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mi piacerebbe che i partiti…RIPARTIAMO DALLA POLITICA

E così, alla fine, avremmo un dialogo tra la società e la politica fatto di idee e non di sotterfugi, di speranze costruite insieme e condivise; avremmo una  classe dirigente cresciuta in questa corresponsabilità che si vergognerebbe di comportarsi come si comporta una parte significativa dell’attuale… ANGELO BERTANI riparte dalla politica con un articolo che fa pensare.

Mi piacerebbe che i partiti… E voi che dite?

15 maggio 2013 by c3demBoldrini 3

Anche sul sito www.eptaforum.it (autorevole cenacolo di giuristi e intellettuali di area cattolica e democratica), da tempo si agitano i temi della riforma delle istituzioni e della politica italiana. Francesco Paolo Casavola è stato chiarissimo: “lo Stato dei partiti ha ucciso la democrazia”. Ugo De Siervo ribadisce: “è necessario un profondo rinnovamento dei partiti”.  E Pier Alberto Capotosti:  “servono partiti nuovi, non nuovi partiti”. Dal canto suo, Marco Revelli, nel gennaio di quest’anno, ha dato alle stampe un piccolo e bel libro, Finale di partito(ed. Einaudi, 2013) in cui spiega: “è in atto una mutazione del tradizionale protagonista della nostra democrazia: il partito politico. Come l’impresa ha trasformato la sua struttura dopo la crisi del fordismo, così i partiti stanno cambiando natura dentro una clamorosa crisi di fiducia. E talvolta finiscono”.

Del resto già nel 2011 un sondaggio di Renato Mannheimer  rivelava che l’operato del governo era valutato positivamente solo dal 18 per cento degli intervistati; e l’operato dei partiti di opposizione era positivo solo per il 13 per cento. La distanza critica tra l’ “animo” dei cittadini e l’ “immagine” concreta della politica è dunque elevatissima e tocca direttamente i partiti, la classe e l’azione politica che esprimono.

Per porre riparo a un tale disastro si avanzano molte e diverse proposte in tema di istituzioni, sistema politico e parlamentare, leggi elettorali… In ogni caso, il punto da cui partire è l’art. 49 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Una delle cose più scandalose  in tema di “Costituzione  inattuata”  è  l’ evidente, clamorosa  mancanza di una legge applicativa di questa norma costituzionale. I partiti vivono in una situazione di carenza normativa che ha favorito il loro deterioramento civile e culturale fino ai confini della illegalità. Certo, per molti anni c’era stata  (forse!) una generale convergenza di fatto intorno al significato concreto del “concorrere con metodo democratico”, cioè della democrazia all’interno dei partiti e dell’azione dei partiti nella società. Ma oggi evidentemente non è più così.

Dunque,  per restituire trasparenza ed efficacia alla nostra democrazia servirà  riflettere su alcuni possibili mutamenti  istituzionali (bicameralismo, semipresidenzialismo, criterio di ripartizione dei seggi maggioritario,proporzionale…). Ma sembra evidente che la prima e più urgente riforma dovrebbe essere una  normativa (seguita da una prassi coerente) circa la vita, l’azione e il ruolo concreto dei partiti.

E non si tratta di un problema da poco o meramente tecnico. Si tratta di affrontare davvero il ruolo dei partiti nel nostro sistema politico. Credo che dovrebbe aprirsi una riflessione seria, approfondita: non frettolosa o polemica. E poi Sarà necessario intessere un dialogo, tra soggetti politici ma soprattutto tra cittadini , per arrivare ad un orientamento coerente e praticabile, capace e meritevole di diventare patrimonio comune e infine comune esercizio del diritto di cittadinanza da parte dei cittadini e del dovere di coerente azione politica da parte dei politici. Gli uni e gli altri, legati da una reciproca amicizia civile e riconoscimento delle competenze e della onestà.

Mi piacerebbe che i partiti fossero delle realtà trasparenti, con uno statuto democratico, una composizione, uno statuto e un’ azione pubblica conosciuta. Che possa esserci un controllo sulla loro vita democratica interna;  sul  loro finanziamento  (un due per mille? un contributo pubblico proporzionato a quello – trasparente – dei privati ? una detraibilità?); sulla trasparenza e sobrietà della loro leadership (a cominciare dagli aspetti culturali, etici, per finire a quelli patrimoniali); sulla serietà e incisività della loro azione di approfondimento e divulgazione culturale.  Immagino che potrebbe esserci (ed essere pubblico) l’elenco dei dirigenti, dei militanti… Che l’articolazione della loro presenza nella società (sezioni, club, giornali, internet, convegni, manifesti) sia nota e normalmente aperta a chi vuole partecipare; che riesca ad essere di buon livello, onestamente impegnata a diffondere e a verificare le proprie idee e proposte. Che ci siano delle regole di comportamento pubblico – e anche privato – sui temi che possono interessare tutti  i cittadini,  perché far politica, anche di base, è comunque una funzione  pubblica; e ciascuno che vi si dedica deve anzitutto garantire la massima trasparenza.  Il diritto-dovere di giudicare e se del caso punire chi nella vita politica ha una condotta equivoca e disonesta, non è solo competenza dei magistrati,  ma è diritto dovere degli aderenti e dei simpatizzanti dei partiti e di tutti i cittadini.

