(11/11/11)
Che storia interessante che ci viene dall’ultima città europea in Turchia. Riguarda i Kurdi e forse per questo poco gradita ad uno stato come la Turchia che teme che se ne parli bene. Eppure questa gestione dei beni comuni ci dovrebbe insegnare qualcosa, come ad esempio che piuttosto che esportarla la democrazia dovremmo importarla.
Molti sanno delle persecuzioni subite dai Kurdi da parte della Turchia. Forse un poco di meno sanno del genocidio degli Armeni avvenuto nel 1915 prima della nascita dello stato turco. Genocidio (il primo così chiamato) che è poi scomparso dai giornali a causa del ruolo strategico che la Turchia rappresentava a causa della nascita dell’URSS. Pochi sanno che i Kurdi parteciparono in alcune occasioni al genocidio degli Armeni a seguito di promesse, mai mantenute, di ottenere una certa indipendenza.
Buona lettura dell’articolo e buona ricerca della verità sui genocidi caduti nel dimenticatoio a causa di real politik o di democrazia esportata.
(fd)
INTERVISTA a SEDAT TORE di ORSOLA CASAGRANDE
Il conflitto armato con il Pkk, la partita della nuova Costituzione in Turchia.
Intervista a Sedat Tore, sindaco kurdo dell’«ultima città d’Europa», al confine
con Iran e Iraq. Nel Kurdistan turco
Sedat Tore è il sindaco della città di Semdinli, Kurdistan turco, «l’ultima città d’Europa», come
la definisce lui stesso. Al confine con Iran e Iraq. Città in guerra, sotto assedio, salita alle
cronache tristemente nel 2005 perché una bomba a una libreria (dall’efficace nome Umut,
speranza) ha rivelato ancora una volta la collusione tra Stato e Jitem (corpo speciale di
controguerriglia, interno all’esercito responsabile di tante sparizioni e omicidi).In queste
settimane Semdinli è stata nuovamente colpita al cuore: l’esercito turco bombarda le montagne
che la circondano e la polizia ha ucciso tre civili in un conflitto a fuoco con i guerriglieri del Pkk
(Partito dei Lavoratori del Kurdistan). La repressione è anche politica con il comune, governato
dal Bdp (Partito della Pace e democrazia, di sinistra e primo partito fra i kurdi) decimato dagli
arresti.
Sindaco, che cosa significa governare in una città come Semdinli (che ha circa 53 mila
abitanti compresi i villaggi annessi)?
Semdinli è un luogo creato dalle potenze del capitalismo moderno, Iran e Iraq, dopo la seconda
guerra mondiale e oggi si trova in un territorio compreso tra il Kurdistan dell’est e il Kurdistan
del sud, diviso da confini che non riconosce. Questi confini artificiali in realtà non hanno alcuna
legittimità morale né sociologica, proprio perché sono stati disegnati da potenze imperiali che
non hanno chiesto il parere della gente che in quel territorio viveva. Questi confini sono quelli
che hanno limitato amore, amicizia, felicità, che hanno diviso famiglie e tentato di distruggere
una memoria comune. Per anni, la gente di questa regione non ha ottenuto risposta quando
chiedeva un passaporto per poter visitare i familiari che stavano dall’altra parte del confine. Le
radici comuni, le memorie comuni di questa gente sono state l’obiettivo da distruggere. Essendo
nato e cresciuto qui ho vissuto personalmente quello che sto raccontando. I miei sentimenti
sono quelli della gente con cui vivo. C’è una guerra che dura da trent’anni, siamo stati costretti
a vivere in circostanze di repressione e occupazione. Io sono nato nel 1983, i primi quattro anni
di vita li ho passati sotto la legge marziale, quindi fino al 2003 sotto le leggi straordinarie e
d’emergenza. Come amministratori siamo consapevoli di avere una grande responsabilità, non
solo nel rispondere ai bisogni locali della gente che cerca di vivere in queste condizioni, ma
anche nel lavorare affinché un processo di pace sia realmente avviato. Perché la gente a
Semdinli e in Kurdistan si aspetta di vivere superando i traumi di una guerra che purtroppo è
invece ancora molto presente.
Infatti Semdinli è stata di recente nuovamente sotto attacco. Il vicesindaco e alcuni
consiglieri sono stati arrestati.
