Carla Bellani
I sud sudanesi desiderano elezioni democratiche, libere e pacifiche, ma si prospetta un clima di grande tensione e insicurezza.
Nel dicembre 2024, il Sud Sudan dovrebbe tenere le sue prime elezioni generali, in conformità con l’accordo di pace di Addis Abeba del 2018, che ha posto fine alla guerra civile iniziata nel 2013, due anni dopo l’indipendenza del paese dal Nord. Una guerra scatenata dallo scontro tra il presidente Salva Kiir e il suo vice Riek Machar.
L’organismo che monitora l’attuazione dell’accordo di Addis Abeba (RJMEC) chiede al paese un impegno deciso per creare “un contesto che faciliti lo svolgimento di elezioni libere, imparziali e credibili.” Tuttavia, numerosi fattori potrebbero influire negativamente sull’appuntamento elettorale.
Preoccupano le condizioni di sicurezza, date le milizie armate ancora attive in varie zone del paese. Alcuni movimenti di opposizione nelle regioni Equatoria e Bahr el Ghazal che non hanno firmato l’accordo di Addis Abeba, godono di un buon seguito nelle loro aree e non possono essere esclusi dal processo politico. Per questo motivo, negli ultimi anni sono state condotte trattative prima tramite la mediazione della Comunità di Sant’Egidio e oggi sotto l’egida del presidente keniota William Ruto.
Le prossime elezioni richiedono anche significativi compiti istituzionali, come la revisione della Costituzione del 2018, la nomina di organismi di controllo terzi come la Corte Costituzionale e la riforma della giustizia. Inoltre, è necessario organizzare un sistema elettorale in grado di censire la popolazione, gestire la partecipazione dei partiti e dei cittadini, e garantire la sicurezza delle operazioni di voto con un esercito nazionale unitario.
Questi interventi richiedono tempi più lunghi rispetto alla data elettorale di dicembre e risorse economiche adeguate, che attualmente mancano. Importanti proventi del petrolio, risorsa fondamentale del Sud Sudan, stanno venendo meno perché il principale oleodotto che trasporta il petrolio al Mar Rosso, attraversando il Sudan in guerra, è stato danneggiato dagli attacchi e le esportazioni bloccate. Il Sud Sudan oggi affronta una grave crisi economica e finanziaria, aggravata anche dall’appropriazione indebita delle risorse pubbliche da parte dell’élite al potere, ed è un paese indebitato per i prestiti con banche estere.
Il quadro sociale risultante è tragico. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), circa l’80% della popolazione vive sotto la soglia della povertà assoluta; l’insicurezza alimentare è diffusa, e vi sono flussi di profughi in arrivo dalla guerra in Sudan. Nonostante ciò, la spesa militare è aumentata del 50% nel 2022 rispetto all’anno prima. In questo contesto economico difficile, segnato da crisi sociale, tensioni politico-militari e incertezze sulla road map elettorale, c’è però una Coalizione popolare che lavora per riportare il potere nelle mani dei civili. South Sudan civil rights movement demands return of power to civilians – Sudans Post