Mail YouTube

Report Economia della pace del 12 gennaio 2023

Alla presenza di economisti, rappresentanti di Attac Italia, di Pax Christi, e di movimenti in lotta per l’ambiente, abbiamo confermato la volontà di organizzare un seminario residenziale sullo stato dell’arte dell’economia della pace. L’ipotesi é di coinvolgere, oltre i promotori, anche i referenti di Economy of Francesco, dell’associazione Laudato Sí (Guido Viale e Paolo Cacciari), delle economie trasformative (Mancini). Faremo il punto anche dell’economia Ghandiana (Burlando).
L’obiettivo è di organizzare, a Tocco Casauria (PE), un evento formativo di contro narrazione e di azione per valorizzare esperienze in atto dal 28/30 aprile sul tema Finanza, guerra e ambiente, ma anche città e finanza (Clara Capelli).
Inoltre vorremmo affrontare in una delle sessioni anche il tema della conversione delle industrie belliche catalogandole come attività economiche improduttive e distruttive. Centrale cmq il tema più realistico delle riduzioni delle spese militari. Proveremo ad invitare Nicoletta Dentico e il protagonista del docufilm “Il successore” alla presenza del protagonista, ex titolare dell’industria di mine ora dismessa.
Prossimo appuntamento online alle ore 16,00 del 9 febbraio.

Bozza report economia di pace. 1 dicembre 2022 incontro on-line

Presenti: Roberto economista, prof. universitario in pensione, Stefano, Risso Attac Affari Internazionali, Carlo Cefaloni giornalista Città Nuova Focolari – economia disarmata, Antonio De Lellis promotore economia della, Pace, Clara Capelli economista dello sviluppo Nord-Africa presso la Fao a Gerusalemme e docente presso l’Università di Betlemme, Rosetta Placido, attivista

Alla presenza di economisti da Torino e Gerusalemme e attivisti di Roma, Torino, Chieti, Termoli abbiamo provato a porre le basi per una scienza economica attiva e insorgente: l’economia della pace.

Dai grandi impegni per una economia disarmata, contro una economia che uccide o per una riconversione dell’economia, ora è giunto il momento di mettere a tema che cos’è l’economia di pace. Al contrario l’economia bellica è il braccio armato dell’economia di mercato. La sicurezza nazionale è il totem attraverso il quale si superano le regole e il commercio internazionale. L’industria bellica è trainante rispetto alla ricerca, sfugge alla logica di riduzione dei costi e alle regole del mercato, in cui il problema del costo non esiste come l’efficienza ma solo l’efficacia, ha solo il problema della ricerca.
Questa impostazione che proviene anche dagli Usa generano negli ambienti accademici forti preoccupazioni. L’economista Jeffrey Sacks durante le elezioni statunitensi che contrapponeva Ilary Clinton a Trump in un articolo dichiarò che Ilary avrebbe rilanciato l’industria bellica. La vera sicurezza nazionale è la sopravvivenza del pianeta e semmai quella di riconvertire la tecnologia bellica a beneficio di settori ambientali. L’industria bellica è improduttiva, distruttiva e crea instabilità anche quando è solo deterrente. La società della guerra non è la sorella cura. In Usa esiste una preoccupazione forte per la divaricazione tra l’elite e la vita della gente comune. Roberto ha citato il libro di Cristopher Lasch “La rivolta delle élite. Il tradimento della democrazia”.

Anche guardando altre parti del pianeta in conflitto come la Palestina, potremmo dire che quello che accade lì anche in termini di sorveglianza è una anticipazione della condizione globale.
In questo la finanza ha contribuito alla concentrazione di ricchezza. Da qui le élite ipotizzano che per arginare l’insostenibilità di questo
modello socio-economico, si possono percorrere due strade: riduzione generalizzata del livello di vita, dei consumi o drastica riduzione della popolazione mondiale.

Esiste un livello di vita della gente comune che i modelli economici attuali non prendono in considerazione, per esempio in questo momento in cui il pil non fa registrare la crisi economica delle persone alle prese con il caro bollette e i prezzi sempre crescenti dei prodotti compensati dai profitti delle industrie delle armi e delle multinazionali delle fonti fossili.

Ci si chiede è possibile un altro modello? Un’economia di pace mette in discussione il modello liberista del capitalismo e forse non solo quello. Quale potrebbe essere un’altra via? In Sardegna ci sono tentativi di sottrarsi al ricatto del lavoro connesso agli armamenti, alcuni comuni si sono dichiarati war-free e hanno iniziato pratiche di economia non bellica. A febbraio all’Università popolare Antonio Gramsci ci saranno lezioni e riflessioni su queste tematiche. Ridurre l’impatto dell’economia sulla natura è la soluzione, non ipotizzare soluzioni demografiche aberranti. Se l’economia aumenta il suo impatto distruttivo l’incremento del pil per chi è? Vi sono esperienze di trasformazione dell’economia da bellica a war free. Occorre rispetto a questo avere una traccia comune, una presa di coscienza collettiva ed un agire.  Occorre provare a ragionare sulle false narrative, ricaricare lo sguardo. La finanza, la guerra e l’impatto sull’ambiente non sono il ns modello di sviluppo. Occorre proporre gruppi di movimenti sociale interessati alla trasformazione.