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Le crisi finanziarie e le spese militari

di Antonio de Lellis, intervento al convegno Disarmo vuol dire futuro. Per un’economia di giustizia e di pace” Convegno nazionale di Pax Christi; Brescia – 29-31 dicembre 2011.

Le crisi finanziarie e le spese militari

 

La stretta relazione esistente tra le ultime grandi crisi economico-finanziarie e le spese militari rappresenta il motivo fondamentale che mi consente di asserire che “nessuna economia di guerra ha portato l’umanità, nel suo complesso e per un periodo duraturo, a fare alcun progresso e solo un’economia di pace è premessa indispensabile per un futuro anche economicamente possibile, duraturo e distribuito”. Distinguo alcuni periodi delimitati da fatti storici di rilievo: dalla grande crisi economica del 1873-1895 al colonialismo ed alla 1° guerra mondiale; dalla crisi finanziaria del 1929-1933 alla 2° guerra mondiale; dagli accordi di Bretton Woods (1944) alla guerra del Vietnam con la sospensione della convertibilità del dollaro in oro; dalla grande crisi petrolifera (anni ’70) all’attacco alle torri gemelle e da queste alla reazione militare mondiale della politica imperialistica di Bush fino alla crisi dei cosiddetti mutui sub –prime (2008). Le prime due guerre mondiali, la guerra del Vietnam e le guerre imperialiste dei Bush sono causate da crisi economiche finanziarie e preludono sempre a nuove crisi. Le connessioni tra le grandi crisi economiche e l’ultima sono davvero straordinarie: studiarle a fondo, se può essere talvolta ostico, ci permette di avere alcune chiavi di lettura per non più ricadere negli stessi errori.

Dalla grande crisi economica del 1873-1895 al colonialismo ed alla 1° guerra mondiale

La grande crisi o depressione economica del 1873-95, causata dal protezionismo, aveva trovato sbocco nel colonialismo, ma questa soluzione portò anche i mercati coloniali al punto di saturazione. Con il crescere delle tensioni economiche, i dazi doganali furono l’arma con cui fu combattuta una guerra commerciale tra nazioni, guerra che da commerciale era divenuta militare negli anni 1914-18 e il cui risultato aveva ridato “ossigeno” all’economia globale per qualche anno in più, fino al 1929 appunto.

Dalla crisi finanziaria del 1929-1933 alla 2° guerra mondiale

Senza la Prima guerra mondiale la crisi del 1929 sarebbe arrivata molto prima. Se qualche anno prima lo scoppio delle ostilità aveva scongiurato l’imminente crisi (che rappresenta un grosso stimolo all’economia per la massiccia mobilitazione di risorse da parte dei governi), nel 1929 le condizioni internazionali non erano tali da scatenare una guerra. Ma una volta iniziata la Grande depressione, la soluzione venne spasmodicamente ricercata, fino a raggiungerla, nella seconda guerra mondiale, che aprì i mercati coloniali a tutte le nazioni in vista della futura e auspicata indipendenza delle colonie. La crisi del 1929 si propagò rapidamente a tutti i paesi che avevano stretti rapporti finanziari con gli Stati Uniti, a partire da quelli europei che si erano affidati all’aiuto economico degli americani dopo la Prima guerra mondiale. Gli Stati divennero imprenditoriali (ricorrendo alla spesa pubblica come elemento strutturale e centrale della dinamica economica nazionale) e previdenziali (con l’attivazione di misure legislative di sicurezza sociale), come avvenne, per esempio negli USA col New Deal (dove si cercò di mettere in pratica politiche keynesiane ovvero non liberiste che promuovevano, in periodi di recessione, l’intervento dello Stato nell’economia) e in Italia con la fondazione dell’IRI (Istituto Ricostruzione Industriale). In Germania, paese che subì il contraccolpo più violento anche per i debiti della 1° guerra mondiale, la crisi provocò milioni di disoccupati che andarono poi a formare la base di consenso che portò il Partito nazista al potere nel 1933. Nel complesso, nonostante un accenno di ripresa a partire dal 1933, la crisi non fu completamente superata fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale.

