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Occorre ripartire dalla pace! Non possiamo continuare a fabbricare armi, zizzania planetaria

E’ in libreria Papa Francesco, Dio e il mondo che verrà, il libro-intervista di Papa Francesco in conversazione con il vaticanista Domenico Agasso (Edizioni Piemme-LEV, 2021). Nel capitolo ottavo, in particolare, il papa parla delle armi e delle spese militari come “zizzania planetaria”, invoca  la cultura della nonviolenza e invita alla riconversione delle fabbriche d’armi. Qui solo un breve estratto  (s.p.).

Santità, oggi quali urgenze intravede? 

Non possiamo più accettare inerti le diseguaglianze e i dissesti nell’ambiente. La via per la salvezza dell’umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello di sviluppo, che ponga come indiscutibile la convivenza tra i popoli in armonia con il Creato. Consapevoli che ogni azione individuale non resta isolata, nel bene o nel male, ma ha conseguenze per gli altri, perché tutto è connesso. Tutto! Cambiando gli stili di vita che costringono milioni di persone, soprattutto bambini, alla morsa della fame, potremo condurre un’esistenza più austera che renderebbe possibile una ripartizione equa delle risorse. Non significa diminuire diritti ad alcuni per un’equiparazione verso il basso, ma dare maggiori e più ampi diritti a coloro ai quali non vengono riconosciuti e tutelati”.

Scorge segni incoraggianti? 

“Oggi stanno già tentando di promuovere queste nozioni e operazioni vari movimenti popolari “dal basso”, ma anche alcune istituzioni e associazioni. Provano a concretizzare un modo nuovo di guardare la nostra Casa comune: non più come un magazzino di risorse da sfruttare, ma un giardino sacro da amare e rispettare, attraverso comportamenti sostenibili. E poi, c’è una presa di coscienza tra i giovani, in particolare nei movimenti ecologisti…

Che cosa pensa della finanza e del rapporto con le amministrazioni pubbliche? “Credo che se si riuscirà a sanarla dalla mentalità speculativa dominante e ristabilirla con un’”anima”, secondo criteri di equità, si potrà intanto puntare all’obiettivo di ridurre il divario tra chi ha accesso al credito e chi no. E se un giorno non troppo lontano ci saranno i presupposti per cui ogni operatore investirà seguendo principi etici e responsabili, si otterrà il risultato di limitare il supporto a imprese dannose per l’ambiente e per la pace.
Nello stato in cui versa l’umanità, diventa scandaloso finanziare ancora industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi e alla promozione degli ultimi, e che penalizzano il bene comune inquinando il Creato. Sono i quattro criteri per scegliere quali imprese sostenere:inclusione degli esclusi, promozione degli ultimi, bene comune e cura del Creato….
Ciò che sta avvenendo può risvegliare tutti. È tempo di rimuovere le ingiustizie sociali e le emarginazioni. Se cogliamo la prova come un’opportunità, possiamo preparare il domani all’insegna della fratellanza umana, a cui non c’è alternativa, perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno. Mettendo a frutto questa lezione, i leader delle nazioni, insieme a chi ha responsabilità sociali, possono guidare i popoli della Terra verso un avvenire più florido e fraterno…. Teniamo tutti bene a mente che c’è qualcosa di peggio di questa crisi: il dramma di sprecarla. Da una crisi non si esce uguali: o usciamo migliori o usciamo peggiori”…

Concretamente da dove si potrebbe cominciare? “Dalla fine immediata e globale dei conflitti che ancora insanguinano troppe regioni. La pace!… Non potremo guarire senza la pace…
Non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite. Oggi alle spese militari si destinano somme assurde… Non si può più far finta che non si sia insinuato un circolo drammaticamente vizioso tra violenze armate, povertà e sfruttamento dissennato e indifferente dell’ambiente. È un ciclo che impedisce la riconciliazione, alimenta le violazioni dei diritti umani e ostacola lo sviluppo sostenibile.
Contro questa zizzania planetaria che sta soffocando sul nascere il futuro dell’umanità serve un’azione politica frutto di concordia internazionale. UI conflitti non si risolvono attraverso la guerra, ma superando rivalità e antagonismi… Fraternamente uniti, gli esseri umani sono in grado di affrontare le minacce comuni, senza più controproducenti recriminazioni reciproche, strumentalizzazioni di problemi, nazionalismi miopi, propagande di chiusure, isolazionismi e altre forme di egoismo politico”.
A proposito delle industrie militari c’è chi dice che un loro ridimensionamento provocherebbe perdita di occupazione: come si potrebbe risolvere questo potenziale paradosso?“E’ stato bello sapere che, mentre mancavano ventilatori polmonari, alcune aziende di armi in Italia hanno cambiato la produzione, realizzando quel materiale  di bene comune di cui c’era urgente necessità. E’ questa la strada: la creatività. Spesso si genera solo degli allarmi, ma può diventare un metodo politico e imprenditoriale”