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Scienza, fede e politica per la pace. E il Sinodo?

Sergio Paronetto

Le iniziative annuali in ricordo di Hiroshima e Nagasaki (agosto 1945) cercano sempre di spingere l’Italia ad aderire al Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari, varato nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021 (ma senza l’adesione dell’Italia che custodisce armi nucleari a Ghedi e ad Aviano). Perché non c’è ancora un pronunciamento episcopale ufficiale contro le armi atomiche? Da tempo si è avviata la campagna “Italia ripensaci” con il supporto dell’appello firmato da 44 associazioni cattoliche “Per una Repubblica libera dalla guerra e dalle armi nucleari”. Il richiamo alle parole di papa Francesco per il quale “è immorale non solo l’uso ma anche il possesso di armi nucleari” si collega al grido inascoltato non solo delle Nazioni Unite ma anche degli scienziati. All’inizio di agosto è uscito un “Appello per l’eliminazione delle armi nucleari” (“prima che esse eliminino noi”), lanciato da riviste come The Lancet, British Medical Journal e dalla IPPNW, pubblicato dalle undici riviste mediche e sanitarie più prestigiose al mondo.

L’ “offensiva di pace”, direbbe Francesco, impegnato col card. Zuppi nei difficili colloqui per la fine della guerra in Ucraina, continua ma a fatica. Intanto si accendono nuovi focolai di guerra in molti paesi africani. Purtroppo, la pace nonviolenta (etico-politica) è ancora ai margini del percorso sinodale. Ma se il Sinodo non vede la pace come questione fondamentale per l’umanità e sostanza della fede cristiana, non diventa in-credibile? C’è molto da fare. Oggi, ad esempio, assieme alle azioni antinucleari, dopo le carovane di “Stop the war now” e la Conferenza della società civile europea, tenutasi a Vienna nel giugno scorso, è ripartita una mobilitazione intitolata “Insieme per la Costituzione”, promossa, tra l’altro, dalla Rete italiana pace e disarmo e da “Europe for peace” in vista del 7 ottobre a Roma.

Ognuno può fare la sua parte ma deve rinascere la politica! Occorre che questioni così grandi e complesse vengano assunte da una robusta e articolata politica di pace, cioè dai Comuni e dalle Regioni, dal Parlamento italiano e dal Parlamento europeo, dalla UE e dall’OSCE, da una rinata ONU. C’è urgente bisogno di costruire o di riattivare centri, organismi e istituzioni che sappiano rilanciare il diritto internazionale, costruire percorsi di pace, organizzare politicamente la speranza. A Lisbona, il papa, ha invitato i giovani ad agire sena paura “per cambiare il mondo” e “lottare per la giustizia e la pace”.