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Tutte le guerre passano dai porti

Accendere i fari di pace sui porti italiani per rendere evidenti gli affari che preparano e alimentano le guerre

Carlo Tombola

È un cammino che i promotori della Marcia per la Pace hanno iniziato dal porto di Savona, accendendo fari a Genova, La spezia, Napoli , Bari e si continua a camminare….con Weapon Watch , con i lavoratori, con le Chiese diocesane.

Quattro anni fa i camalli genovesi bloccavano armamenti destinati all’Arabia Saudita ma presentati come attrezzature civili, diventando così essi stessi “fari di pace” che rompono le tenebre di commerci illegali di cui non vogliono essere complici.

Due anni fa i portuali di Ravenna e di Livorno hanno dichiarato sciopero contro i container di esplosivi destinati a Israele, mentre Gaza veniva bombardata.

L’anno scorso i lavoratori dell’aeroporto di Pisa si sono rifiutati di lavorare al carico di “aiuti umanitari” destinati all’Ucraina sotto cui si celavano armi e munizioni.

COMINCIAMO A COSTRUIRE LA PACE DAI PORTI ANCHE DAL PORTO DI MONFALCONE

Le proteste dei lavoratori hanno reso evidenti quello che i governi ci vogliono nascondere, cioè che il nostro paese sostiene – quando non vi partecipa direttamente – il commercio delle armi verso i paesi coinvolti in conflitti armati e dove si commettono gravi crimini contro i civili.

Questo commercio è esplicitamente vietato dalla legge 185 del 1990 e dal Trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali, che vietano anche il passaggio attraverso il territorio nazionale di armi utilizzabili per violare i diritti umani.

I governi, le autorità dello Stato devono tornare a operare entro la cornice della legalità, che è la loro stessa ragion d’essere.

Devono rispettare l’articolo 11 della Costituzione, da cui discende la legge 185/90.

Devono ridare vigore all’azione mediatrice delle Nazioni Unite e interrompere legami affaristici con i regimi autoritari, con i signori della guerra libici, con al-Sisi, con i monarchi assoluti del Golfo che sono divenuti i maggiori acquirenti di aziende che producono armi in Italia ma che hanno sede all’estero (un esempio per tutte: RWM Italia).

I LAVORATORI VEDONO PASSARE LE ARMI NEL PORTO, MA LE NOTIZIE PASSANO SOTTO SILENZIO

Nel 2019 la “Norderney” era carica di bazooka e razzi, proveniva dall’Ucraina ed era diretta a Jeddah, in Arabia Saudita.

Nel febbraio del 2023 la “Severine” ha imbarcato materiale militare dell’esercito italiano, ufficialmente diretto in Sardegna, ma poi ha spento il segnale AIS ed è ricomparsa undici giorni dopo a Bari.

Pochi giorni fa, nel dicembre 2023, è toccato alla gemella “Capucine” caricare veicoli militari e container di merce pericolosa, probabilmente bombe, poi la nave ha toccato Ortona e il porto croato di Ploče. Forse si trattava ancora di esercitazioni militari ma, a quanto pare, da Monfalcone non dovrebbero transitare mezzi e materiali militari, secondo quanto ammette la stessa Autorità portuale.

Smentite, autocensure, mezze ammissioni non possono rassicurarci, anche Monfalcone – come tutti i porti del Nord Adriatico, è coinvolta in un incessante movimento di armi.

ACCENDIAMO UN ALTRO FARO DI PACE A MONFALCONE !

QUESTA E’ UNA PROPOSTA DI PAX CRISTI IN COLLABORAZIONE CON L’OSSERVATORIO COMMERCIO ARMI – WEAPON WATCH

RIVOLTA ALLA SOCIETA’ CIVILE ATTIVA NEL TERRITORIO ED ALLA CHIESA DIOCESANA