Mail YouTube

A spargimento di sangue segue spargimento di sangue

Statement from the Justice and Peace Commission in Jerusalem sent by Patriarch Sabbah

Una riflessione sull’ultima tornata di violenza in Terra Santa

Commissione Giustizia e Pace di Gerusalemme (16.5.2022)

Il Signore fa un atto d’accusa contro gli abitanti del Paese. Non c’è fedeltà o lealtà, e non c’è conoscenza di Dio nel Paese. Scoppiano giuramenti, bugie e omicidi, furti e adulterio; a spargimento di sangue segue spargimento di sangue. Perciò il paese è in lutto e tutti coloro che lo abitano languiscono.

(Osea 4, 1-3)

L’uccisione della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh a Jenin l’11 maggio 2022 ha scosso tutti noi. Uccisa a colpi di arma da fuoco, e non è l’ultima vittima delle violenze in corso in Terra Santa. Figlia della nostra comunità cristiana, era nota in tutta la regione come una nuova giornalista di Al-Jazeera e migliaia di persone si sono scoperte a piangerla. La brutalità della polizia al suo funerale ci ha lasciato sbalorditi. Del resto, questi ultimi due mesi hanno visto molta violenza in Terra Santa, che in gran parte non è arrivata ai titoli dei giornali. Spargimento di sangue è seguito a spargimento di sangue, mietendo la vita di Ebrei israeliani, Arabi palestinesi e anche altri, tutti vittime di un conflitto che va avanti, riscuotendo il suo triste tributo. Piangiamo tutte le vittime di questo spargimento di sangue senza fine, Ebrei israeliani, Arabi palestinesi e altri che sono morti. Continuiamo a gridare che la violenza è sbagliata e non porterà una soluzione, ma solo altra violenza.

Allo stesso tempo, esprimiamo anche la nostra ansia per ciò che ci riserva il futuro. Le autorità politiche che decidono il futuro in Israele-Palestina, così come i segmenti più importanti della comunità internazionale, sembrano riluttanti a riflettere con verità e con coraggio su ciò che sta accadendo in Terra Santa. Di conseguenza, non sanno agire per sradicare le cause di questa violenza. Nel nostro tentativo qui di capire la radice di questa violenza, non cerchiamo in alcun modo di giustificarla, tuttavia la comprensione è l’unico modo per iniziare a trovare una via d’uscita da questo circolo mortale.

1. Cosa è successo di recente?

Negli ultimi due mesi, quarantacinque Palestinesi, sedici Israeliani e due lavoratori migranti sono stati uccisi in quello che è stato definito “un nuovo ciclo di violenza”. E la violenza continua… Questa violenza, pur avendo luogo prevalentemente in Palestina, ancora sotto l’occupazione israeliana, si è manifestata anche all’interno del territorio israeliano, dove quindici Israeliani morti sono stati uccisi in attacchi compiuti da Palestinesi come rappresaglia per la violenza israeliana. In effetti, è importante sottolineare che questa violenza è parte integrante del conflitto in corso.

2. Perché le persone muoiono?

Finché continuerà il conflitto tra Ebrei israeliani e Arabi palestinesi, finché non ci sarà giustizia, uguaglianza e pace in Terra Santa, nessun impegno sincero per porre fine al conflitto, la morte continuerà ad essere vittoriosa. Finché un regime di occupazione militare continuerà ad essere imposto a coloro che vivono a Gerusalemme Est, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, e finché un regime di discriminazione continuerà ad operare nello Stato di Israele, non ci sarà fine al cerchio della violenza. Finché i leader politici locali promuovono i propri interessi personali e ignorano il pianto delle vedove, degli orfani, delle madri e dei padri in lutto, tutti coloro che vivono in questa terra languiscono, come dice il profeta Osea. Finché la comunità internazionale si sottrarrà alle proprie responsabilità per la situazione in Israele/Palestina, gli ingranaggi di questo conflitto apparentemente senza fine continueranno a girare.