Gli arresti si sono verificati il 14 ottobre, dopo violente perquisizioni. Diciannove politici sono
stati arrestati. Accusati di essere parte del Kck (Confederazione della comunità kurde,
considerato il braccio urbano del Pkk), gli è stato rinfacciato di aver partecipato alla
commissione legale del Bdp creata per stabilire e rispondere ai bisogni locali, infrastrutturali e
sociali e trovare, assieme ai cittadini, soluzioni comuni e condivise. Questo modello di
organizzazione in commissioni è simile in ogni partito politico in Turchia. E’ evidente che lo stato
e il governo vogliono boicottare il lavoro delle municipalità del Bdp attraverso gli arresti e la
repressione. Gli arresti poi mirano a colpire il progetto di Autonomia Democratica portato avanti
dal nostro partito. Un modello per la Turchia, non solo per il Kurdistan.
Che cosa è il modello di Autonomia Democratica?
È un modello di governo politico elaborato studiando trent’anni di esperienza del movimento
politico kurdo. Un modello che si basa essenzialmente su tre principi: è democratico,
ecologicamente sostenibile e promuove la liberazione di genere. Questo modello propone una
piena partecipazione pubblica nella governance per rimuovere le carenze create da approcci
elitari e autoritari che sono il risultato di una partecipazione indiretta del popolo, attraverso la
democrazia rappresentativa. Invece che una democrazia rappresentativa noi proponiamo una
democrazia diretta. Questo sistema considera l’ecosostenibilità come base della vita. Questo
paradigma promuove anche la liberazione di genere. Non ritiene la diversità di genere come
l’unica causa dei problemi sociali. Consapevoli che la modernità capitalista non ha emancipato le
donne ma le ha rese ancora più vulnerabili il progetto propone di respingere gli approcci e
pratiche di genere così come sono stati creati da cinquemila anni di sistema patriarcale.
La grande partita in parlamento è la scrittura di una nuova Costituzione. Il Bdp che cosa
propone?
L’elaborazione della nuova Costituzione in Turchia offre una possibilità anche nella risoluzione
della questione kurda ormai in cancrena e in questo senso è specularmente l’ultima possibilità di
redarre un testo che sia la base di una convivenza possibile tra kurdi e turchi. Quanto a quello
che noi vorremo vedere nella costituzione, direi: la garanzia di tutte le identità, culture, lingue e
credo che vivono in Turchia. Una garanzia che dovrebbe basarsi sulla cittadinanza costituzionale.
Garantire l’uso della madre lingua senza restrizioni e condizioni in ogni situazione, compresa la
sfera pubblica. L’istruzione nella propria madre lingua dovrebbe essere riconosciuta come diritto
costituzionale. Dovrebbe poi essere definita come pubblica responsabilità la difesa e protezione e
lo sviluppo di tutte le culture che vanno tramandate alle generazioni future. Ci deve essere un
passo avanti decisivo verso un sistema di governo decentrato che riduca il potere dello stato e
ampli le libertà civili, cessi il sistema di tutele e consenta la piena realizzazione della sovranità
popolare. In questo contesto, l’autorità dell’autonomia – che deve essere riconosciuto a livello
regionale – e dei consigli regionali, provinciali e municipali dovrebbe essere aumentata.
L’intromissione dello stato e del governo nelle organizzazioni dei lavoratori devono essere
eliminate. Così come deve essere garantito il diritto dei lavoratori di organizzarsi e lottare,
compreso il diritto a una negoziazione nazionale dei contratti e allo sciopero. Questi dovrebbero
essere diritti protetti dalla Costituzione. Ogni ostacolo alla partecipazione delle donne nella vita
sociale, politica, economica e culturale deve essere eliminato. La violenza e la discriminazione
nei confronti delle donne vanno riconosciuti come crimini contro l’umanità e i diritti delle donne
vanno regolati in un capitolo specifico della nuova costituzione. La libertà di espressione, il
diritto di associazione, la libertà di stampa vanno garantiti e definiti nella nuova costituzione e
regolati in paese alla convenzione europea per i diritti umani e alle convenzioni Onu. La
protezione della natura e misure per prevenire il deteriorarsi dell’equilibrio ecologico va garantito
a livello costituzionale. 9. Lo sbarramento elettorale del 10% va ridotto al livello presente nelle
democrazie avanzate e questa riduzione va garantita costituzionalmente.