don Nandino Capovilla
L’evento si chiamava “Christmas in Gaza” e dopo il massacro di Piombo Fuso (se non ricordate la carneficina del 2008 al fosforo bianco, basta il nome dell’operazione militare a immaginarla) mi apprestavo a ritornare nella parrocchia di Gaza City non da solo ma con questa onda di partecipazione a distanza e diffusa che collegava tante città italiane con la comunità cristiana della sotto assedio permanente.
Il patriarca di Gerusalemme Fouad Twal usava allora parole che, cifre a parte, sembrano di questi giorni: “Carissimi, un enorme numero di vittime, tra cui centinaia di bambini, e la distruzione di case e città, hanno trasformato la festa della vita nascente nel lutto di tanta desolazione e morte. E dopo un anno, purtroppo, non è certo migliorata la vita della gente di Gaza! Troppo lunga si è fatta la nostra attesa e siamo stanchi di questa situazione, stanchi anche di noi stessi”. E’ esattamente questo ripetersi di un dramma immenso nella sua insopportabilità che ci fa sempre tenere fisso lo sguardo alla Striscia e alle persone che abbiamo conosciuto negli anni. La stanchezza rilevata dal patriarca nel 2009 è oggi uno sfinimento a cui come Pax Christi Italia abbiamo sempre cercato di rispondere con vicinanza, solidarietà e preghiera incessante che in questi giorni un altro patriarca, l’anziano Michel Sabbah, si rinnovano ogni mattina con delle riflessioni scritte di suo pugno e col cuore in pezzi: “E’ Natale anche a Gaza, Signore, e tu proprio qui in Terra santa, hai fatto nascere la più grande gioia. Ma è una terra piena di sangue: i cadaveri delle v e n t i m i l a persone uccise, gran parte donne e bambini, sono ovunque e sotto le macerie il pianto dei piccoli sale al cielo insieme alle preghiere delle due chiese cristiane di San Porfirio e della Sacra Famiglia” (Michel Sabbah, 20 dicembre 2023).
Ma come Pax Christi sentiamo il dovere di andare più in profondità rispetto ad un diffuso sentimento di comprensione e solidarietà verso il popolo palestinese, sempre più crescente nella misura in cui milioni di palestinesi diventano sfollati nella loro terra e target di bombe dalla potenza mai registrata sui civili. I nostri riferimenti sono gli innumerevoli e sempre più angoscianti pronunciamenti delle Nazioni Unite ma anche quelli, non conosciuti in Italia, dei leader del processo denominato Global Kairos for Justice Coalition. Il 1 novembre, per esempio, hanno denunciato il rafforzarsi del dominio coloniale ed oppressivo dello Stato d’Israele, evidenziando che “stiamo assistendo ad un genocidio che si compie, sotto i nostri occhi, contro il popolo palestinese. Un crimine non dissimile da quanto è accaduto meno di trent’anni anni fa in Ruanda e ottant’anni anni fa in Europa. Molti Paesi occidentali sono stati complici di quei genocidi ma non possiamo permettere che accada di nuovo. Questo genocidio deve essere fermato. Ogni inerzia nel fermare questo processo, sostenuto da molti nei vostri Paesi e incoraggiato dalla fornitura di armi a Israele, vi renderà complici di questo genocidio. Coloro i cui governi sostengono questo piano hanno una responsabilità maggiore nel garantire che sia fermata questa catastrofe. E mentre condanniamo ogni violenza, ricordiamo che questa guerra non è uscita dal nulla. La sua genesi può essere fatta risalire all’occupazione illegale dei Territori palestinesi, all’espansione degli insediamenti, alla violazione dei diritti dei rifugiati e all’assedio di Gaza degli ultimi diciassette anni”.
La Giornata ONU per i diritti del popolo palestinese è stata molto partecipata e arricchente il 2 Dicembre a Bologna, e mentre si moltiplicano le iniziative nei territori, la Campagna Ponti e non Muri cerca di accendere i riflettori anche sul livello di violenza e sopraffazione raggiunto nella West Bank, con le forze di occupazione israeliane che hanno ucciso centinaia di palestinesi, arrestato e colpito gente inerme, paralizzato la vita di tutte le città e i villaggi. Il taglio del nostro prender parte alla lotta nonviolenta della gente ci impegna a mantenere le relazioni con un’infinità di amici, gruppi e comunità intere.
Ma l’elemento da evidenziare è ancora una volta un pugno allo stomaco per noi. Si tratta dell’accusa precisa che il movimento Kairos Palestina esplicita con parole coraggiosamente chiare:
“Prendiamo atto che la maggior parte delle Chiese in Europa e negli Stati Uniti non sembrano aver ripudiato la loro storia coloniale e razzista. Di tanto in tanto, dobbiamo ricordarci di questo e di quanto questa visione sia distante dal Gesù di Nazareth che conosciamo dalle Scritture. Per questo vi invitiamo ad un profondo pentimento dopo l’atto d’accusa nei confronti delle Chiese negli Stati Uniti e in Europa che sembrano stranamente indifferenti all’uccisione dei palestinesi come agli atti di vendetta inflitti a loro. E’ scandaloso che queste persone reagiscano solo quando gli israeliani vengono uccisi”. (Kairos, 2 Novembre 2023)
Avanti allora con ancor più impegno nel denunciare e sensibilizzare, in particolare con il nostro aggiornatissimo www.bocchecucite.org sperando che “il tempo opportuno”, “l’oggi da non rimandare” (=Kairos) smuovano ad una rete di società civile sempre più consapevole, visto che, come ha detto Guterres: “siamo ad un punto di non ritorno per i palestinesi” (8 dicembre 2023)