3. Quali sono le cause della violenza?

Quando dei Palestinesi attaccano degli Ebrei israeliani molti avanzano interpretazioni delle loro motivazioni. Attribuiscono la violenza alle ideologie palestinesi, arabe o islamiche che rifiutano Israele, gli Israeliani e persino gli Ebrei. Tuttavia, questi atti di violenza devono essere analizzati prima di tutto nel contesto del conflitto israelo-palestinese in corso.

Va ripetuto con chiarezza inequivocabile: la causa principale e il contesto primario della violenza è l’occupazione della Palestina, un’occupazione che va avanti da cinquantacinque anni.

La violenza dell’occupazione comprende l’espropriazione delle terre, la detenzione amministrativa, il ritiro dei permessi di costruzione, la demolizione di case, la limitazione dei movimenti, il soffocamento dello sviluppo politico, sociale ed economico e il continuo assedio della Striscia di Gaza.

In particolare, le tensioni nella città santa di Gerusalemme continuano ad aggravare la situazione e ad aumentare i livelli di tensione. Queste tensioni includono le continue minacce allo status quo nell’Haram al-Sharif (noto anche come il Monte del Tempio), le soffocanti restrizioni all’accesso ai Luoghi Santi (per i cristiani questo è stato sottolineato ancora una volta lo scorso Sabato della Luce ortodosso, Sabato Santo), e i tentativi in ​​corso di rivendicare delle proprietà nella Gerusalemme Est occupata, che hanno portato allo sfratto delle persone dalle loro case per essere date ai coloni, in particolare a Sheikh Jarrah e Silwan.

Le massicce e violente rappresaglie delle forze di sicurezza israeliane contro la famiglia e talvolta contro l’intero quartiere o la città di presunti autori di violenza palestinesi creano nuovo risentimento, odio e desiderio di vendetta e forniscono terreno fertile per nuovi attacchi contro Ebrei israeliani. Molti di tali autori hanno parenti e amici che sono caduti vittime della violenza insita nell’occupazione. Allo stesso modo, alcuni tentativi delle forze israeliane di “prevenire” nuovi attacchi, di fatto esacerbano le condizioni che portano ad atti di violenza, poiché spargimento di sangue segue a spargimento di sangue.

È palesemente scandaloso che gran parte della violenza di cui sono vittime i Palestinesi provenga dai coloni israeliani e dai loro gruppi di vigilanti, che hanno espropriato terre palestinesi e vivono illegalmente nei territori occupati da Israele. In alcune parti della Cisgiordania i coloni dominano intere aree, imponendo un regno di illegalità e terrore alle famiglie, ai quartieri e ai villaggi palestinesi, impedendo agli abitanti di viaggiare liberamente, di lavorare le loro terre, di pascolare i loro greggi e di vivere una vita normale. Invece di definire i loro atti come crimini, o anche in alcuni casi come terrorismo, i coloni sono troppo spesso aiutati e favoriti dall’esercito israeliano. Ciò è particolarmente vero nella città di Hebron e nei suoi dintorni meridionali e nella città di Nablus e dintorni.

Inoltre, anche se non senza precedenti, il fatto che cittadini palestinesi di Israele stiano compiendo attacchi contro Ebrei israeliani sottolinea l’alienazione che molti cittadini arabi palestinesi di Israele provano in uno stato in cui sono cittadini ma che è definito uno stato “ebraico”. Questi attacchi sono un segno di disperazione di fronte alla continua discriminazione contro gli Arabi nello stesso Israele e contro il regime di disuguaglianza. Inoltre, questi atti sono anche un grido di rabbia contro coloro che tentano di cancellare l’identità palestinese dei cittadini arabi palestinesi di Israele.