Immagino un partito… – anzi no: un sistema di partiti, perché il sistema politico chiede dei soggetti omogenei; e poi: se ci fossero cinque partiti, e solo quattro fossero virtuosi (nel senso fin qui indicato), non è escluso che il quinto, magari più spregiudicato e meno limpido, indurrebbe gli altri a corrompersi – …immagino dunque dei partiti che (come in parte sapevano fare nel dopoguerra e nei primi decenni di vita democratica)  siano una scuola di vita civile; dialoghino continuamente con la varie istanze della società civile e con  i cittadini (singoli e organizzati in forme associative); che sappiano educare i giovani, valorizzare le persone mature (anche al di fuori di ruoli e compiti pubblici istituzionali). Che non facciano solo comizi e propaganda, ma sappiano dialogare, alla base e al vertice, e imparino così a leggere i segni dei tempi. E poiché i segni dei tempi sono tanti, piccoli e grandi, locali e cosmici, servono vari partiti e molte persone e molta analisi e molto dialogo…

E così, alla fine, avremmo un dialogo tra la società e la politica fatto di idee e non di sotterfugi, di speranze costruite insieme e condivise; avremmo una  classe dirigente cresciuta in questa corresponsabilità che si vergognerebbe di comportarsi come si comporta una parte significativa dell’attuale…  Del resto negli anni ’50 e anche dopo, in parte, i politici provenienti dal mondo associativo, culturale, sindacale, erano ispirati da idee, progetti, speranze ben diversi da quelli di cui leggiamo oggi la cronaca sui giornali.

Per comodità del lettore, e per provocare qualche intervento, provo a riassumere alcuni obbiettivi sui quali mi sembra che si potrebbe riflettere insieme per disegnare una forma-partito migliore di quella che attualmente prevale (se si può parlare di “forma” per i nostri attuali partiti…): quale tipo di soggettività andrà riconosciuta ai partiti; a quali condizioni; quali regole per iscriversi, regole per diventare dirigenti; quale trasparenza economica e quali fonti di finanziamento; quali regole di democrazia interna; quali caratteri minimi del ruolo culturale, e altri caratteri  possibili riguardo cultura e informazione e a quali condizioni; a quali condizioni si acquista e si perde la soggettività per proporsi all’elettorato; come  selezionare la classe dirigente, come cambiarla; come i partiti potranno trasformarsi e cambiare secondo le novità dello scenario politico e sociale (e tecnologico).

Naturalmente non tutto può e deve essere definito per legge. Ma può essere utile immaginare scenari complessivi per definire  le strutture portanti del sistema dei partiti per una democrazia sempre più “sostanziale”,  nella quale la dimensione della “partecipazione” si equilibri, ed anzi sia sinergica, con le dimensioni della rappresentanza, della delega e del controllo.

Tra le molte possibili mi permetto di segnalare qui alcuni testi apparsi di recente e che costituiscono a mio avviso un patrimonio importante che il mondo cattolico democratico offre oggi alla riflessione su questi temi. I primi due sono piccoli libri ma lucidissimi e concreti, proposti dall’editrice In dialogo, espressione del movimento Città dell’uomo  fondato da Lazzati . Uno è Democrazia nei partiti, con testi di Luciano Caimi, Emanuele Rossi, Enzo Balboni, Angelo Mattioni, Valerio Onida e Filippo Pizzolato.((In dialogo ed, 2010). In particolare segnalo l’intervento di Rossi : “Per una disciplina legislativa dei partiti politici”. Il secondo libro èEtica e verità in democrazia, curato da Luciano Caimi, con testi di Guido Formigoni, Michele Nicoletti, Luigi Franco Pizzolato e Giuseppe Lazzati (In dialogo ed, 2011). Un terzo libro è di Lorenzo Caselli, già presidente del Meic e docente di etica economica: La vita buona nell’economia e nella società (ed Lavoro, 2012). Da queste e analoghe sorgenti culturali e morali potrebbero venire idee e forze adeguate a proporre e realizzare un autentico, necessario rinnovamento della politica e, in particolare, della forma e dell’anima dei partiti…

Angelo Bertani

dal sito C3DEM