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In questo momento drammatico serve una nuova piazza per la pace

“Non c’è alternativa. Un domani, io non voglio essere accusato di aver taciuto. Quando la Storia farà i suoi bilanci, voglio avere l’anima in pace.” mons. Giovanni Ricchiuti

Il Fatto Quotidiano 30 gennaio 2023» Tommaso Rodano

Quando gli si chiede un’opinione sull’invito di Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo, all’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi, sfugge un sorriso ironico: “Immagino che ringrazierà gli italiani. Già, chissà per cosa…”, dice. “Non parlo da uomo di Chiesa, ma da cittadino che paga regolarmente il canone. Questa scelta non la posso condividere. Da Zelensky arriverà un ringraziamento e poi l’ennesimo appello per le armi che l’italia ha inviato, sta inviando e continuerà a inviare in Ucraina. La scelta di farlo parlare a un evento così popolare, sulla tv pubblica, è strumentale: è una collocazione che non mi piace. Una mancanza di rispetto verso tutti gli spettatori e i cittadini – e sono tanti – che non sono d’accordo con l’idea che si possa risolvere questo conflitto attraverso le armi”.

In fondo Zelensky ha partecipato a tante manifestazioni simili, a livello internazionale, come il Festival di Cannes o i Golden Globe.

Non lo metto in discussione, ma non sarebbe stato meglio se la Rai avesse usato quel palco per un messaggio di riconciliazione e di pace? Faccio un esempio: la nostra diocesi di Altamura ha organizzato una marcia arcobaleno in cui abbiamo dato voce a due obiettori di coscienza, uno russo e uno ucraino, insieme a un ragazzo palestinese che si oppone pacificamente alle politiche di invasione e occupazione della sua terra. La pace è un bene pubblico, la guerra e le armi no.

È un momento in cui su diversi scenari internazionali si affacciano scenari inquietanti, rivive lo spettro di un conflitto mondiale. Come affrontano questi giorni gli uomini di pace?

Con amarezza, dispiacere e una profonda preoccupazione. Io sono in mezzo alla gente e posso dire che il 99% delle persone sono stufe di questo conflitto. Non è solo la paura della guerra nucleare o il timore di un’evoluzione drammatica, ma c’è apprensione già per gli effetti immediati, nella vita di tutti i giorni, di natura economica e sociale. Eppure la politica è sorda e dall’informazione – con poche eccezioni – emerge ancora un pensiero unico e acritico, molto distante dalla sensibilità collettiva. Sembra che per la gente di pace non ci sia alcuna possibilità d’ascolto.

Sta prendendo forma una nuova manifestazione pacifista il 24 febbraio, a un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. Ha ancora senso andare in piazza o la sordità della politica, come l’ha definita lei, rende velleitario ogni sforzo?

Zelensky a Sanremo è una mancanza di rispetto per chi non crede nelle armi

Ha assolutamente senso. Se ci sarà una piazza, Pax Christi sarà presente: siamo in campo in modo permanente. Mal

grado le difficoltà, il mondo cattolico non ha mai smesso di mobilitarsi e di rispondere all’appello di Papa Francesco. Sono passati 60 anni dall’enciclica Pacem in Terris di Papa Giovanni XXIII, la quale stabilì che il ricorso alle armi per risolvere i conflitti “alienum est a ratione”: è totale follia. Nonostante tutto, non possiamo non continuare ad essere donne e uomini che dicono “no” a questo scempio, non possiamo smettere di pensare che si possa e debba scrivere una storia diversa.

Ma dove si trova la forza per convincere le persone a mobilitarsi e credere ancora in una soluzione pacifica, in un contesto così ostile?

Non c’è alternativa. Un domani, io non voglio essere accusato di aver taciuto. Quando la Storia farà i suoi bilanci, voglio avere l’anima in pace.