I mandanti dell’assassinio di padre Fausto Tentorio, stando alle prime informazioni fornite dal presunto omicida arrestato nei giorni scorsi, Jimmy Ato, avrebbero a che fare con il progetto di costruzione di una grande diga qui nella regione di Mindanao e con l’industria bananiera che ne trarrebbe profitto”.
Padre Giovanni Re, Superiore regionale del Pontificio istituto missioni estere (Pime) nelle Filippine, spiega a E online che le indagini sull’omicidio del missionario italiano si stanno concentrando sulla pista degli interessi economici legati al megaprogetto idroelettrico cui padre Tentorio si opponeva per proteggere le popolazioni indigene, i loro villaggi e le loro terre ancestrali.
La grande diga ‘Pulangi 5′ sull’omonimo fiume e la relativa centrale idroelettrica da 300 megawatt – il progetto è della Greenergy Development Corporation guidata da Cerael C. Donggay, “finanziato da partner non ancora identificati” – consentirebbe un’espansione delle piantagioni intensive di banane da esportazione nella provincia di Bukidnon.
Nel sud dell’arcipelago filippino, la produzione bananiera è monopolizzata dalle multinazionali statunitensi Dole e Chiquita – quest’ultima per tramite della Mt. Kitanglad Agri-Ventures Inc.
Il problema è che la diga sommergerebbe le terre ancestrali degli indigeni Manobo, provocando lo sfollamento di decine di villaggi e di migliaia di famiglie che rimarrebbero senza casa né sostentamento. Una pulizia etnica per motivi economici a cui le associazioni indigene, la guerriglia comunista e i missionari come padre Tentorio si oppongono con forza.
L’energia prodotta dalla centrale idroelettrica faciliterebbe anche lo sfruttamento delle ricche risorse minerarie della provincia (oro, rame, nickel e manganese) da parte delle multinazionali straniere, soprattutto australiane, ma per ora parrebbe che l’ordine di far fuori padre Tentorio non sarebbe venuto da questi ambienti.
Secondo padre Giovanni Re, “anche la pista dei gruppi paramilitari legati all’esercito sembrerebbe indebolirsi stando agli ultimi sviluppi delle indagini”. Padre Tentorio era già stato preso di mira due volte dalle forze governative per il suo presunto sostegno ai guerriglieri comunisti del New People’s Army (Npa): nel 2003 era fuggito a un agguato dei paramilitari legati al 73° battaglione e nel 2006 il suo convento era stato rastrellato dai soldati del 68°.
A sostenere, in maniera circostanziata, la pista militare per l’omicidio Tentorio è proprio la guerriglia dell’Npa, secondo cui l’uccisione del missionario italiano sarebbe stata “ideata, pianificata ed eseguita” dal 57° battaglione (comandato dal colonnello Joven Gonzales) della 6^ divisione ‘Kampilan’ (comandata dal generale Anthony Alcantara).
“Il suo straordinario impegno a fianco dei poveri delle campagne contro gli interessi dell’industria mineraria e dell’agrobusiness hanno attirato su di lui le ire dei militari, che lo accusavano di essere un comunista e un sostenitore dell’Npa”, si legge in un comunicato della guerriglia. “L’assassinio di padre Tentorio è l’ultima esecuzione sommaria di Stato compiuta nell’ambito dell’operazione militare Bayanihan ordinata dal presidente Noynoy Aquino”.
Nel 2011 le squadre della morte dell’esercito e i gruppi paramilitari ad essi legati hanno ucciso 55 tra religiosi, attivisti indigeni, militanti politici e difensori dei diritti umani che denunciavano gli abusi e i crimini commessi dalle forze armate contro le popolazioni indigene di Mindanao che si oppongono allo sfruttamento industriale delle loro terre ancestrali.
Enrico Piovesana 04/01/2012 E- online