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A tu per tu con Dio. libro postumo di Mons. Bettazzi

Mauro Innocenti, Pax Christi Bologna

Lo scorso 21 novembre, alla Libreria Paoline di Bologna, è stato presentato “A tu per tu con Dio”, il libro postumo che don Luigi Bettazzi ha lasciato in dono a tutti i suoi tanti affezionati lettori e in particolare a noi di Pax Christi. Il libro è un piccolo, essenziale ed efficace compendio del suo messaggio ed è anche una lunga lettera di commiato: a novantanove anni ha scritto della sua ricerca, del suo avvicinarsi a Dio, del suo essere cercato da Dio, del suo saper stare a tu per tu con Dio, e ha scritto parole per insegnare a tutti noi a cercare, ad avvicinarci, a saper stare.

All’interno del Punto Pace di Bologna hanno particolarmente colpito le pagine in cui don Luigi parla della mentalità dell’amore e della nonviolenza, delle beatitudini, della centralità della lavanda dei piedi e nello spazio riservatoci abbiamo proposto alcune nostre considerazioni.

Quello che don Luigi ha scritto, a pagina 34 del libro, sulla “vera risposta” che bisognava dare all’aggressione russa all’Ucraina è quello che gli abbiamo sentito dire subito dopo il 24 febbraio dell’anno scorso: alla nostra assemblea annuale della fine di marzo, mentre ancora, anche dentro Pax, ci si confrontava sulla liceità e sull’opportunità di inviare armi ai “resistenti” ucraini, a don Nandino Capovilla, che registrò un breve video, don Luigi disse la sua posizione assolutamente contraria al sostegno di una guerra di difesa: se, nell’era atomica, è “alienum a ratione”, è follia, la guerra di aggressione, lo è anche la guerra di difesa; la “vera risposta” deve essere invece alimentare la mentalità nonviolenta, impegnarsi veramente in azioni diplomatiche e promuovere interposizioni, come quella che don Luigi e don Tonino, don Albino Bizzotto e altri “cinquecento pazzi” (definiti così nel libro!) fecero a Sarajevo nel dicembre del 1992.

Nella postfazione Carlo Di Cicco dedica due intere pagine proprio a queste parole, dette e ridette da don Luigi in tante occasioni dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina: “Resta il compito di andare oltre le parole celebrative, ripensando seriamente all’impegno per la pace e la nonviolenza che resta l’eredità più vera del vescovo Luigi nel nostro tempo scompigliato dal conflitto in corso in Ucraina”.

Mentalità nonviolenta, diplomazia e interposizione sono gli “ingredienti della ricetta” – la sola – che potrebbe davvero portare alla pace, “ingredienti” che don Luigi proponeva perché tutte le altre “ricette” non sanno, non possono, portare alla pace. Per la guerra in Ucraina un passaggio fondamentale della ricetta riguarda in particolare la NATO: in un’intervista di poco più di un anno fa a The Post Internazionale, alla domanda “E cosa avremmo dovuto fare quindi?” don Luigi rispose “Abolire la Nato quando l’avevamo promesso, e non allargarla ai territori vicini alla Russia, la quale si sente assediata”.

La sottolineatura, a pagina 71, della “solennità” della lavanda dei piedi, citata solo nel Vangelo di Giovanni, ha ricordato al Punto Pace il semplice rito della reciproca lavanda dei piedi, che fu celebrato con don Luigi il 26 maggio 2018 nel Santuario della Madonna della Pace del Baraccano per scambiare un gesto di riconciliazione e di pace con un gruppo di amici di Pax Christi Germania,  venuti a Monte Sole e a Bologna per ricordare e meditare sui fatti tragici della strage di Monte Sole.

La pagina sulle beatitudini, sulla pace frutto della nonviolenza, sulla mitezza e sulla povertà, su tutte quante le beatitudini che sono proprie dei cercatori di pace, degli sperimentatori della verità e della nonviolenza, è davvero centrale: don Luigi è stato mite, povero, “orgoglioso di fronte a Dio” e quindi puro di cuore e amante della giustizia, misericordioso, operatore di pace. Don Luigi è stato infine anche pienamente libero – la libertà è in fondo anch’essa una grandissima beatitudine -, libero dal denaro (ricordiamo il “Patto delle catacombe”), libero di cambiare (diceva che, se era diventato vecchio, era perché era sempre cambiato), libero di andare controcorrente, di denunciare le ingiustizie e le incoerenze della sua Chiesa e della società, libero di vivere le relazioni con grande intensità, libero, nell’ultima parte della sua vita e in particolare negli ultimi giorni, di farsi aiutare e curare non da badanti, bensì dagli amici di sempre, dalle persone che vivevano con lui al Castello di Albiano, libero di mostrare le proprie fragilità: le porte del Castello dovevano rimanere aperte, perché tutti quelli che lo desideravano potessero andare a salutarlo anche l’ultimo giorno, come hanno potuto fare Annarita e Mauro del Punto Pace di Bologna.

Nel suo messaggio inviato per il funerale, anche don Matteo Zuppi, presidente della CEI, ha parlato di quella che si potrebbe chiamare “beatitudine della libertà” posseduta da don Luigi: “non ha mai smesso di portare con libertà il Vangelo ovunque […] Era libero perché amava Dio e la Chiesa”, due passaggi giustamente sottolineati da Carlo Di Cicco nella postfazione.