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Quale resistenza?

Mosaico dei giorni

don Tonio dell’Olio

È vero, la lotta partigiana è stata combattuta anche con le armi. È sotto gli occhi di tutti. Poi è stata portata avanti anche dalle azioni nonviolente di sabotaggio e di non collaborazione, dalle staffette partigiane e da medici e infermieri che non hanno mai imbracciato un’arma e da un nucleo consistente di partigiani che non spararono mai un colpo di fucile e furono ugualmente riconosciuti come componenti delle brigate partigiane. Poi c’è stato un fiume di solidarietà carsica a favore di ebrei perseguitati dalle leggi razziali e di obiettori di coscienza definiti disertori dal regime. Si tratta di persone che non hanno mai ucciso e hanno salvato tantissime vite umane. Poi c’è stato chi ha teorizzato, testimoniato in prima persona e pagato col carcere o con la vita, la scelta nonviolenta. Oltre ai docenti universitari che si rifiutarono di giurare al regime, un nome per tutti: Aldo Capitini. Rispetto alla guerra in corso in Ucraina tutti gli storici seri ripetono come un mantra che non si possono paragonare contesti storici diversi. Infine, come testimoniano molti ex partigiani ancora viventi, furono proprio i sopravvissuti alla lotta di liberazione a voler incidere nella Carta costituzionale il ripudio della guerra di cui avevano provato tutto il disgusto e l’amarezza. È piuttosto questa la lezione che avremmo dovuto apprendere cercando strade alternative all’uso della forza per risolvere le controversie. Ammettiamolo: abbiamo accumulato un ritardo colpevole.