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L’Economia di pace, questa sconosciuta

Tocco Casauria 28/30 aprile

Antonio De Lellis

Le giornate sul seminario autogestito di contro narrazione di Tocco Casauria nascono all’interno di una intuizione di Pax Christi nel promuovere un gruppo di lavoro sul tema dell’economia di pace.

Inizio questo mio resoconto delle giornate di Tocco Casauria, svoltesi dal 28/30 aprile sul tema dell’economia di Pace, col presentare una sintesi dell’intervento dell’economista Stefano Lucarelli che spiega che esistono delle condizioni economiche che consentono la guerra. Occorre ciò valutare le cause e le posizioni attraverso un metodo che non attribuisce all’imperialismo occidentale ed orientale di egemonizzare il discorso pubblico creando contrapposizioni sulla base del ruolo dei leader che difendiamo.

Il discorso pubblico nonviolento dovrebbe discendere sempre più dal mettere in evidenza che esiste una legge di tendenza generale, a partire dalla quale è possibile creare, in alternativa, le condizioni per la pace. Le disuguaglianze creano conflitti anche tra le oligarchie mondiali che sono alla base della guerra in Ucraina. La nostra capacità di metterlo in evidenza ci condurrà fuori dalle secche di discussioni sterili che ci portano quasi sempre in un vicolo cieco.

Ecco perché le fondamentali discussioni sull’invio di armi, purtuttavia altro non sono che una deviazione dal tema principale: questo sistema capitalistico neoliberista è basato sulla guerra, contro i poveri che crea, contro l’ambiente che viene depredato, ma anche a livello delle stesse oligarchie debitrici e creditrici che attribuiscono a questo conflitto un significato da resa dei conti per la costruzione di un nuovo loro ordine mondiale, militare, economico e tecnocratico.

A noi questa lettura interessa per non dividerci, per prendere il largo e condurre i popoli laddove esistono germi nuovi di un mondo nonviolento, indipendente, non subordinato che basa i propri rapporti economici sulla parità, che elimini il ruolo della finanza speculativa e che rifondi la politica su questi presupposti.

Altri interventi sull’Economia gandhiana, sull’energia per il futuro e su quali soggetti per una economia di pace, li integrerò nei prossimi appuntamenti.

La guerra capitalistica – Stefano Lucarelli

Il Pesce grande mangia quello piccolo

Le Corporation controllano sempre di più le altre società quotate. In cima a questa gerarchia si collocano poche imprese che controllano circa l’80% delle spa. A partire dal 2007/2008 gli indici di controllo indicano una concentrazione. Il pesce grande mangia il pesce piccolo. Ciò accade in Usa, Cina e UE. Il meccanismo di concentrazione determinano conflittualità.

La polarizzazione tra Paesi creditori e debitori

Si analizza il processo che passa tra il tentativo di integrazione commerciale, da una parte, e il protezionismo dall’altra. Ciò determina conflittualità con accumulo di spese militari.

Resta al centro la tenuta delle democrazie europee.

L’imperialismo Usa è la novità rispetto al 1913 perché oggi c’è una forma di condizionamento degli Usa sulle politiche dei Paesi europei.

La polarizzazione è tra coloro che hanno un surplus commerciale come la Cina, la Russia e l’Arabia Saudita con posizioni nette positive con l’estero e tra coloro che hanno posizione di deficit di bilancia commerciale.

Fino a quando questa eccedenza di liquidità serviva per acquistare i titoli di stato , del debito estero dei paesi debitori, problemi non ci sono stati. Ma quando questo eccesso di liquidità è stato utilizzato per acquisti di pacchetti azionari ed in primis in settori biotecnologici che dettano le traiettorie future, la situazione cambia radicalmente.

Le armi finanziarie

Le tendenze di cui si parla precedono le guerre ultime anche quella in Siria. I dazi, le tariffe e le sanzioni sono state applicate nei confronti dei paesi creditori che acquisivano pacchetti azionari di società dei paesi debitori. Le sanzioni sono state finanziarie durante l’amministrazione Obama. Poi con Trump i dazi fino al 25%, per esempio sull’acciaio, che ha riguardato anche altri paesi e poi Biden le ha tolte per UE. Ciò soprattutto a seguito di alcuni accordi tra cui quelli della via della seta. Questi prevedevano, tra l’altro, trasferimenti commerciali improntati alla di Green economy. Successivamente ci sono state sanzioni sugli spostamenti di persone. I programmi di valorizzazione  del capitale umano dei Paesi Brics prevedono studi  nelle università occidentali che avrebbero formato i giovani. Ciò ha aiutato il capitale umano specialmente cinese. Queste modalità di risposta sanzionatorie mettono in moto dei meccanismi di distanziamento dal processo di integrazione molto forti. Ci troviamo dinanzi ad una globalizzazione/protezionismo unilaterale che produce conflitti. La guerra Ucraina è una risposta imperialistica dinanzi a questa guerra finanziaria con sanzioni commerciali. Anche la Cina naturalmente persegue strategie imperialistiche di tipo commerciale ad esempio in Africa con concessioni e acquisendo porti importanti. Questa situazione provoca crescita di tensione con reazioni imperialistiche.

Le spese militari

Un altro aspetto da valutare è l’aumento delle spese militari. Tra il 2000 e il 2020 le spese militari sono aumentate. Posto che nel 2021 le spese militari ammontano a 767 mld di dollari per gli Usa e al secondo posto c’è la Cina, con 1/3 degli Usa, ma con una tasso di crescita del 440% dal 2000 e il 2021,  e poi India 131 % tasso di incremento e Arabia Saudita. La Francia al 17% e la Germania al 23%. Questi valori sono la testimonianza che man mano che si polarizza la situazione tra paesi creditori e paesi debitori si vanno ad accumulare sempre più armi. Questo accade tra tutti i paesi debitori e creditori. La Germania è nel paese dei creditori e solo dall’esplosione del Nord Stream 2 si è convinta sulle sanzioni contro la Russia.