Dagli accordi di Bretton Woods (1944) alla guerra del Vietnam

La conferenza di Bretton Woods,dei paesi alleati, si tenne dal 1º al 22 luglio 1944 per stabilire le regole delle relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo. Gli accordi di Bretton Woods, in stile liberista (la proposta di Keynes meno liberista e più prudente fu bocciata) furono il primo esempio nella storia del mondo di un ordine monetario totalmente concordato, pensato per governare i rapporti monetari fra stati nazionali indipendenti. Il piano istituì sia il FMI (Fondo Monetario Internazionale) che la Bancainternazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (detta anche Banca mondiale). Nel 1947 fu poi firmato il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade – Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio) che si affiancava al FMI ed alla Banca mondiale con il compito di liberalizzare il commercio internazionale. In pratica il sistema progettato a Bretton Woodsera basato su rapporti di cambio fissi tra le valute, tutte agganciate al dollaro, il quale a sua volta era agganciato all’oro. Fino all’inizio degli anni ’70, il sistema fu efficace nel controllare i conflitti economici e nel realizzare gli obiettivi comuni degli stati, sempre con le stesse immutate condizioni che l’avevano generato. Poi la guerra del Vietnam, che fece aumentare fortemente la spesa pubblica statunitense, mise in crisi il sistema. Di fronte all’emissione di dollari e al crescente indebitamento degli USA, aumentavano le richieste di conversione delle riserve in oro. Ciò spinse il 15 agosto 1971 il presidente Richard Nixon ad annunciare la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Nel dicembre del 1971 si mise fine agli accordi di Bretton Woods, svalutando il dollaro e dando inizio alla fluttuazione dei cambi. L’assenza di un sistema monetario è stata in seguito lievemente mitigata prima dall’introduzione nel 1979 del Sistema monetario europeo e poi dall’introduzione nel 1999 dell’euro. È da notare che le istituzioni create a Bretton Woods sopravvissero alla caduta del sistema aureo (cambi fissi rispetto al dollaro e questo convertibile in oro- gold exchange standard), pur rivedendo i propri obiettivi. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca mondiale sono ancora oggi in attività, mentre il GATT fu sostituito nel 1995 dal WTO (World Trade Organization – Organizzazione mondiale del commercio).

Dalla grande crisi petrolifera (anni ’70) alla globalizzazione e precarizzazione dell’economia

Come reagì il mondo? Nel 1975 i paesi dell’occidente, per rispondere alla crisi energetica dei paesi arabi, adottarono la strategia di liberalizzazione dei capitali, beni e servizi (economia di mercato). In questo modo l’egemonia economica mondiale dell’occidente avrebbe costretto tutti gli altri a tornare verso politiche funzionali allo sviluppo, ovviamente, occidentale. L’imperialismo che si è affermato con la globalizzazione attuale sulla spinta della liberalizzazione dei mercati mondiali è basato su un patto implicito tra il grande capitale dei paesi avanzati ed il grande capitale dei paesi emergenti (BRIC = Brasile, Russia, India e Cina). Questi ultimi hanno ottenuto l’apertura dei ricchi mercati dei paesi avanzati per la penetrazione delle proprie merci. I primi hanno ottenuto accordi che proteggono i diritti di proprietà sull’attività intellettuale. Così i paesi emergenti hanno potuto sfruttare il vantaggio assoluto che hanno sul costo del lavoro (precarizzazione). Producono beni di consumo di massa con tecnologia importata, e li esportano nei paesi più sviluppati facendo una concorrenza spietata alle loro imprese meno dinamiche di questi ultimi. Il capitale dei paesi avanzati trae un doppio beneficio dalla globalizzazione: può sfruttare il monopolio sull’attività intellettuale per ridistribuire reddito dal Sud al Nord del mondo; può sfruttare la concorrenza sul mercato del lavoro per ridistribuire reddito dai salari ai profitti attraverso la riduzione dei diritti sindacali e quindi dei salari rispetto al costo della vita, creando utili da distribuire e traslando questa ricchezza verso gli azionisti. La liberalizzazione del commercio mondiale contribuisce a mettere in ginocchio i movimenti operai nei paesi avanzati. Infatti la concorrenza più spietata la subiscono soprattutto i lavoratori. I prodotti standardizzati importati a basso prezzo spiazzano molte imprese locali che non godono di vantaggi monopolistici, costringendole a ridurre l’attività e a licenziare i lavoratori. La semplice concorrenza commerciale fa dunque diminuire la domanda di lavoro nei paesi avanzati. Inoltre molte imprese tendono a reagire alla concorrenza delocalizzando gli investimenti verso i paesi a più basso costo del lavoro. Ciò comporta un rallentamento degli investimenti interni nei paesi sviluppati. Ne deriva un’ulteriore spinta alla riduzione della domanda di lavoro. Infine c’è la concorrenza diretta dei lavoratori immigrati, l’emigrazione dai paesi del Sud è spinta dalla crescita demografica e dai processi di destrutturazione delle culture e delle economie tradizionali attivati dalla penetrazione capitalistica. Così nei paesi avanzati si verifica un aumento dell’offerta di lavoro proprio mentre la domanda rallenta. Come conseguenza di tutto ciò le condizioni di lavoro e i salari peggiorano nei paesi avanzati, e anche i consumi di massa ristagnano. Così, rallentando sia gli investimenti che i consumi, le economie dei paesi avanzati tenderebbero alla depressione.

