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Damasco, l’inverno peggiore

Le distruzioni della guerra, la perdita dei giacimenti petroliferi e le sanzioni occidentali influenzano tutti gli aspetti della vita di milioni di siriani. Reportage da una capitale fantasma.

PAUL KHALIFEH, DI RITORNO DA DAMASCO

traduzione di MARINELLA CORREGGIA

«Ali, domani andrai con tuo zio ad Harasta a raccogliere legna da ardere!». Rannicchiata sotto due spesse coperte in un angolo del soggiorno, Soumaya rimprovera il figlio con uno sguardo severo. «Non avresti dovuto aspettare che gli ultimi rami fossero consumati prima di andare», lo rimprovera Al centro della stanza coperta di tappeti, le ultime manciate di ghiande di quercia e gusci di pistacchio bruciano in una stufa a legna color ruggine. Il poco calore che emette non è sufficiente a migliorare davvero la temperatura. Dall’altra parte della stanza, un uomo anziano si strofina energicamente le mani. Al centro della stanza, quasi incollati alla stufa, due bambini condividono una pelle di montone. 

A Damasco, dove la temperatura è vicina allo zero, la lotta contro il freddo è la sfida principale per gli abitanti. «La mia unica preoccupazione è riscaldare la mia famiglia durante questo rigido inverno, dice Soumaya, vedova, che a 50 anni ne dimostra dieci di più. Tutto ciò che può essere bruciato va sul fuoco». «Il freddo è il peggior nemico», afferma il vecchio con voce roca.

Combustibili introvabili

Per la maggior parte dei siriani, il sistema di riscaldamento centrale a gasolio è un vecchio ricordo, un grande lusso che solo pochi fortunati possono ancora permettersi, vista la cronica carenza di carburante. La maggior parte delle famiglie è passata alle stufe a legna, che per essere installate richiedono di perforare le pareti o i soffitti per far passare i tubi..

Ma anche questo metodo di riscaldamento all’antica non è una passeggiata. Una tonnellata di legno viene venduta a oltre 2 milioni di lire siriane, l’equivalente di 320 dollari al tasso del mercato nero. Un prezzo inaccessibile in un paese in cui lo stipendio di un dipendente pubblico arriva al massimo a 100.000 lire siriane, ovvero meno di 17 dollari al mese.

Foreste spazzate via

«Il legno scarseggia, dice Khaled, un ex meccanico che si è dedicato al commercio della legna. Prima della guerra, la Ghouta orientale di Damasco era ricoperta di frutteti e boschi. I combattimenti e i tagli incontrollati incoraggiati dalla mancanza di sorveglianza non hanno lasciato nulla. In alcuni luoghi, come a Maliha, un tempo verdi e boscosi, non è rimasto in piedi nemmeno un albero».

li andrà quindi ad Harasta, una località situata a circa dieci chilometri a nord-est di Damasco, distrutta per il 60% dai combattimenti tra l’esercito siriano e i ribelli. «Lì i raccoglitori di macerie hanno smontato persiane, porte e tetti in legno per venderli. Dicono che sia molto più economico che abbattere alberi», spiega con calma.

Ma i problemi del giovane non sono finiti. La carenza di carburante ha colpito duramente il settore dei trasporti. Il gasolio e la benzina sono fortemente razionati e spesso non disponibili.

La maggior parte dei giacimenti petroliferi siriani si trova a Hassakeh, nel nord-est, e nella provincia orientale di Deir Ezzor, entrambe controllate dalle forze curde, sostenute dagli Stati uniti. L’esercito statunitense ha trasformato i campi petroliferi in basi militari. Il governo siriano non è quindi in grado di sfruttare le risorse energetiche del paese, che ora vengono utilizzate per finanziare l’amministrazione autonoma curda.

Le quantità di carburante disponibili sul mercato provengono dall’Iran e, più raramente, dalla Russia, i due alleati della Siria. La priorità nella distribuzione va alle forze armate. Ciò che rimane, cioè poco, è riservato alla popolazione.

Nelle ultime settimane, la penuria si è aggravata. «Con la mia tessera annonaria (rilasciata due anni fa dal governo a milioni di persone), normalmente ho diritto a 50 litri di gasolio due volte nell’inverno. Ho fatto la mia richiesta a metà settembre sulla piattaforma, ma non ho ancora ricevuto risposta», si lamenta Mustafa, insegnante cinquantenne di una scuola pubblica.

Il combustibile contrabbandato dalle aree controllate dai curdi viene venduto a 250.000 lire siriane per un bidone da da 20 litri, ovvero quasi 40 dollari. La benzina, che arriva di contrabbando dal vicino Libano, viene venduta quasi allo stesso prezzo. Solo una piccola minoranza può permettersi di acquistarla.

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