Pax Christi per una Chiesa sinodale disarmata e disarmante
Sergio Paronetto
Gli interventi del papa sono sempre scomodi. Penso a quelli sull’economia o sulla cura del creato. Ma quelli più duri e imbarazzanti per gli affaristi delle guerre riguardano proprio il disarmo, coperti da minimizzazioni furbesche o da un silenzio tombale. Tralasciando le belle riflessioni di Fratelli tutti (256-262), ricordo solo sette pronunciamenti solenni.
Quello classico (ribadito il 24 novembre 2019 in Giappone) contro le armi nucleari: non solo contro il loro uso ma anche contro l’immoralità del loro possesso, in sintonia col Trattato ONU di messa la bando delle armi nucleari (2017, 2021), non firmato dall’Italia.
Quello indignato di Pasqua 2021: “La pandemia è ancora in pieno corso; la crisi sociale ed economica è molto pesante, specialmente per i più poveri; malgrado questo – ed è scandaloso – non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari. E questo è lo scandalo di oggi“.
Quello incalzante (contenuto nel libro Dio e il mondo che verrà, Lev e Piemme 2021): “Non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite. Non si può far finta che non si sia insinuato un circolo drammaticamente vizioso tra violenze armate, povertà e sfruttamento dissennato e indifferente dell’ambiente” (p.82).
Quello tremendo del 5 febbraio 2020 alla Pontificia Accademia di Scienze sociali: “E’ necessario affermare che la più grande struttura del peccato, o la più grande struttura dell’ingiustizia, è la stessa industria della guerra, poiché è denaro e tempo al servizio della divisione e della morte. Il mondo perde miliardi di dollari in armamenti e violenza ogni anno, il che porrebbe fine alla povertà e all’analfabetismo se potessero essere reindirizzati”. Quello bruciante del 22 febbraio 2020 a Bari: “La guerra è una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare […]. E a questo io vorrei aggiungere il grave peccato di ipocrisia, quando nei convegni internazionali, nelle riunioni, tanti Paesi parlano di pace e poi vendono le armi ai Paesi che sono in guerra. Questo si chiama la grande ipocrisia”. Quello orante e radicale rivolto ai movimenti popolari il 16 ottobre 2021: “Voglio chiedere, in nome di Dio, ai fabbricanti e ai trafficanti di armi di cessare totalmente la loro attività, che fomenta la violenza e la guerra, spesso nel quadro di giochi geopolitici il cui costo sono milioni di vite e di spostamenti” .
Quello penitenziale (e combattivo) del 2 novembre 2021 davanti alle tombe dei caduti in guerra, che “sono con il Signore. Ma noi, che stiamo in cammino, lottiamo sufficientemente perché non ci siano guerre? Perché non ci siano le economie dei Paesi fortificate dal’industria delle armi?”.
Quello drammatico, formulato a Lesbo il 5 dicembre 2021, a proposito dell’Europa prigioniera della paura e incapace di cogliere le cause del problema, silenziosa sulle “guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate”, nonché sulle “manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio”.
L’argomento disarmo sembra proprio un tabù sia per la politica che per la Chiesa. Salvo eccezioni, le diocesi, le parrocchie, le comunità cristiane non sembrano interessate al disarmo. Ignoranza? Distrazione? Indifferenza? Paura? Subalternità alle logiche del nemico? Complicità con il riarmo e con i potenti, come scriveva Tonino Bello rivolto alla Chiesa nel 1988, “disposti a pagare la metà del prezzo ricavato dalla vendita delle armi pur di comprare i tuoi silenzi sulla guerra”?. Poca fede nel Cristo “nostra pace” o nel Vangelo della pace?
Nonostante un grande magistero pontificio e le testimonianze di tanti operatori e operatrici di pace, anche i vescovi balbettano. Nemmeno contro le armi nucleari esiste un pronunciamento esplicito. L’ultimo documento ufficiale della CEI su tali questioni è la Nota pastorale Educare alla pace che risale al 1988.
Ci sentiamo corresponsabili della nuova stagione ecclesiale? E delle sorti dell’umanità? Disponibili ad aprire un sentiero sinodale per la pace disarmata (e la Chiesa disarmata)? Pax Christi può costituirsi come gruppo sinodale sia a livello nazionale con altre associazioni, sia in ambito diocesano per riflettere assieme sui temi della pace nonviolenta, sull’economia di giustizia e sulla cura del creato.