poveri e degli oppressi, nella promozione della libertà, delle responsabilità politiche e sociali delle persone e delle comunità» (Statuto di Pax Christi, art. 4).

Che fare, dunque? In questi giorni rifletterete sul disarmo, sulla nonviolenza, sulla giustizia sociale, sulla democrazia e sulla dimensione planetaria della società in cui abitiamo. Lancerete una campagna di educazione, a partire dalla scuola, a una lettura dei rapporti personali e sociali che superi la logica della violenza e dell’utilizzo delle armi.

A tutto ciò cosa può aggiungere la mia parola per offrire un contributo di risposta alla questione di fondo? Con semplicità, vi affido tre punti essenziali, che attingo agli Orientamenti pastorali della Chiesa in Italia per il decennio che stiamo vivendo (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, 4 ottobre 2010). Eccoli.

 

Innanzitutto, curate la memoria: è «così facile dimenticare, soprattutto quando siamo soddisfatti», osservava l’allora cardinale Bergoglio, che aggiungeva: «la memoria è una potenza che unisce, una potenza che libera… Il ricordo della salvezza di Dio, del cammino già percorso, infonde nuova forza per il futuro» (J. M. Bergoglio, Aprite la mente al vostro cuore, Rizzoli, Milano 2013, 93-97).

Facciamo memoria del nostro radicamento nel Vangelo e nella Chiesa: è quella Chiesa che cinquant’anni fa dava inizio al Concilio Vaticano II e pubblicava l’enciclica Pacem in terris, che fa da sfondo al vostro Statuto, ne sostanzia la riflessione, ne orienta le scelte; è quella Chiesa che ha conosciuto la voce della tenerezza e della parresia di don Tonino Bello, che di Pax Christi fu Presidente dal 1985 alla sua morte, vent’anni fa.

La nostra diventa memoria dei santi, di quanti – si legge negli Orientamenti pastorali (n. 22) – «rivelano con la loro vita l’azione potente dello Spirito che li ha rivestiti dei suoi doni e li ha resi forti nella fede e nell’amore. Ogni cristiano è chiamato a seguirne l’esempio, cogliendo il frutto dello Spirito, che è ‘amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé’ (Gal 5,22)».

 

Accanto alla memoria, dunque, la testimonianza. Se la crisi che viviamo non è solo economica o politica, ma culturale e spirituale, quanto bisogno abbiamo di adulti che, «favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori», ritrovino modi per «promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie» (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 50).

 

Memoria, testimonianza e, per concludere, profezia. Se dovessi dare un contenuto a questa parola, lo ricondurrei a un “tornare a Gesù Cristo”, via della vita autentica, della vita buona. I nostri Orientamenti si chiedono se non sarebbe stato più opportuno che il Signore avesse provveduto subito al nutrimento di tanta gente, piuttosto che mettersi a insegnare. Sì, Gesù è Colui che «non smetterà di insegnare, parlando al cuore, neppure di fronte all’incomprensione della folla e dei suoi stessi discepoli»; è, ancora, Colui che «rivela il mondo nuovo voluto da Dio e chiama a esserne parte, sollecitando ciascuno a cooperare alla sua edificazione nella pace»; è, infine, colui che «si prende cura dei bisogni concreti delle persone», al punto che il suo insegnamento  «trova compimento nel dono della sua esistenza» (ib., n. 18).

A tutto il movimento cattolico per la pace, a ciascuno di voi, dunque, l’augurio di incontrare sempre più in profondità «l’amore che educa e forma al dono della propria vita» (ib.).

E di pace sarete davvero costruttori.

Intervento al Congresso nazionale di Pax Christi, aprile 2013