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Uscire dal sistema dei cappellani militari: Cappellani sì, militari no

Care amiche e cari amici, per conoscenza vi mando la lettera che, come Rete sinodale nazionale dei “cattolici conciliari”, che da due anni stanno offrendo al percorso sinodale contributi di vario tipo su questioni ecclesiali e sociali, manderemo tra poco alla segreteria del Sinodo e alla presidenza della CEI. S.P.

La “guerra mondiale ” in cui siamo immersi, dentro il sistema gigantesco di ingiustizia e di complicità che la alimenta, ci spinge sempre più a valutare  gli strumenti bellici  “con una mentalità completamente nuova”. 

L’espressione è contenuta nella Costituzione conciliare Gaudium et spes (80) la quale aggiunge che “La Chiesa si serve delle cose temporali nella misura che la propria missione lo richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall’autorità civile. Anzi essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni” (76).

Da parte sua, papa Francesco, al Convegno della Chiesa italiana di Firenze (novembre 2015), dichiarava: “non dobbiamo essere ossessionati dal ‘potere’ anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso”. Ritieniamo, quindi, sia arrivata l’ora di una testimonianza evangelica limpida e radicale per superare la presenza strutturata dei presbiteri nell’esercito, con il gesto unilaterale di uscita dall’attuale sistema dei cappellani militari. L’assistenza spirituale al personale militare può essere assicurata da cappellani “senza stellette” non inquadrati nelle Forze armate.
Il venerabile Tonino Bello, intervistato il 28 giugno 1992 sui costi economici relativi all’integrazione organica dei sacerdoti nelle strutture militari, si dichiarava sensibile soprattutto ai costi relativi alla credibilità evangelica ed ecclesiale. Per lui, e per noi, è necessario mantenere un servizio pastorale distinto dal ruolo militare. “Accade già nelle carceri”, osservava: “non si vede per quale motivo non potrebbe accadere anche nelle forze armate. Cappellani sì, militari no”.
Per questo è opportuno un esplicito pubblico impegno del Sinodo ad avviare un processo di superamento del regime attuale.