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Kais Saied, solo al mondo

Kafka Arrossisce

La Banca mondiale ha annunciato, lunedì, la sospensione delle discussioni con la Tunisia riguardanti i partenariati che definiscono gli orientamenti strategici delle operazioni a medio termine (2023 – 2027). Ciò in seguito alle dichiarazioni del presidente Kais Saied sui migranti subsahariani, il 21 febbraio, e la campagna di violenza razzista che ha generato. Una reazione che avviene 10 giorni dopo la ferma condanna delle dichiarazioni di Saied dal presidente della commissione dell’Unione Africana. La Guinea, la Costa d’Avorio e il Mali hanno organizzato velocemente il rimpatrio dei loro cittadini. Delle campagne di boicottaggio dei prodotti tunisini sono state lanciate in Senegal. E in Guinea, gli importatori hanno deciso di sospendere le loro operazioni con la Tunisia.

E non è la prima battuta d’arresto subita dalla Tunisia di fronte a delle autorità continentali. Lo scorso 22 settembre, la Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli ha chiesto alla Tunisia di abrogare il controverso decreto 117 che attribuisce a Saied i pieni poteri. Fedele a se stesso, il capo dello stato non ha rivisto il documento. E non ha fatto che aggravare il suo caso: il 30 maggio 2022, ha dichiarato i membri della Commissione di Venezia personae non grata in Tunisia. All’origine di questa decisione, un rapporto emesso da questo organo consultivo del Consiglio d’Europa sulle questioni costituzionali, il 27 maggio. La Commissione di Venezia ha sottolineato l’incongruità dell’annuncio di una data del Referendum prima della pubblicazione del testo del progetto della nuova Costituzione, criticando l’assenza di regole chiare stabilite in anticipo.

Espulsioni e personae non grata
Quando si tratta di isolarsi, Saied è piuttosto dotato. Il 18 febbraio, ha dichiarato Esther Lynch, la segretaria generale della Confederazione dei sindacati europei, persona non grata. Il 2 marzo, Marco Perez Molina, incaricato della cooperazione con l’Africa e l’Asia è stato respinto all’aeroporto di Tunisi. A 14 altri rappresentanti di organizzazioni sindacali internazionali è stato impedito di venire ad esprimere la propria solidarietà con l’Ugo (il principale sindacato tunisino, ndr) in piena mobilitazione contro le politiche di Kais Saied. Secondo il portavoce dell’Ugtt, Sami Tahri, il governo ha notificato all’Ugtt, attraverso il ministro degli Affari sociali Malek Zahi, il divieto di accesso al territorio tunisino a questi responsabili sindacali. E le espulsioni diventano consuetudini. Così, il 19 gennaio, Hicham Alaoui, ricercatore all’Università di Harvard e principe dissidente marocchino, venuto ad intervenire in una conferenza dell’edizione araba del Mondo diplomatico, è stato respinto. Ancora una testimonianza forte dell’autoritarismo di Saied avvolto in un mantello sovranista.
Erosioni diplomatiche

Ad ovest, nervosismi diplomatici con l’Algeria. Ad est, la Libia si costruisce da sola, senza nessuna partecipazione tunisina degna di nota, compresi gli sforzi di pacificazione. E questo, dopo diverse fasi turbolenti. Le relazioni con il Marocco rimangono tese dalla crisi scoppiata a fine agosto. La Francia è sempre più distante. Quanto all’Unione Europea, “segue con preoccupazione gli sviluppi recenti in Tunisia”, secondo le parole di Jospeh Borrell, Alto rappresentante dell’Ue, il 23 febbraio. Il non aver messo in piedi una missione d’osservazione elettorale durante le legislative la dice lunga sulla contrazione europea. La situazione è molto preoccupante, al punto che i ministri degli affari esteri europei pongono la situazione della Tunisia all’ordine del giorno del loro prossimo consiglio, previsto il 20 marzo 2023. Da parte loro, gli Usa sono molto critici. Il nuovo ambasciatore Joey R. Hood, nominato lo scorso 27 luglio, ha annunciato tra le sue priorità “il ripristino rapido di un governo democratico”. E, chiaramente, ne siamo molto lontani.

Solo a Cartagine

Kais Saied si rivela sempre più solo a Cartagine. Nelle sue disavventure diplomatiche, ha perso uno dei suoi rari collaboratori di lunga data; il ministro degli Affari esteri Othman Jerandi, che ha occupato questa carica da settembre 2020 a febbraio 2023. E questo dopo aver avuto numerose dimissioni e licenziamenti. Degli alleati nella redazione della nuova costituzione, tra cui i costituzionalisti Mohamed Amine Mahfoudh e Sadok Belaid, hanno finito per rinnegarlo. A livello di partiti politici, ha perduto tutti i sostegni dal suo colpo di forza del 25 luglio. Compresi i sostegni critici e i più indecisi, ad eccezione del Movimento del Popolo. La rottura sembra aver avuto luogo con l’Ugtt che è riuscita nelle sue mobilitazioni regionali così come nella marcia federatrice di sabato scorso. Non gli resta che sperare che i deputati (eletti individualmente) della nuova assemblea possano strutturarsi per formare di blocchi che possano dargli un sostegno politico.
L’editoriale, a firma di Thameur Mekki, è stato pubblicato su Nawaat.