Nonostante gli appelli alla liberazione dei monitors, i rapitori ripetono che non saranno rilasciati sino a quando l’esercito non si ritirerà dal vicino villaggio di Jamla.
Le Filippine chiedono la liberazione immediata dei 21 connazionali della missione Undof dell’Onu sequestrati ieri dai ribelli islamisti siriani ai piedi delle Alture del Golan, porzione di territorio siriano occupato militarmente da Israele.
Manila fa sapere che sono in corso negoziati con i sequestratori appartenenti alle “Brigate dei Martiri di Yarmouk”, un gruppo armato che in passato ha compiuto esecuzioni sommarie sulle quali sta indagando Human Rights Watch. «La preoccupazione del governo filippino è di assicurare la sicurezza e l’incolumità dei nostri peacekeepers», ha detto il segretario del ministero degli esteri filippino, Albert del Rosario.
«Il sequestro dei caschi blu dell’Onu è il massimo del cinismo», commenta da parte sua, su twitter,il viceministro degli esteri russo russo Ghennadi Gatilov. «Tali azioni non sono mai sostenute da nessuno. La guerriglia non disdegna alcun metodo», osserva Gatilov.
Nonostante gli appelli alla liberazione degli ostaggi, i rapitori ripetono che gli osservatori non saranno rilasciati sino a quando l’esercito non si ritirerà dal vicino villaggio di Jamla. In caso contrario minacciano di trattarli come “prigionieri”, con tutte le conseguenze di questa condizione. Parole che preoccupano i funzionari dell’Undof, missione che vigila da metà degli anni 70 lungo le linee di armistizio tra Israele e Siria.
Gli sviluppi sono seguiti con attenzione anche a Tel Aviv poichè non è escluso un ritiro dell’Undof dal Golan. Una possibilità abbastanza remota ma non irrealistica, alla luce anche dell’aggravarsi della situazione in quella fascia di territorio siriano dove i ribelli armati attaccano con maggiore frequenza le truppe dell’esercito siriano.
Il sequestro dei 21 osservatori dell’Onu è avvenuto proprio nel giorno in cui la Gran Bretagna ha annunciato l’invio di automezzi blindati ai ribelli e la Lega araba ha dato libertà ai paesi membri di fornire armi a chi combatte Assad. In sostanza le armi che gli Stati Uniti e l’Europa non vogliono fornire direttamente alle formazioni ribelli, passeranno attraverso le petromonarchie del Golfo strette alleate dell’Occidente.
Roma, 7 marzo 2013, Nena News