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Raniero La Valle – Dalla Pacem In Terris a Papa Francesco

In occasione del 50° anniversario dell’enciclica e dell’elezione di Papa Francesco  nel 2013 Raniero La Valle, sempre vigile ed illuminato interprete dei “segni dei tempi”, pubblicava uno scritto dal titolo “ Dalla Pacem In Terris A Papa Francesco”.

In questo mese di marzo  che ne ricorda l’elezione e precede quello della pubblicazione dell’enciclica, ne riproduciamo qui il paragrafo introduttivo di magistrale sintesi cui seguono osservazioni sui primi passi del nuovo Pontefice.

(la lettura integrale è possibile su http://ranierolavalle.blogspot.com)

Riletto oggi può servire a riflettere sul decennio alle nostre spalle e sul cammino fatto  da noi che “siamo chiesa“ insieme al Pastore venuto “dai confini del mondo”.

Raniero La Valle, Torino 5 ottobre 2013

 “Quando comparve la “Pacem in Terris” la reazione generale fu quella di una grande meraviglia. E in verità c’erano molte cose nuove di cui meravigliarsi.

La prima era il fatto, che oggi sembra ovvio ma che allora era spiazzante per i cattolici e soprattutto per i vescovi abituali destinatari delle encicliche, che essa fosse rivolta a tutti gli uomini di buona volontà; ciò voleva dire che non solo si occupava di una cosa, la pace, che interessava tutti, ma che tutti erano chiamati a fare la pace; cioè l’umanità intera era il soggetto che veniva chiamato in causa per realizzarla sulla terra; in altre parole la pace non la fa la Chiesa, la fa il mondo.

L’altra ragione di meraviglia era che la guerra, fino ad allora giudicata dalla Chiesa tanto ragionevole da poter perfino essere considerata giusta, e in certi casi addirittura doverosa (come si pretenderà in seguito che fossero le “guerre umanitarie”), era definita dall’enciclica insensata, fuori della ragione,  e ciò in forza della vox populi prima ancora che per voce del papa.

C’era poi la meraviglia di lotte umane molto controverse, come quelle degli operai, delle donne, dei popoli soggiogati, che venivano innalzate al rango di segni dei tempi, cioè di fatti della storia che avevano a che fare con l’avvicinarsi del regno di Dio; e la stessa cosa avveniva di conquiste umane molto recenti e combattute, come l’ONU, le Costituzioni, lo Stato di diritto, considerati come segni, cioè come anticipazioni, del regno futuro.

C’era poi la meraviglia di un testo religioso che in prima istanza si preoccupava  non della propagazione della fede, ma dell’affermazione della dignità, termine che nell’enciclica ricorre più di trenta volte, più di quanto venga nominata la pace. E si trattava della dignità di ogni uomo, donna, popolo e nazione.

C’era poi la meraviglia di un’enciclica che si occupava della società ma non era un’enciclica sociale, non dava prescrizioni, ma era tutta fondata su un’antropologia positiva, persuasa del fatto che l’uomo, pur avendo peccato, fosse tuttora dotato di una integrità naturale  e che perciò, grazie alla loro stessa natura gli esseri umani, pur non animati dalla fede, fossero capaci di attuare cose buone in se stesse o riconducibili al bene, a cominciare proprio dalla pace.

E c’era poi la meraviglia di un testo del magistero che al primo posto metteva la libertà e affermava il primato della coscienza contro ogni potere, ponendosi così come il primo documento ecclesiale, dopo il Vangelo, che potesse considerarsi all’origine di una teologia della liberazione”…

… Dunque la “Pacem in terris” conteneva in nuce la riforma del papato e la riforma della Chiesa.

Ed è qui allora che io vorrei trovare il legame più stringente tra l’evento dell’enciclica che noi oggi commemoriamo e il passaggio a cui è chiamata la Chiesa di oggi.  Qui c’è l’arco voltaico che dalla “Pacem in terris” e dal Concilio va al papa gesuita che si chiama Francesco, è qui che il fuoco dell’enciclica può tornare ad ardere oggi, perché quella riforma del papato che papa Giovanni aveva avviato e che poi in questi cinquant’anni sembrava essersi esaurita (ed anzi esorcizzata in una sorta di nuovo trionfalismo e sacralizzazione papale) ecco ora, con papa Francesco, può riprendere. E la riforma del papato, come si è visto dopo il Concilio, è la condizione per la riforma della Chiesa….