Nicoletta Dentico, responsabile del programma di salute globale di Society for International Development
A tre anni dall’arrivo di Covid19, tutto il mondo si dimena nell’ambizione di building back better – rifare meglio quello che c’era prima del trauma globale prodotto dalla pandemia. Papa Francesco evidentemente non ha intenzione di percorrere la stessa strada. Il messaggio per la 56ma Giornata Mondiale della Pace ci riporta nel vivo di questa vicenda, fa memoria dei significati più dolorosi e ruvidi della crisi sanitaria, in buona parte già rimossi, per indugiare ancora nelle pieghe sgualcite che la pandemia ha lasciato, in forme diverse, nella società planetaria. Non è ancora il tempo di distendere quelle pieghe, dice il Messaggio. Tre anni sono passati ma le ferite della pandemia, che non era una guerra, pulsano ancora nelle storie individuali e familiari di chi le ha subite con maggior virulenza. La storia senza precedenti che Covid19 ha scatenato, in larga misura per la grossolana incapacità del mondo di collaborare di fronte alle avversità, ha toccato “i nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze”. Mi trovo in India, il paese che può testimoniare come pochi altri la ferocia di queste contraddizioni e disuguaglianze.
Adesso è il momento per farsi le necessarie domande sulla gestione del mondo. Adesso è il tempo “per lasciarsi interrogare” dal senso di sconfitta e amarezza che tutto il mondo ha provato. Non servono spinte in avanti per un facile soluzionismo immunitario, occorre piuttosto addentrarsi nelle profondità di un’analisi che permetta di interiorizzare spiritualmente le grandi consapevolezze generate dalla pandemia – siamo una sola grande comunità di individui fragili, non bastanti a sé stessi. Anche perché, come dice Papa Francesco, un altro flagello oscura la contemporaneità, la sciagura che la guerra in Ucraina ha portato in Europa e nel mondo. La guerra, follia senza ritorno dalla quale il mondo non è ancora vaccinato.
La nozione di salute pubblica deve essere rivisitata, per abbracciare la necessità di azioni di pace che mettano fine ai conflitti, per prendersi cura della casa comune devastata dalla nostra presenza invasiva e violenta, per combattere la fame e il virus delle disuguaglianze, e garantire un lavoro dignitoso a tutti e tutte, per sviluppare politiche di accoglienza verso chi migra e chi si sente emarginato da questa società. Questa la differenza di Francesco. Uno sguardo al passato per guardare all’orrore del presente e definire i contorni del futuro del tutto fuori dagli schemi cinici della politica attuale. Inimmaginabile, in apparenza, sotto il peso ferocia bellica in corso. Eppure, quanto mai necessario se vogliamo resistere su questo pianeta.