Natale di angoscia e rabbia. Angoscia per la sorte della popolazione di Gaza e rabbia per la generale e colpevole indifferenza e impotenza della comunità internazionale che non riesce/ vuole intervenire per fermare gli orrori che si stanno consumando. Sempre di più sulla pelle dei bambini, ancora vittime di Erode, come oltre 2000 anni fa…
” Poiché un bambino ci è nato, ci è stato dato un figlio; e il governo sarà sulle sue spalle, e il suo nome sarà chiamato “Consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace”. (Isaia 9:6)
Noi, Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, trasmettiamo i nostri auguri di Natale ai fedeli di tutto il mondo nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, il Principe della pace, nato qui a Betlemme più di duemila anni fa.
Nell’estendere questi saluti, siamo ben consapevoli che lo facciamo in un momento di grande calamità nella terra natale di nostro Signore. Negli ultimi due mesi e mezzo, la violenza della guerra ha portato a sofferenze inimmaginabili letteralmente per milioni di persone nella nostra amata Terra Santa. I suoi continui orrori hanno portato miseria e dolore inconsolabile a innumerevoli famiglie in tutta la nostra regione, evocando grida empatiche di angoscia da ogni parte della terra. Per coloro che si trovano in circostanze così terribili, la speranza sembra lontana e irraggiungibile.
Eppure è in un mondo simile che nostro Signore stesso è nato per darci speranza. Qui dobbiamo ricordare che durante il primo Natale la situazione non era molto lontana da quella odierna. Così la Beata Vergine Maria e San Giuseppe ebbero difficoltà a trovare un luogo dove nascere il loro figlio. C’è stata l’uccisione di bambini. C’era un’occupazione militare. E c’era la Sacra Famiglia che veniva sfollata come rifugiata. Esteriormente, non c’era motivo di festeggiare se non la nascita del Signore Gesù.
Tuttavia, in mezzo a tanto peccato e dolore, l’Angelo apparve ai pastori annunciando un messaggio di speranza e di gioia per tutto il mondo: “Non temete, perché ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà tutte le persone. Poiché oggi è nato per voi nella città di Davide un Salvatore, che è Cristo il Signore” (Luca 2:10–11).
Nell’Incarnazione di Cristo, l’Onnipotente è venuto a noi come Emmanuele, “Dio con noi” (Matteo 1:23), per salvarci, redimerci e trasformarci. Questo doveva adempiere le parole del profeta Isaia: “Il Signore mi ha consacrato con l’unzione. . . per portare la buona notizia agli oppressi, per fasciare quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la libertà ai prigionieri e la liberazione ai prigionieri; per proclamare l’anno di grazia dell’Eterno» (Isaia 61:1–2a; Luca 4:18–19).
Questo è il messaggio divino di speranza e di pace che il Natale di Cristo ispira in noi, anche in mezzo alla sofferenza. Perché Cristo stesso è nato e vissuto in mezzo a grandi sofferenze. Egli, infatti, ha sofferto per noi, fino alla morte di croce, affinché la luce della speranza risplendesse nel mondo, vincendo le tenebre (Gv 1,5).
È in questo spirito natalizio che noi, Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, denunciamo tutte le azioni violente e chiediamo la loro fine. Allo stesso modo invitiamo le persone di questa terra e di tutto il mondo a cercare le grazie di Dio affinché possiamo imparare a camminare insieme sui sentieri della giustizia, della misericordia e della pace. Infine, invitiamo i fedeli e tutti coloro di buona volontà a lavorare instancabilmente per il sollievo degli afflitti e per una pace giusta e duratura in questa terra che è ugualmente sacra alle tre Fedi monoteiste.
In questo modo, infatti, rinascerà la speranza del Natale, a partire da Betlemme e estendendosi da Gerusalemme fino ai confini della terra, realizzando così le consolanti parole di Zaccaria, secondo cui «un’aurora dall’alto sorgerà su di noi per dare luce a coloro che giacciono nelle tenebre e nell’ombra di morte, guidando i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1,78-79).