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Israele fa strage di bambini poi incolpa i palestinesi

TREGUA DA DOMENICA SERA. Sedici i minori uccisi a Gaza in tre giorni di bombardamenti. Ma secondo l’esercito israeliano la responsabilità è del Jihad islami

Si chiamava Alaa Qaddum aveva cinque anni ed è stata uccisa nell’attacco aereo del 5 agosto che ha aperto l’offensiva aerea israeliana contro Gaza. Alaa è il primo nome dell’elenco di 15 bambini e adolescenti morti durante i tre giorni dell’offensiva Breaking Dawn. Alla lista ieri pomeriggio si è aggiunto un 16esimo nome, quello di Hanin Abu Qaida, 10 anni, spirata in ospedale. Hazem, 12 anni, Moamen, 4 anni, Jamil, 6 anni, sono solo alcuni dei nomi delle altre giovanissime vittime. Di loro si dovrebbe parlare, di loro dovrebbero occuparsi i media. Bambini uccisi dai bombardamenti aerei denunciano con forza i palestinesi. Israele nega. L’ambasciatore all’Onu Gilad Erdan sostiene che i bambini dai corpi straziati, portati via senza vita dalle loro abitazioni a Jabaliya e al Burej, sarebbero l’esito delle azioni di «terroristi responsabili di crimini di guerra e della morte di cittadini, compresi i bambini, a Gaza». E ha anche mostrato immagini per provare come «siano stati minimizzati i danni collaterali nell’operazione», cioè le morti civili. Una versione dei fatti non insolita per Israele, denunciavano ieri attivisti palestinesi, ricordando che anche dopo l’uccisione lo scorso maggio della giornalista Shireen Abu Akleh a Jenin, l’esercito israeliano aveva attribuito la sua morte a colpi sparati da palestinesi. Poi più fonti, anche internazionali, hanno accertato che lo sparo contro la reporter di Al Jazeera era partito da un’arma israeliana

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