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non dimentichiamo le altre vittime dell’11 Settembre

Non posso accettare di stare zitto. Il decennale dell’11 settembre ha messo in moto tutti
i mezzi di comunicazione. E’ giusto. Quel devastante attentato terroristico ha
provocato uno sconvolgimento così profondo delle nostre vite che deve essere
ricordato e ricollocato nella memoria collettiva. Quello che non trovo giusto è
l’uso retorico e strumentale che si sta facendo delle vittime di quella
tragedia. Di una parte delle vittime, per la verità. Perché, e questo è il fatto
che più non mi dà pace, noi tutti stiamo più o meno strumentalmente onorando la
memoria solo di alcune vittime e non di tutte. Quelle che sono morte sul suolo
americano. Le altre non esistono, o forse non devono esistere. Quali altre?
Quelle che sono state ammazzate al di fuori degli Stati Uniti a causa di
quell’attentato e delle scelte più scellerate che l’hanno seguito. Penso a
quelle duecentoventicinquemila persone che sono morte in Afghanistan, in Iraq,
in Pakistan nelle guerre che abbiamo iniziato e mai finito dopo l’11 settembre.
Nessuno sa realmente quante siano perché nessuno è mai riuscito effettivamente a
contarle. Nessuno conosce i loro nomi, nessuno ha raccolto le loro foto, nessuno
ha ricostruito le loro storie, nessuno sta costruendo in loro onore un
memoriale, nessuno è andato a incontrare a scusarsi con i loro familiari,
nessuno si è preso cura di loro. Eppure anche loro sono morte a causa dell’11
settembre. Eppure anche loro erano quasi tutti innocenti. La loro sola colpa è
stata di nascere nel posto sbagliato con il regime sbagliato. Non
dimentichiamoli, dunque. Anche loro hanno diritto di entrare nella nostra
memoria collettiva e nonostante qualcuno cerchi di cancellarli, ci entreranno.
Perché la storia non si cancella.

PS: Aggiungo una sola breve considerazione sul bilancio di questo
decennio. L’11 settembre 2001 la storia ha fatto un passo indietro. Pochi giorni
dopo, il 7 ottobre, la storia ne ha fatto un altro. Molti altri passi indietro
sono poi seguiti e oggi ci ritroviamo prigionieri di una gravissima crisi
economica da cui non sappiamo come uscire. Questa è la storia di noi occidentali
ma non di tutto il mondo. Per un’altra parte dell’umanità il bilancio di questo
decennio è tutt’altro che negativo. Mentre noi spendevamo oltre 4 trilioni di
dollari per fare la guerra altri investivano sullo sviluppo. Così noi oggi ci
ritroviamo più poveri e insicuri e loro hanno ritmi di crescita impressionanti.
Loro sono andati avanti. Noi siamo andati indietro. Noi piangiamo e loro
festeggiano. Probabilmente il 12 settembre dovevamo imboccare un’altra strada.
Quando verrà il giorno in cui potremo esclamare: “Meglio tardi che
mai”?

Flavio Lotti
Coordinatore nazionale della Tavola della
pace

Perugia, 10 settembre 2011