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Si dicono cristiani e fabbricano armi

Papa a Torino - foto di Gabriele Bolognesi-8

Torino 21.6. 2015
…E grazie a te, Sara, appassionata di teatro. Grazie. “Penso alle parole di Gesù: Dare la vita”. Ne abbiamo parlato adesso. “Spesso respiriamo un senso di sfiducia nella vita”. Sì, perché ci sono situazioni che ci fanno pensare: “Ma, vale la pena vivere così? Cosa posso aspettarmi da questa vita?”. Pensiamo, in questo mondo, alle guerre. Alcune volte ho detto che noi stiamo vivendo la terza guerra mondiale, ma a pezzi. A pezzi: in Europa c’è la guerra, in Africa c’è la guerra, in Medio Oriente c’è la guerra, in altri Paesi c’è la guerra… Ma io posso avere fiducia in una vita così? Posso fidarmi dei dirigenti mondiali? Io, quando vado a dare il voto per un candidato, mi posso fidare che non porterà il mio Paese alla guerra? Se tu ti fidi soltanto degli uomini, hai perso! A me fa pensare una cosa: gente, dirigenti, imprenditori che si dicono cristiani, e fabbricano armi!
Questo dà un po’ di sfiducia: si dicono cristiani! “No, no, Padre, io non fabbrico, no, no… Soltanto ho i miei risparmi, i miei investimenti nelle fabbriche di armi”. Ah! E perché? “Perché gli interessi sono un po’ più alti…”. E anche la doppia faccia è moneta corrente, oggi: dire una cosa e farne un’altra. L’ipocrisia…
Ma vediamo cosa è successo nel secolo scorso: nel ’14, ’15, nel ’15 propriamente. C’è stata quella grande tragedia dell’Armenia. Tanti sono morti. Non so la cifra: più di un milione certamente. Ma dove erano le grandi potenze di allora? Guardavano da un’altra parte. Perché? Perché erano interessate alla guerra: la loro guerra! E questi che muoiono, sono persone, esseri umani di seconda classe. Poi, negli anni Trenta-Quaranta, la tragedia della Shoah. Le grandi potenze avevano le fotografie delle linee ferroviarie che portavano i treni ai campi di concentramento, come Auschwitz, per uccidere gli ebrei, e anche i cristiani, anche i rom, anche gli omosessuali, per ucciderli lì. Ma dimmi, perché non hanno bombardato quello? L’interesse! E un po’ dopo, quasi contemporaneamente, c’erano i lager in Russia: Stalin… Quanti cristiani hanno sofferto, sono stati uccisi! Le grandi potenze si dividevano l’Europa come una torta. Sono dovuti passare tanti anni prima di arrivare a una “certa” libertà. C’è quell’ipocrisia di parlare di pace e fabbricare armi, e persino vendere le armi a questo che è in guerra con quello, e a quello che è in guerra con questo!
Io capisco quello che tu dici della sfiducia nella vita; anche oggi che stiamo vivendo nella cultura dello scarto. Perché quello che non è di utilità economica, si scarta. Si scartano i bambini, perché non si fanno, o perché si uccidono prima che nascano; si scartano gli anziani, perché non servono e si lasciano lì, a morire, una sorta di eutanasia nascosta, e non si aiutano a vivere; e adesso si scartano i giovani: pensa a quel 40% di giovani, qui, senza lavoro. E’ proprio uno scarto! Ma perché? Perché nel sistema economico mondiale non è l’uomo e la donna al centro, come vuole Dio, ma il dio denaro. E tutto si fa per denaro. In spagnolo c’è un bel detto che dice: “Por la plata baila el mono”. Traduco: “Per i soldi, anche la scimmia balla”. E così, con questa cultura dello scarto, ci si può fidare della vita?, con quel senso di sfida [che] si allarga, si allarga, si allarga? Un giovane che non può studiare, che non ha lavoro, che ha la vergogna di non sentirsi degno perché non ha lavoro, non si guadagna la vita. Ma quante volte questi giovani finiscono nelle dipendenze? Quante volte si suicidano? Le statistiche dei suicidi dei giovani non si conoscono bene. O quante volte questi giovani vanno a lottare con i terroristi, almeno per fare qualcosa, per un ideale. Io capisco questa sfida. E per questo Gesù ci diceva di non riporre le nostre sicurezze nelle ricchezze, nei poteri mondani. Come mi posso fidare della vita? Come posso fare, come posso vivere una vita che non distrugga, che non sia una vita di distruzione, una vita che non scarti le persone? Come posso vivere una vita che non mi deluda?
E passo a dare la risposta alla domanda di Luigi: lui parlava di un progetto di condivisione, cioè di collegamento, di costruzione. Noi dobbiamo andare avanti con i nostri progetti di costruzione, e questa vita non delude. Se tu ti coinvolgi lì, in un progetto di costruzione, di aiuto – pensiamo ai bambini di strada, ai migranti, a tanti che hanno bisogno, ma non soltanto per dar loro da mangiare un giorno, due giorni, ma per promuoverli con l’educazione, con l’unità nella gioia degli Oratori e tante cose, ma cose che costruiscono, allora quel senso di sfiducia nella vita si allontana, se ne va. Cosa devo fare per questo? Non andare in pensione troppo presto: fare. Fare. E dirò una parola: fare controcorrente. Fare controcorrente. Per voi giovani che vivete questa situazione economica, anche culturale, edonista, consumista con i valori da “bolle di sapone”, con questi valori non si va avanti. Fare cose costruttive, anche se piccole, ma che ci riuniscano, ci uniscano tra noi, con i nostri ideali: questo è il migliore antidoto contro questa sfiducia della vita, contro questa cultura che ti offre soltanto il piacere: passarsela bene, avere i soldi e non pensare ad altre cose…
Tante volte, le pubblicità vogliono convincerci che questo è bello, che questo è buono, e ci fanno credere che sono “diamanti”; ma, guardate, ci vendono vetro! E noi dobbiamo andare contro questo, non essere ingenui. Non comprare sporcizie che ci dicono essere diamanti.
E per finire, vorrei ripetere la parola di Pier Giorgio Frassati: se volete fare qualcosa di buono nella vita, vivete, non vivacchiate. Vivete!