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AMAZZONIA: “BASTA VIOLENZE CONTRO GLI INDIGENI” A colloquio con la relatrice speciale dell’Onu sui diritti delle popolazioni indigene. di Anna Moccia

Fonte: Nigrizia.it

Foto credits: The Hoard Planet

«Guardo con fiducia a quello che avverrà durante questo Sinodo e alla capacità della Chiesa di compiere dei passi concreti per incarnare la realtà degli indigeni e arrivare ad azioni concrete per proteggere le popolazioni e, in generale, l’Amazzonia. Mi piacerebbe che si arrivi a una dichiarazione forte contro le diverse violazioni dei diritti umani, gli omicidi che avvengono in queste terre e la criminalizzazione degli indigeni».

Con queste parole inizia la sua intervista con Nigrizia la relatrice speciale dell’Onu sui diritti dei popoli indigeni Victoria Tauli-Corpuz a margine della presentazione del volume “Frontiera Amazzonia. Viaggio nel cuore della terra ferita”, edito dalla Emi, che si è tenuta nella sede di Vatican News – Radio Vaticana Italia.

«In qualità di rappresentante per le Nazioni Unite per i diritti degli indigeni – dichiara Victoria Tauli-Corpuz – ho avuto modo di andare in Brasile e anche in Ecuador, e di vedere quello che sta accadendo. Ma è bene che queste cose siano sotto gli occhi di tutti, per cui questo Sinodo è fondamentale perché rende visibili i problemi delle popolazioni e rappresenta un modo concreto per far vedere quello che la Chiesa può fare e le alternative che si possono costruire in questi territori. Le proposte in termini di ecologia integrale e interculturalità sono molto importanti per queste popolazioni che non solo resistono ma stanno costruendo attivamente reciprocità, solidarietà e comunità».

Victoria Tauli-Corpuz è costantemente in contatto con le comunità indigene presenti nel mondo. Lei stessa è una leader indigena del popolo Kankanaey Igorot, originario delle Filippine. Racconta che una parte fondamentale del suo impegno all’Onu consiste nell’assicurarsi che i diversi stati rispettino i diritti degli indigeni ma anche nel denunciare le diverse violazioni e cercare soluzioni ai problemi che questi popoli devono affrontare.

«Per aver denunciato le violazioni dei diritti della popolazione autoctona del mio paese natale sono anche finita nella lista dei terroristi – racconta l’inviata Onu – e per mesi ho vissuto sotto minaccia. In realtà ricevo continuamente minacce anche da alcune corporazioni, quando parlo apertamente di quello che fanno, ma tutto questo fa parte del mio lavoro».

«Non che il compito dei leader indigeni sia più facile – aggiunge – perché ci sono molte responsabilità, devi avviare un dialogo diretto con i decisori e poi bisogna riportare alle comunità quanto è stato deciso o detto. Ma devi soprattutto dare al tuo popolo la forza e il coraggio per resistere alle continue violazioni dei suoi diritti».

La speranza di Tauli-Corpuz è riposta nei giovani: «per me ‘essere indigeno’ vuol dire soprattutto saper trasmettere i valori di reciprocità e armonia con la natura alle nuove generazioni, perché sono questi valori che li aiuteranno a fronteggiare sfide importanti come quella del cambiamento climatico o la crescente erosione delle diversità culturali.

Si tratta anche di orientare i giovani verso quelle aziende che rispettano i diritti umani, che trattano i lavoratori con dignità. Quando compriamo un prodotto assicuriamoci che non stia violando l’ambiente o i diritti delle persone e denunciamo i comportamenti illegali. Questo ci dà forza e può incoraggiare una conversione ecologica e un’educazione integrale».