Carlo Di Cicco
I 70 anni di Pax Christi Italia, Movimento di chi vuol essere discepolo della pace di Cristo, ricorrono in un contesto di conflitti e guerre crudelissime, causate dall’odio e dalle ingiustizie ormai intollerabili nel quadrante internazionale che reclama un nuovo ordine mondiale più giusto e solidale. L’anniversario (in forma organizzata Pax Christi Italia nasce nel 1954 per iniziativa di Giovanni Battista Montini futuro Paolo VI) spinge a rinnovata coscienza che la pace resta una lunga marcia: percorrerla richiede di servire la pace piuttosto che servirsene, liberarla da ogni ipocrisia del cuore e della mente. Si raccorda anche nella temperie di una Chiesa alle prese di una riforma profonda avviata da papa Francesco per una comunità sinodale. E allora la domanda pertinente: 70 anni al servizio della pace? Come riprendere il cammino, rispondendo a quali urgenze? Rimuovendo quali ostacoli? Rinnovando stile e propositi in quale misura necessaria a rendersi operosi artigiani di pace? Pax Christi, nata in origine dal cuore di una donna dopo la tragedia degli stermini della seconda guerra mondiale, ha voluto richiamare la contemplazione e l’azione per la pace, l’unica condizione garante della dignità umana. Non c’è al mondo altro vivente che abbia servito la pace al pari di Gesù di Nazaret che si è caricato di tutte le mutilazioni, gli sfregi, il disprezzo inferti all’umanità. Non a caso che, presentandolo flagellato alla folla che ne chiedeva la crocifissione, Ponzio Pilato l’uomo più meschino e ipocrita del momento, esclamò: Ecce Homo, ecco l’uomo. Colui che – pur potendolo evitare – sarebbe invece morto sul patibolo perdonando i suoi aguzzini inaugurando un tempo in cui la nonviolenza sarebbe stata possibile alternativa a tutte le forme di violenza, guerra compresa che tutte le riassume. La pace di Cristo è proposta e promessa esigente, ma dolce, gratificante. Non chiede eroismo ma vita quotidiana mite, semplice, possibile a ciascuno che voglia accettare il principio evangelico del servire. Fare della vita ordinaria un progetto di servizio agli altri, non immaginando eroismo, ma costanza nella tenerezza del servizio a tutti. Ai più fragili anzitutto. I 70 anni di Pax Christi Italia più che a una festa sono un invito alla revisione di vita di come in questo tempo si sia operato al servizio della pace di Cristo. Il Movimento – piccolo seme di senape nel panorama degli artigiani della pace – non è mai stato adatto a fare carriera per sé stessi. Fondato invece sulla gratuità del volontariato richiede una donazione libera e trasparente, senza fame di leaderismo competitivo. Farne parte significa accettare di servirlo piuttosto che di servirsene. E più che di parole celebrative, i 70 anni sono occasione di guardare al futuro per ridare vigore al servizio della pace. In questione non è una pace qualsiasi. E neppure l’intendere la pace come nostro progetto. E’ in questione il saper misurare quanto il Movimento intenda esprimere e sappia raccontare e testimoniare la pace di Cristo. Si tratta di una pace non fumosa né devozionale; attraversa invece la vicenda umana di ognuno e la storia collettiva del mondo, scuotendo le certezze di chi ripone le proprie speranze nella forza del potere, delle armi, del denaro. E’ una sfida impietosa, senza tregua all’orgoglio che riposa sul possesso della Bomba distruttiva in ogni sua versione. La pace di Cristo è una proposta di vita valida per ogni età. Richiede un tagliando, una verifica della nostra coerenza con il Vangelo. La revisione di vita suggerita dall’anniversario è la prima pietra di una rinnovata conversione del cuore a servire la pace di Cristo. Questa rimane lievito per far crescere e consolidare ogni altra pace. A tale proposito è utile chiarire che i 70 anni, prima che autocelebrativi, sono occasione di farsi revisione e progetto. La scelta di questa via e lo stile nel percorrerla è il testamento significativo lasciato al Movimento dai vescovi presidenti Luigi Bettazzi e Tonino Bello. Entrambi vissuti non attirati da onori di carriera, ma dal desiderio di spendersi per gli altri. Forse merita ricordare in proposito la lettera scritta al Movimento nel 1988 da don Tonino in occasione dei 25 anni di episcopato di Bettazzi, per tratteggiare il forte rapporto personale e ideale tra loro. Non gara di personalismi, ma diuturno servizio al lungo cammino della pace con una reciproca disposizione all’ascolto, nella lettura dei segni dei tempi per guadagnare consensi convinti alla pace. Entrambi sono stati capaci di farsi dialogo con l’uomo di ogni fede, di ogni sapere, di ogni esperienza, ponendosi in una prospettiva di discernimento evangelico negli eventi piccoli e grandi della storia. Riservando al solo Gesù Cristo il ruolo di Maestro unico e a sé stessi il compito di seminare amore nel chiaroscuro del mondo, fermi nella speranza della pace, esito della nonviolenza e del disarmo, dono di Dio che ama operare con donne e uomini disposti al servizio responsabile della fraternità universale.