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Tra i senza-fissa-dimora trova casa Dio. Il Natale degli esclusi

Dio per fare la “sua” storia non sceglie i potenti, bensì gli umili, i pover, gli invisibili. Per Lui però non c’è posto. Il Figlio di Dio, venuto ad abitare tra gli uomini, trova posto proprio tra coloro per i quali non c’era posto: Gesù viene alla luce come un figlio di persone escluse dall’ospitalità, di poveri pellegrini in cerca di una dimora. ENZO BIANCHI ci aiuta a vivere il Natale “decentrato” dai luoghi del potere.

Il Vangelo proclamato nella notte si apre con una cronaca che colloca  l’evento della nascita di Gesù nel contesto della storia mondiale:  l’imperatore in carica è Cesare Augusto, Quirinio è il governatore della terra in cui avviene questo parto, mentre Giuseppe e Maria sono dei  poveri sudditi dell’impero che devono sottomettersi ai potenti e  piegarsi ai loro voleri. L’imperatore ordina “un censimento di tutta la  terra”, specifica Luca, ponendo volutamente in contrasto la volontà  grandiosa di Cesare e ciò che accade per volontà di Dio a Betlemme.  L’evangelista ci fornisce dunque il quadro di una storia fatta dai  grandi e dai potenti di turno, una storia traversata dall’oppressione e  dal peccato del censimento: come dimenticare, infatti, che nell’Antico  Testamento il censimento è considerato un’orgogliosa pretesa che attenta alla signoria di Dio sui suoi figli (cf. 2Sam 24). Eppure proprio in questa storia si compie la promessa di Dio

 

Ma Dio per fare la “sua” storia non sceglie i potenti, bensì gli umili, i poveri: Maria, Giuseppe, i pastori dell’insignificante borgata di  Betlemme. Nell’evento della nascita di Gesù si registra una marginalità, un decentramento rispetto ai centri del potere politico e religioso;  per Giuseppe e Maria, giunti a Betlemme per farsi registrare quali  discendenti della stirpe di David, non c’è posto nel caravanserraglio.  Ebbene, proprio allora si compiono per Maria i mesi di quella gravidanza iniziata grazie a un’azione decisa e voluta da Dio: essa dà alla luce  il figlio primogenito ed è costretta a deporlo in una mangiatoia, in un  giaciglio di paglia. E così il Figlio di Dio, venuto ad abitare tra gli uomini, trova posto proprio tra coloro per i quali non c’era posto: Gesù viene alla luce come un figlio di persone escluse dall’ospitalità, di poveri pellegrini in cerca di una dimora. Ma un figlio così, nato  nella povertà, nell’umiltà, nella marginalità, chi poteva riconoscerlo?  Solo i poveri e gli umili: l’angelo che annuncia questa nascita a un  pugno di pastori che vegliano nella notte accanto al gregge ci ricorda  che ormai la povertà e l’umiltà sono i criteri essenziali per discernere la presenza di Dio!.

Ma il “decentramento” di questo evento si verifica anche nei confronti  delle attese messianiche di molti, delusi e scandalizzati di fronte a  tanta insignificanza, di fronte a una nascita che non si impone: è  questa la realizzazione delle promesse messianiche? La lunga attesa  della storia si riduce a questo? Certo, Gesù nasce a Betlemme, il  villaggio di David (cf. 1Sam 17,12; Mi 5,1), ma la profezia che sembra  adempiersi è piuttosto quella contenuta in un’oscura pagina di Geremia: “O Signore, speranza di Israele, suo salvatore nel tempo dell’angoscia,  perché sei come un forestiero sulla terra, come un viandante che va in  giro cercando dove pernottare? Perché appari come un uomo senza forza,  incapace di salvare? Eppure tu sei in mezzo a noi, Signore!” (Ger  14,8-9). La presenza di Dio in mezzo a noi riveste i panni della  debolezza, della piccolezza e persino dell’impotenza di un bambino, di  un infante che non sa neppure parlare! E così scandalizza e delude le  nostre ricerche di segni e prodigi, le nostre ansie di vedere Dio nella  potenza, nel prodigioso.

Dov’è Dio, ci chiediamo? Sì, Dio si è fatto vedere nel legno di una  mangiatoia per nascere, e si farà vedere sul legno di una croce per  morire: ma per noi questa è buona notizia o scandalo?

Enzo Bianchi

da monasterodibose.it