L’economia e la finanza a cavallo dei due secoli e l’attacco alle Torri Gemelle

La crisi da superproduzione senza adeguata domanda interna, tipica dei paesi avanzati ed in particolare degli Stati Uniti, ha portato alla promozione di una ripresa economica trainata dal debito, alla necessaria deregolamentazione del sistema bancario funzionale a fare prestiti ingiustificati per poi disfarsene verso il sistema finanziario internazionale. Quindi le banche americane hanno trovato conveniente espandere le proprie concessioni di credito soprattutto per i profitti che incassavano con il pagamento di commissioni e di spese. Non erano motivate tanto dagli interessi pagati sui mutui perché tendevano a non tenere molte di queste attività in portafoglio e a rivenderle appena possibile. A tal fine creavano delle società formalmente indipendenti, che hanno bilanci autonomi.Ad esse le banche cedevano i loro mutui, che così non comparivano nei propri bilanci. Queste società acquistavano crediti di vari tipi e di diversa rischiosità, poi li “impacchettavano” creando altre attività che rivendevano a loro volta. Tali attività consistevano per lo più in obbligazione coperte dalle ipoteche connesse ai mutui in esse impacchettati. Tra essi c’erano anche i titoli tossici, i sub-prime. Altre banche e società compravano questi derivati e a loro volta li rivendevano sul mercato. Così le attività tornavano al sistema bancario sotto forma di titoli di credito a breve-medio termine che apparivano meno rischiose di quelle originarie. L’attacco alle Torri Gemelle si inserisce proprio nel quadro di un tentativo di espansione del ruolo di “sceriffo del mondo” da parte della superpotenza americana in funzione di una riaffermazione del ruolo di locomotiva e banchiere mondiale, contrastata, almeno apparentemente, da forze antioccidentali.

Dalla reazione militare mondiale della politica imperialistica di Bush fino alla crisi dei cosiddetti mutui sub –prime (2008)

Proprio per finanziare le successive guerre si espande il deficit e come risposta si estende ulteriormente la spinta alla crescita drogata del PIL, necessaria per aumentare le entrate e colmare il deficit di bilancio da spese militari, sempre attraverso un forsennato consumo da indebitamento privato che alimenta una bolla che scoppierà nel 2008. Questa si è propagata rapidamente in tutti i paesi avanzati. Sostanzialmente gli Stati Uniti con il loro ruolo di locomotiva economica, banchiere e sceriffo del mondo hanno causato la più grande crisi finanziaria ed economica che ci sta conducendo alla 3° guerra mondiale. Una guerra prettamente economica e finanziaria, ma che si alimenta di vecchi e nuovi conflitti o guerre locali permanenti che hanno come obiettivo quello di consentire all’imperialismo statunitense di sfondare in mercati recalcitranti ad una sfrenata liberalizzazione in stampo occidentale che ancora una volta avrà bisogno di spese militari, quindi di incrementi del PIL ormai difficili con una desindacalizzazione (causata anche da un sindacato che non ha valorizzato il suo ruolo internazionale) che riduce sempre più i diritti, il reddito e la spesa familiare necessaria ad una vita dignitosa ed essenziale.

Prospettive future e impegno cristiano

Come finirà? Cosa faranno i Paesi emergenti (BRIC)? Questi ultimi cercheranno di imporre un modo diverso di gestire la politica economica mondiale da parte degli Stati Uniti diventando essi stessi “Locomotiva del Mondo” e detronizzando gli USA dal ruolo di Banchiere Mondiale. L’egemonia USA si trasformerà e verrà ceduta ai BRIC. Ma gli USA cederanno il ruolo di sceriffo del mondo (nell’ultimo decennio ha raddoppiato le spese militari) con cui detengono anche il ruolo di Locomotiva e Banchiere del mondo? Qualunque sarà la soluzione spero che questa passi attraverso un’Autorità Pubblica e Partecipata Mondiale (come ipotizzato nella recente Nota della Consiglio Pontificio Justitia et Pax, sulla riforma del sistema finanziario e monetario mondiale) purché eletta democraticamente e rappresentativa della società civile universale che abbia al centro il bene Comune dei Popoli e dell’unica famiglia umana. Percorso lungo ed impegnativo che spero ci veda, come minoranza profetica, tra i fondatori di un nuovo cammino per una nuova ed autentica umanità ispirata ad una Pace duratura, estesa e giusta.

Ascolta l’Intervento Antonio De Lellis