di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 24 aprile 2024 – Ad un anno dall’inizio della guerra civile, in Sudan la speranza di un accordo di pace tra le parti è ridotta al lumicino mentre il numero delle vittime e l’entità delle distruzioni aumentano.
Il conflitto che oppone l’esercito sotto il controllo del governo guidato da Abdel Fattah al Burhan e le Forze di Supporto Rapido (RSF), guidate dal suo ex alleato Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo, scoppiata nell’aprile del 2023, sta vivendo in questi giorni una nuova fiammata.
La situazione più preoccupante rimane quella nella martoriata regione del Darfur del Nord dove, dopo aver mantenuto a lungo la propria neutralità, alcune milizie locali hanno gradualmente deciso di federarsi e di schierarsi contro le RSF dopo i ripetuti attacchi di queste ultime.
La guerra civile si allarga
Nei giorni scorsi è stata infranta la tregua che finora aveva protetto la città di al-Fashir, capitale del Darfur settentrionale abitata da un milione e seicentomila abitanti.
Nel corso del conflitto le RSF e altre milizie alleate si sono impossessate di quattro capoluoghi dello stato del Darfur compiendo una serie di omicidi a sfondo etnico ai danni della popolazione non araba. Finora al-Fashir era scampata alle razzie delle Forze di Supporto Rapido ma ora l’inizio dei combattimenti per il controllo della città rischiano di provocare un alto numero di vittime e un’ennesima emergenza umanitaria. In città sono infatti già ospitate circa mezzo milione di persone che avevano dovuto sfollare da altre zone del Darfur nel corso del conflitto precedente, quando l’esercito – allora assistito proprio dalle milizie arabe da cui sono poi nate le RSF – erano intervenute contro alcuni gruppi ribelli locali. Altre migliaia di profughi si erano poi rifugiati ad al-Fashir nell’aprile del 2023, quando esplosero i combattimenti nella capitale sudanese Khartoum e in altre città, approfittando della tregua concordata dalle autorità locali con le RSF, rimaste finora confinate in alcune aree orientali del capoluogo.
Ma nei giorni scorsi le Forze di Supporto Rapido hanno sferrato un attacco contro le milizie rivali conquistando la località di Melit, e il governo ha quindi aumentato i rifornimenti alle truppe, acquartierate in una base all’interno della città. Violenti combattimenti si sono già verificati il 16 aprile, con un bilancio di 18 morti, e 11 villaggi abitati dal gruppo etnico zaghawa (non arabo), che sorgevano alla periferia di al-Fashir, sono stati di fatto rasi al suolo dai bombardamenti delle Forze di Supporto Rapido.
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