Sfortunatamente, fintanto che i Palestinesi ricorrono solo a proteste verbali o azioni nonviolente (quando le autorità israeliane le autorizzano), la comunità internazionale ignora i Palestinesi e dà l’impressione che tutto sia normale, promuovendo la “normalizzazione” dello Stato israeliano nonostante il conflitto in corso. Purtroppo, solo quando scoppia la violenza, la comunità internazionale si sveglia e prende atto.

4. Un contesto più ampio di ingiustizia

I cosiddetti “Accordi di Abramo” che sono stati formulati e promossi trionfalmente dall’amministrazione Trump degli Stati Uniti si aggiungono certamente al senso di frustrazione e disperazione al centro degli ultimi episodi di violenza. Israele ha ora firmato i cosiddetti accordi di “pace” con Paesi con i quali Israele non ha conflitti. Questi accordi perseguono interessi regionali comuni come l’opposizione all’Iran e la collaborazione economica e militare. Tuttavia, gli accordi ignorano palesemente il vero conflitto in Israele/Palestina e i diritti dei Palestinesi. Per i Palestinesi, questo aggiunge la beffa al danno, rafforzando la loro sensazione che, agli occhi di Israele e dei potenti della comunità internazionale, essi non esistono. La vera pace può essere fatta solo tra Israele e Palestina.

Un altro tassello del puzzle contemporaneo per comprendere l’ultimo spargimento di sangue è legato alla situazione dell’Est Europeo. Non appena la Russia ha invaso l’Ucraina, la comunità internazionale, guidata dagli Stati Uniti, ha condannato l’invasione e sanzioni di vasta portata sono state imposte da molti Paesi tra cui gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il Regno Unito allo scopo di fare pressione sul regime russo per ritirarsi dal territorio ucraino e cessare la sua aggressione. Molti Palestinesi confrontano questi eventi recenti con i decenni di conflitto nella loro stessa patria. Israele ha occupato il territorio palestinese dal 1967 e ha imposto un regime discriminatorio di disuguaglianza ai Palestinesi all’interno di Israele dal 1948. Tuttavia, coloro che sono più espliciti nel condannare l’aggressione russa hanno fatto ben poco per denunciare l’occupazione e la discriminazione israeliane. Questo doppio standard ha solo acuito la frustrazione e la disperazione dei Palestinesi.

Conclusione: cercare la pace e conseguirla

Due millenni e mezzo fa, il profeta Ezechiele gridò contro i principi del Paese: “Smettetela con le violenze e le rapine. Applicate il diritto e la giustizia. Non impadronitevi dei beni del mio popolo” (Ezechiele 45, 9).

Oggi chiediamo alle autorità israeliane di cercare le ragioni della violenza che ci avvolge tutti. Rispondere alla violenza con la violenza, una logica di rappresaglia senza fine, non è la risposta. Israele e Palestina hanno gli stessi diritti: i diritti alla sicurezza, alla libertà, alla dignità e all’autodeterminazione. La violenza non finirà finché questi diritti non saranno realizzati allo stesso modo sia per gli Israeliani che per i Palestinesi.

Israele è alla ricerca della “pace” dove la pace non può essere trovata. Israele cerca la pace con i regimi dei Paesi arabi ma non con la popolazione della regione. La vera pace sarà realizzata solo quando i Palestinesi potranno affermare che i loro diritti sono stati attuati. La pace inizierà quando i Palestinesi proclameranno che non sono più in guerra con gli Israeliani. Solo allora comincerà un nuovo capitolo nella regione.

È il Salmista che ci ricorda: “Se un uomo desidera gustare la vita, se vuole vedere molti giorni felici, tenga lontano la lingua dal male, con le sue labbra non dica menzogne. Fugga il male e pratichi il bene, cerchi la pace e ne segua la via! L’occhio del Signore segue i giusti, il suo orecchio ne ascolta le grida” (Sal 34,13-16).

Traduzione di Enzo Pezzino

Potrete leggere il documento anche sul numero di Giugno di Mosaico di Pace www,mosaicodipace.it