Vi presento anche una sintesi sul tema della decrescita o meglio su scarsità ed economia di pace.

Economia di Pace e scarsità

Il concetto di scarsità credo si debba contestualizzare all’interno dell’attuale economia di guerra capitalistica. Analizzo in estrema sintesi la scarsità sotto tre aspetti: lavorativa, di tempo, relativa ai beni comuni. La creazione artificiale di scarsità del lavoro è necessaria ad indurre le persone ad accettare lavori malpagati e spingerle ad impegnarsi in una produttività competitiva. La disuguaglianza stimola un senso di inadeguatezza che induce le persone a lavorare più a lungo per guadagnare più reddito per comprare cose inutili al fine di aver riconosciuta un po’ di dignità. In questo senso, la disuguaglianza crea una scarsità artificiale di benessere. La pubblicità o propaganda di regime del capitalismo col suo fare ammiccante apparentemente innocuo o solo fastidioso è sostanzialmente violenta e crea un senso artificiale di carenza: non possediamo abbastanza, non siamo alla moda, non siamo sufficientemente belli. Scarsità artificiale di tempo. Il poco tempo libero lasciato a chi lavora induce a pagare/delegare altre persone o strutture per fare quello che si potrebbe fare da soli: cucinare i pasti, pulire e mantenere la propria casa, giocare con i bambini, assistere gli anziani. Per non parlare di consulenze specialistiche (psicologi, nutrizionisti, esperti coniugali, etc). La scarsità artificiale di beni pubblici/comunitari/comuni porta all’ondata di privatizzazioni nel campo della salute, istruzione, trasporti, case, acqua, etc. L’alternativa privata è sempre dietro l’angolo. Scarsità artificiale di moneta e debito. “La ragione principale per cui la nostra economia è così gravata dal debito è che funziona sulla base di un sistema monetario che è esso stesso debito (1). In altre parole, le banche prestano somme circa dieci volte superiori a quelle di cui dispongono effettivamente. L’idea di scarsità la metto in relazione ad un nuovo paradigma: l’economia di pace, indipendente, non subordinata ad altri stati o multinazionali e basata su rapporti commerciali non asimmetrici, ma paritari. Dalla lettura del contributo precedente abbiamo appreso come siano legati i temi della scarsità, della guerra e del capitalismo. In sintesi: in nome di una globalizzazione estrema le oligarchie creditrici (Cina, Russia, Arabia Saudita ecc) hanno sferrato un attacco finanziario verso le oligarchie debitrici (Stati Uniti, Europa ecc), creando una eccessiva polarizzazione e concentrazioni di quote azionarie, oltre a quelle sui titoli del debito pubblico e sulla formazione specializzata. Questo ha creato per tutta risposta un protezionismo estremo unilaterale e di conseguenza una risposta militare imperialista con la finalità di ricreare un nuoco ordine economico, militare e tecnocratico. Riporto questa lettura economica perché anche dalla drammatica condizione geopolitica possiamo evincere, come il concetto di scarsità attiene, nel suo utilizzo strumentale, al paradigma del debito/credito. Se ci poniamo in un ottica di de-colonizzazione della terra,  della mente ed in una visione di progresso, e non crescita, integrale possiamo riconoscere che il DNA di questa economia di pace rientra nella logica del disarmo, anche finanziario, della natura e dell’accoglienza. La scarsità come senso del limite delle risorse naturali, all’interno di un sistema vorace, di predominio e sfruttamento, va auspicata e coltivato. Ma la scarsità come costruzione artificiale per spingere verso il predominio sul vivente è un’arma pericolosa che viene alimentata dalla paura dell’altro e dalla costruzione del nemico. La scarsità, da concetto utile che la nostra storia e tradizione contadina ci tramanda come rispettosa di una economia della custodia e della cura, si è trasformata in arma contro il vivente.  L’economia di guerra si caratterizza per privilegiare la produzione e vendita di armi,  per la costruzione dei muri e dei rimpatri di coloro che fuggono da fame, povertà, violenze, persecuzioni, desertificazione o disastri ambientali ed infine, per l’uso della guerra come possibile strumento di politica e di controllo delle risorse naturali. L’economia di pace invece mette in circolazione maggiore ricchezza. Economia di pace ed economia di guerra sono mutuamente escludenti, una produce diritti e libertà, l’altra distrugge. Ecco perché il tema dell’economia di pace, che pone al centro l’idea giusta di scarsità, come condizione di un limite, e non come arma verso il vivente, deve diventare sempre più al centro delle nostre analisi per costruire la società della cura che vorremmo.

Per quanto concerne i temi della guerra alla mobilità da parte della UE e della finanza e città, il caso Palestina, posso in sintesi riportare come la visione securitaria e identitaria e quella speculativa siano una delle facce del capitalismo e di come solo liberandoci di una economia di guerra capitalistica si possa costruire una accoglienza rispettosa dei diritti di tutte e tutti. Chi distrugge il proprio simile, distrugge il vivente e distrugge se stesso. Proprio a partire da questo nuovo paradigma dell’economia di pace possiamo superare il capitalismo neoliberista e solo quelle forze politiche che abbracceranno questa visione potranno davvero dirsi alternative. Per costruire un mondo di pace dobbiamo superare l’attuale sistema economico e transitare verso un sistema costituzionalmente riconosciuto basato sul disarmo, sulla natura e sulla accoglienza.