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QUALE PACIFISMO?

Su “La Stampa” del 16 gennaio u.s., con grande rilievo, Vito Mancuso si domandava se “Gesù era pacifista?”.

Nell’articolo, sempre accurato, com’è nel suo stile, Mancuso distingue argutamente tra un pacifismo individuale – cioè quando l’offesa viene fatta alla propria persona – e uno che chiamerei sociale – rivolto cioè ad altri o alla collettività – ammettendo per questo secondo almeno il dubbio che Gesù accettasse la “non pace”, cioè la guerra, in subordine ad ideali come la giustizia e la libertà; a sostegno di questa ipotesi viene richiamata la morte in croce che i romani – quindi Ponzio Pilato – riservavano ai contestatori politici, ostili al loro dominio. A parte il fatto che Gesù ha appena chiarito che “ il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei” (Gv 18, 36), escludendo esplicitamente una possibile guerra difensiva, anche le citazioni dei Vangeli, che alimenterebbero la possibilità di un non-pacifismo di Gesù, a parte che includono gli attacchi verbali agli avversari, possono venire interpretati in altro modo, cioè con una spada e una violenza rivolte su di sé, come impegno a cambiare la propria mentalità chiusa ed egoista, mai – ritengo – a poter giungere alla uccisione dell’avversario. In tal caso sarebbe superato dai Papi recenti, che hanno definito la guerra “fuori della ragione” (Giovanni XXIII) e “una follia” (Francesco), senza distinguere tra guerra di offesa e guerra di difesa.

Quanto agli Apostoli armati (v. Lc 22,38), quando nel Getsemani “uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del Sommo Sacerdote, staccandogli un orecchio, si sente dire da Gesù ‘rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno” (Mt 26,51-52).

Sono d’accordo con Mancuso nel ritenere che Gesù non fosse pacifista nel senso di chi si riempie la bocca e la vita di un ideale che poi non compromette la sua esistenza concreta, mentre Gesù ha promosso e difeso la sua idea di pace fino a morire per essa.

Quello che Mancuso non sviluppa, sottolineando invece le contraddizioni della Chiesa nel passato, è l’intuizione della nonviolenza, riservata da lui solo come risposta alla violenza fatta su di sé. Il Vangelo invece è un messaggio di nonviolenza – pur accennato nell’articolo – ma che deve divenire una mentalità, contro quella diffusa oggi che, per giungere alla pace, la violenza va avversata solo da una violenza più forte. Non a caso Gandhi, che con la nonviolenza ha promosso l’indipendenza della sua India, diceva che l’aveva appresa anche dal Vangelo, ma che non si era fatto cristiano perché aveva visto quanto poco, in questo campo, i cristiani applicano il Vangelo.

+ Luigi Bettazzi

già Presidente di Pax Christi

Artico uscito su La stampa del 20/01/2023 a pag. 31