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A Catania incontro con don Tonio Dell’Olio su “don Tonino Bello e don Lorenzo Milani: due profeti di ieri e di oggi”.

Il 27 giugno si è svolto a Catania, organizzato dalla comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo e dal Punto pace Pax Christi, un incontro con don Tonio dell’Olio, presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi e già coordinatore nazionale di Pax Christi. Il tema riguardava due grandi figure profetiche, di cui oggi si avverte la mancanza e che hanno lasciato un’eredità difficile da raccogliere: don Tonino Bello e don Lorenzo Milani.

I profeti, ha esordito Tonio, sono coloro che leggono il domani, oltre l’orizzonte, ma con i piedi ben piantati nel presente, e le loro radici non sono solo in terra, ma anche in alto, nel loro rapporto con Dio.

Entrambi, don Tonino e don Milani, hanno pagato un prezzo alto per le loro profezie; hanno avuto una vita scomoda: l’uno confinato a Barbiana, l’altro richiamato per due volte dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e trattato con sufficienza, spesso con toni ironici.

Tonio Dell’Olio ha illustrato in parallelo la profezia vissuta da queste due figure, distinguendone tre aspetti: la profezia della parola, la profezia dei gesti, la profezia della pace.

La loro parola ha creato fraternità, certamente, ma è stata anche necessariamente divisiva, non accomodante. Don Tonino usava tre verbi: rinunciare (al potere), denunciare (le malefatte), annunciare (la pace, come insegna il Vangelo). Dal canto suo don Milani, con la “Lettera a una professoressa” lanciava un potente messaggio all’educatore. Per entrambi, la profezia della parola è caratterizzata dalla “parresia”, la verità senza sconti. Essi comprendono il potere della parola, come strumento culturale. Don Milani fa lezione con la lettura del giornale e usa il metodo della scrittura collettiva. Don Tonino si fa voce delle vittime e vede il mondo con l’occhio del povero.

Altrettanto forte è la profezia dei gesti. Don Milani viene mandato in un luogo sperduto del Mugello nell’Appennino Toscano a seguito della sua pubblicazione “Esperienze pastorali”, che descrive il suo impegno “fuori dal coro” a San Giovanni Calenzano. Arriva a Barbiana in un freddo giorno di pioggia e fango. Il giorno dopo, smentendo tutti coloro che lo rassicuravano che quella sarebbe stata una sede solo temporanea (anzi lo incitavano a darsi da fare in tal senso), ridiscende al Comune di Vicchio e compra il terreno per la sua tomba nel piccolo cimitero di Barbiana. Lì è stata destinata la sua missione e lì morirà. Don Tonino si lega per sempre alla sua diocesi e accoglie in episcopio sfrattati e migranti, opponendo così “ai segni del potere il potere dei segni”.

In don Milani la profezia della pace appare nella “Lettera ai cappellani militari”, nella quale scopriamo che “l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni” (con riferimento all’esigenza di obbedire alla propria coscienza prima che agli uomini). Dal canto suo don Tonino, instancabile testimone di pace per tutto il suo ministero, definiva la pace come “convivialità delle differenze” e affermava che l’unico annuncio che i cristiani dovrebbero fare è quello della pace.

Il numeroso e attento pubblico che affollava il salone, sollecitato dalle parole molto apprezzate dell’oratore, ha infine animato il dibattito conclusivo.

Punto pace Pax Christi di Catania