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Resoconto: Dare voce agli africani

La Casa per la Pace di Pax Christi ha ospitato nei giorni 23 e 24 Luglio un articolato convegno, organizzato dal consigliere nonché presidente del Centro Studi economico-sociale di Pax Christi Franco Dinelli, intitolato “Dare voce agli africani” i cui contenuto e scopo sono racchiusi proprio nel titolo. I relatori sono stati infatti soprattutto voci di attivisti africani, di diversi paesi dell’Africa, nel tentativo di rovesciare la prospettiva. Per consentire di comprendere cosa significhi l’immigrazione irregolare dall’Africa partendo proprio dalla narrazione locale. Unica voce non autoctona fra i relatori quella del regista italiano Michelangelo Severgnini autore di un docufilm, “L’Urlo”, che a sua volta propone una lettura alternativa del fenomeno migratorio ponendo al centro del racconto il paese perno di tale fenomeno, la Libia.

Saluto iniziale della padrona di casa in quanto co-presidente di Pax Christi International, africana di origine e residente in Kenya, Wamuyu Wachira che ha introdotto l’evento.

A seguire nella giornata di sabato tre attivisti appartenenti ad associazioni di Returnees che si occupano di reinserire nei paesi di origine gli immigrati che tornano. Si è trattato di Osita Osimene dalla Nigeria appartenente all’associazione “Cittadini patriottici”, di Mustapha Sallah dal Gambia dell’associazione “Giovani contro l’immigrazione irregolare” e infine di Kouakou Hervè N’diri dalla Costa d’Avorio. Ultima parte del programma di sabato la proiezione del già citato “L’Urlo”.

La mattina di domenica è stata introdotta dalla consigliera del Comune di Firenze (che ha patrocinato l’evento) Mimma Dardano, a cui ha fatto seguito l’intervento di Yvan Sagnet sindacalista presidente dell’Associazione “Nocap” proveniente dal Camerun, ma che da quindici anni vive e lavora in Italia, che ha disegnato un quadro chiarificatore del caporalato in Italia.

Ultimo momento del convegno il respiro positivo di cosa significhi integrazione con un secondo docufilm del regista Sandro Bozzetto, “Siamo qui da vent’anni”.

Credo che il rovesciamento di prospettiva che il convegno ha offerto faccia luce su come l’immigrazione irregolare dall’Africa si presenti come una nuova forma di colonialismo che ruota intorno a dinamiche sociali, politiche, economiche.

Far intervenire tre attivisti di associazioni che si occupano di Returnees e un attivista che si occupa di caporalato in Italia significa comprendere come dietro l’immigrazione si muovano interessi di sfruttamento, in forme moderne di schiavitù, di persone, soprattutto giovani, allettate da false promesse o spinte da situazioni di impoverimento economico e di corruzione di apparati politici in paesi oggetto di altre forme di sfruttamento coloniale di multinazionali occidentali e cinesi. Si delinea in tal modo un circolo vizioso alimentato da organizzazioni mafiose. L’immigrazione non è una libera scelta ma un movimento indotto che porta da una parte a creare manovalanza schiavistica da sfruttare innanzitutto in Libia dalle milizie per la guerra civile locale e dall’altra a generare un piccolo numero di migranti fra chi se lo può permettere economicamente (si parla di uno su quaranta che riesce a giungere in Italia) da fornire all’altra forma di schiavitù occidentale del caporalato.

Il docufilm “L’Urlo” pone bene in luce, in una prospettiva che ha la capacità di porre domande, la triangolazione fra Occidente, Libia, Africa. I paesi occidentali sotto la copertura economica di aiuti umanitari (dottrina Minniti) finanziano la Libia. In particolare i finanziamenti finiscono a organizzazioni mafiose, che da una parte usano i soldi per trafugare il 40% del petrolio e farlo giungere sottoprezzo in Occidente, e dall’altro finanziano l’immigrazione per fornire nella gran parte manodopera alle milizie libiche e, come detto, in piccola misura con la complicità forse di qualche ONG (mascherata dal buonismo occidentale, altra forma di colonialismo) per far arrivare in Italia manodopera a bassissimo costo che alimenta il regime ultraliberista delle multinazionali, basato su fortissime disuguaglianze sociali.

Giusi D’Urso