Mail YouTube

Finché c’è guerra c’è speranza2- il sonno della ragione genera mostri

“… Ancor più della corruzione, i conflitti sono capaci di concentrare i benefici in un’esigua minoranza e di ripartire i costi sul resto della società. Non in modo uniforme ovviamente un F35 che costa come 3.244 letti in terapia intensiva, un sottomarino come 9.180 ambulanze… Anche solo per questo si può affermare che non esistono guerre giuste, perché giusta può essere solo la pace. Convenienti sì, almeno per qualcuno. Qualcuno con solide relazioni nelle “stanze dei bottoni” e, per questo, in grado di condizionare il dibattito pubblico, facendo apparire lo scontro armato come inevitabile e la sola alternativa. In realtà è una delle scelte possibili, non l’unica. Non si tratta di aspirazioni ingenue di qualche benintenzionato. Fra i primi a sostenerlo – e a puntare il dito verso il “complesso militare industriale” –, è stato il presidente Usa Dwight Eisenhower…”

“… Agire appunto. Non subire. Troppo spesso il rifiuto delle armi è associato all’inerzia o, peggio, alla resa. Al contrario, ci vuole impegno, ostinazione, coraggio per rifiutare di ridurre l’altro a corpo da soggiogare o eliminare. Ci vorrebbe coraggio da parte del mondo finanziario per rifiutare i profitti dell’industria delle armi. Ci vorrebbe coraggio da parte della politica internazionale per dare seguito alla proposta fatta da Francesco in “Fratelli tutti” di impiegare il denaro delle spese militari per costituire un Fondo mondiale per lo sviluppo dei Paesi più poveri. La pace è una scelta. Incompatibile con il business delle armi.” (Lucia Capuzzi, Avvenire – giovedì 29 febbraio 2024)

Leggi tutto l’articolo:

Guerra, chi ci guadagna? I conti record dell’industria bellica (avvenire.it)