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Palestina, pronta la terra per le colonie

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Aspettando John Kerry, Israele ha raso al suolo i terreni del villaggio di Mazraa al-Qibliya senza neanche aspettare i due mesi concessi ai contadini per fare ricorso.
Le autorità militari israeliane hanno spianato ieri la terra palestinese destinata a 255 nuove unità abitative per coloni nella Cisgiordania occupata. Niente di nuovo, se non fosse che i legittimi proprietari dei terreni avevano 60 giorni di tempo per fare ricorso, ma Tel Aviv non ha aspettato. E’ cominciata così l’ennesima appropriazione illegale del suolo palestinese nel villaggio di Mazraa al-Qibliya, 50 chilometri a nord di Gerusalemme, a poche ore dall’arrivo in Palestina del segretario di Stato americano John Kerry, pronto a rilanciare un processo di pace seppellito giorno dopo giorno dalla terra scavata dai bulldozer israeliani.

Le 255 costruzioni, che fanno parte delle 800 nuove unità abitative annunciate da Tel Aviv lo scorso ottobre, erano state approvate il 7 novembre dalle autorità militari israeliane e destinate alla colonia illegale di Nahlei Tal. “Le autorità di occupazione – ha raccontato Abdallah Lawadeh all’AFP – ci hanno informato, attraverso notifiche ai proprietari dei terreni, che le nuove case di coloni sarebbero state costruite nel villaggio. I proprietari avevano due mesi di tempo per presentare ricorso, ma le autorità non hanno atteso: hanno raso al suolo la terra e vi hanno piazzato alloggi temporanei per gli israeliani”.

Migliaia di nuove costruzioni per coloni sono state annunciate dallo Stato ebraico dall’inizio dei colloqui di pace nel mese di luglio: una tattica con la quale Tel Aviv spera di provocare Ramallah al punto da spingerla ad abbandonare il tavolo negoziale. E attribuirle la colpa del fallimento del processo di pace, screditandola – come ha sempre fatto – agli occhi ciechi della comunità internazionale.

Una tattica che si alimenta anche di bugie e false dichiarazioni: come quella, rilasciata qualche tempo dopo la liberazione di 26 prigionieri politici palestinesi lo scorso ottobre, secondo la quale gli annunci di nuove costruzioni negli insediamenti farebbero parte di un accordo raggiunto con l’ANP per rilanciare i colloqui di pace. Parole smentite categoricamente dalla delegazione palestinese, che a ogni nuovo annuncio presenta una lettera di dimissioni puntualmente respinta dal presidente Abu Mazen, pronto a rimanere seduto al tavolo negoziale fino ad aprile, tempo massimo concordato per la firma di un’intesa.

Ma ad accogliere Kerry in Palestina non ci saranno solo i bulldozer israeliani: questa mattina 36 Ong – tra cui Oxfam, Amnesty e Human Rights Watch – hanno rilasciato una dichiarazione congiunta perché Israele smetta di demolire le case palestinesi. “Dalla ripresa del processo di pace nel mese di luglio – si legge nel comunicato – Israele ha distrutto 207 case e proprietà palestinesi nella Cisgiordania occupata, sfollando 311 palestinesi, oltre la metà dei quali sono bambini. Le demolizioni spesso si verificano per facilitare l’espansione degli insediamenti israeliani illegali, con il 60 per cento delle demolizioni che si verificano nelle comunità palestinesi vicino alle zone di insediamento”. Parole al vento per la comunità internazionale che, oltre che cieca, sembra anche sorda.

Roma, 4 dicembre 2013, Nena News