Il 12 settembre, proprio alla vigilia del suo viaggio in Ungheria e Slovacchia, il papa ha mandato al G20 Interfaith, Forum 2021, tenutosi a Bologna, un messaggio di ampio respiro e di profonda ispirazione interreligiosa e di grande rilievo umanistico. Esso si richiama ai punti fondamentali di ogni fede, alla necessità di superare l’analfabetismo religioso che porta al fondamentalismo e alla violenza. Riportiamo l’intervento suddiviso in piccoli paragrafi. (s.p.).
Rivolgo un cordiale saluto ai Partecipanti al G20 Interfaith Forum, che quest’anno ha luogo a Bologna. Conservo un vivo ricordo della mia visita alla Città, caratterizzata, tra le altre cose, dall’antica Università, «che l’ha sempre resa aperta, educando cittadini del mondo e ricordando che l’identità a cui si appartiene è quella della casa comune, dell’universitas» (Incontro con gli studenti e il mondo accademico, 1° ottobre 2017). È bello che vi siate riuniti proprio nell’intento di superare i particolarismi e condividere idee e speranze: insieme, autorità religiose, leader politici e rappresentanti del mondo della cultura dialogate per promuovere l’accesso a diritti fondamentali, anzitutto alla libertà religiosa, e per coltivare fermenti di unità e di riconciliazione laddove guerra e odi hanno seminato morte e menzogne.L’oltre di Dio nell’altro del fratello
In questo il ruolo delle religioni è davvero essenziale. Vorrei ribadire che, se vogliamo custodire la fraternità sulla Terra, «non possiamo perdere di vista il Cielo». Dobbiamo però aiutarci a liberare l’orizzonte del sacro dalle nubi oscure della violenza e del fondamentalismo, rafforzandoci nella convinzione che «l’Oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello» (Ur, 6 marzo 2021). Sì, la vera religiosità consiste nell’adorare Dio e nell’amare il prossimo. E noi credenti non possiamo esimerci da queste scelte religiose essenziali: più che a dimostrare qualcosa, siamo chiamati a mostrare la presenza paterna del Dio del cielo attraverso la nostra concordia in terra.Basta con la violenza che strumentalizza il sacroOggi, tuttavia, ciò pare purtroppo un sogno lontano. In ambito religioso sembra piuttosto in corso un deleterio “cambiamento climatico”: alle dannose alterazioni che colpiscono la salute della Terra, nostra casa comune, ve ne sono altre che “minacciano il Cielo”. È come se “la temperatura” della religiosità stia crescendo. Basti pensare al divampare della violenza che strumentalizza il sacro: negli ultimi 40 anni si sono registrati quasi 3.000 attentati e circa 5.000 uccisioni in vari luoghi di culto, in quegli spazi, cioè, che dovrebbero essere tutelati come oasi di sacralità e di fraternità. Troppo facilmente, poi, chi bestemmia il nome santo di Dio perseguitando i fratelli trova finanziamenti. Ancora, si diffonde in modo spesso incontrollato la predicazione incendiaria di chi, in nome di un falso dio, incita all’odio. Che cosa possiamo fare di fronte a tutto questo?Analfabetismo religioso e fondamentalismo
Come responsabili religiosi credo che anzitutto occorra servire la verità e dichiarare senza paure e infingimenti il male quando è male, anche e soprattutto quando viene commesso da chi si professa seguace del nostro stesso credo. Dobbiamo inoltre aiutarci, tutti insieme, a contrastare l’analfabetismo religioso che attraversa tutte le culture: è un’ignoranza diffusa, che riduce l’esperienza credente a dimensioni rudimentali dell’umano e seduce anime vulnerabili ad aderire a slogan fondamentalisti. Ma contrastare non basta: occorre soprattutto educare, promuovendo uno sviluppo equo, solidale e integrale che accresca le opportunità di scolarizzazione e di istruzione, perché laddove regnano incontrastate povertà e ignoranza attecchisce più facilmente la violenza fondamentalista.La ricerca del fratello
È certamente da incoraggiare la proposta di istituire una memoria comune di coloro che sono stati uccisi in ogni luogo di preghiera. Nella Bibbia, in risposta all’odio di Caino, che credeva in Dio eppure uccise il fratello, facendo levare dalla terra la voce del suo sangue, dal Cielo giunse la domanda: «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). L’autentica risposta religiosa al fratricidio è la ricerca del fratello. Custodiamo insieme la memoria comune dei fratelli e delle sorelle che hanno subito violenze, aiutiamoci con parole e gesti concreti a contrastare l’odio che vuole dividere la famiglia umana!La strada della pace si trova nella giustiziaI credenti non possono combatterlo con la violenza delle armi, che genera solo altra violenza, in una spirale di ritorsioni e vendette senza fine. È proficuo, invece, quanto desiderate affermare in questi giorni: “Noi non ci uccideremo, noi ci soccorreremo, noi ci perdoneremo”. Sono impegni che richiedono condizioni non facili – non c’è disarmo senza coraggio, non c’è soccorso senza gratuità, non c’è perdono senza verità –, ma che costituiscono l’unica via possibile per la pace. Sì, perché la strada della pace non si trova nelle armi, ma nella giustizia. E noi leader religiosi siamo i primi a dover sostenere tali processi, testimoniando che la capacità di contrastare il male non sta nei proclami, ma nella preghiera; non nella vendetta, ma nella concordia; non nelle scorciatoie dettate dall’uso della forza, ma nella forza
paziente e costruttiva della solidarietà. Perché solo questo è veramente degno dell’uomo. E perché Dio non è Dio della guerra, ma della pace.Non neutrali ma schierati per la pacePace, una parola chiave nell’attuale scenario internazionale. Una parola di fronte alla quale «non possiamo essere indifferenti o neutrali». Lo ribadisco: «Non neutrali, ma schierati per la pace! Perciò invochiamo lo ius pacis, come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza. Per questo ripetiamo: mai più la guerra, mai più contro gli altri, mai più senza gli altri! Vengano alla luce gli interessi e le trame, spesso oscuri, di chi fabbrica violenza, alimentando la corsa alle armi e calpestando la pace con gli affari» (cit.).La quarta PPace: una “quarta p” che si propone di aggiungere a people, planet, prosperity, nell’auspicio che l’agenda del prossimo G20 ne tenga conto in una prospettiva che sia la più ampia e condivisa possibile, perché solo insieme si possono affrontare problemi che, nell’interconnessione odierna, non riguardano più qualcuno, ma tutti. Penso anche al clima e alle migrazioni. Davvero non è più tempo per alleanze degli uni contro gli altri, ma per la ricerca comune di soluzioni ai problemi di tutti.
I giovani e la storia ci giudicheranno su questo. E voi, cari amici, vi riunite per questo. Perciò vi ringrazio di cuore e vi incoraggio, accompagnandovi con la mia preghiera e invocando la benedizione dell’Altissimo su ciascuno di voi.