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DI GUERRE E DI CONFLITTI



La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista”

(Brancaccio, Giammetti, Lucarelli – ed. Mimesis 2022)

(Una interessante lettura per capire i meccanismi dei conflitti- comprensione spesso purtroppo affidata al mainstream, alla tendenza dominante- che meritano di essere approfonditi)

È passato un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e nulla sembra indicare che le fiamme della guerra si stiano spegnendo. Perché la guerra continua ancora? Perché le tensioni militari stanno aumentando nel mondo?

Respingiamo la tesi di uno “scontro di civiltà”. Piuttosto, dobbiamo riconoscere che le contraddizioni nel sistema economico globale deregolamentato hanno reso più acute le tensioni.

Uno dei peggiori difetti del sistema attuale è lo squilibrio nelle relazioni economiche ereditato dall’era della globalizzazione del libero mercato. Ci riferiamo alle posizioni nette sull’estero, dove gli Stati Uniti, il Regno Unito e vari altri paesi occidentali hanno ingenti debiti esterni, mentre la Cina, altri paesi orientali e in parte la Russia sono in posizione creditoria sull’estero.

Conseguenza di questo squilibrio è la tendenza ad esportare capitali dall’Est verso l’Ovest, non più solo sotto forma di prestiti ma anche di acquisizioni che portano ad una centralizzazione del capitale nelle mani dell’Est.

Per contrastare questa tendenza, gli Stati Uniti e i loro principali alleati hanno abbandonato da diversi anni il loro precedente entusiasmo per il globalismo deregolamentato e hanno adottato una politica di “friend shoring”: una chiusura protezionistica sempre più pronunciata nei confronti di merci e capitali provenienti da Cina, Russia e gran parte del est non allineato. Anche l’UE si è unita a questa svolta protezionista guidata dagli americani.

Se la storia ci insegna, queste forme scoordinate di protezionismo esasperano le tensioni internazionali e creano le condizioni favorevoli per nuovi scontri militari. Il conflitto in Ucraina e le crescenti tensioni in
Estremo e Medio Oriente possono essere pienamente comprese solo alla luce di queste grandi contraddizioni economiche.


È quindi necessaria una nuova iniziativa di politica economica internazionale per scongiurare la minaccia di ulteriori guerre.
È necessario un piano per regolare gli squilibri delle partite correnti, che attinga al progetto di John Maynard Keynes per un’unione di compensazione internazionale.

Uno sviluppo di questo meccanismo oggi dovrebbe partire da una doppia rinuncia: gli Stati Uniti ei suoi alleati dovrebbero abbandonare il protezionismo unilaterale del “friend shoring”, mentre la Cina e gli altri
creditori dovrebbero abbandonare la loro adesione al libero scambio senza restrizioni.

Il compito del nostro tempo è urgente: valutare se sia possibile creare le condizioni economiche per la pacificazione mondiale prima che le tensioni militari raggiungano un punto di non ritorno.