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Chiesa Italiana, molti cantieri per un sinodo fragile

Franco Ferrari, presidente della Rete dei Viandanti

Giro una riflessione ricavata da Franco Ferrari, presidente della Rete dei Viandanti, utile per riflettere sulla continuazione del cammino sinodale. S.P.

Il Cammino sinodale della Chiesa italiana è ora nel bel mezzo della prima delle tre fasi (narrativa, sapienziale, e profetica) in cui è stato articolato. La fase narrativa, che si sviluppa negli anni 2021-2023, si caratterizza per una duplice consultazione: una, che si è tenuta lo scorso anno, in funzione del Sinodo dei vescovi che si terrà nel 2023; l’altra, che si avvia ora, dedicata ad alcune priorità che i vescovi hanno individuato a partire dalla Sintesi nazionale della fase diocesana.

Annose questioni che affaticano il passo
La Sintesi, elaborata sulla base dei documenti ricevuti dalle diocesi, mette in evidenza come il percorso abbia rimesso in movimento “comunità, a volte stanche e ripiegate su se stesse” e, pur in un ottimismo di fondo, segnala i molti problemi che attraversano la Chiesa italiana. Tra le “annose questioni che affaticano il passo” si elencano: “il clericalismo, lo scollamento tra la pastorale e la vita reale delle persone, l’afasia di alcune liturgie”.   Non si tace poi che: “l’emarginazione dei laici riguarda prevalentemente le donne”; “la mancanza di trasparenza ha favorito insabbiamenti e omissioni su questioni cruciali quali la gestione delle risorse economiche e gli abusi di coscienza e sessuali”; “la Chiesa appare troppo ‘pretocentrica’ e questo deresponsa-bilizza”; “il mancato o inefficace funzionamento degli organismi di partecipazione: diverse comunità ne sono prive, mentre in molti casi sono ridotti a una formalità, a giustificazione di scelte già definite”.

La sinodalità trova poi in seria difficoltà preti e vescovi. Si rileva, infatti, che “non va sottaciuta la fatica a suscitare un coinvolgimento cordiale di una porzione non trascurabile del clero, che ha visto il Cammino sinodale con una certa diffidenza”, pur segnalando anche “il senso di fatica e solitudine” dei preti. Circa i vescovi si osserva in modo sfumato che “non è risultata scontata la sintonia tra le modalità ordinarie di esercizio del ministero episcopale e l’assunzione di uno stile pienamente sinodale”.

I cantieri di Betania
Nelle singole diocesi si è avviato il secondo anno di ascolto relativo, in modo specifico, al cammino sinodale della Chiesa italiana. Il documento di riferimento, già diffuso dalla Cei nel luglio scorso, ha il suggestivo titolo “I  cantieri di Betania”, prendendo spunto dal racconto del Vangelo secondo Luca al capitolo 10 (vv. 38-42). Ad esso è stata fatta seguire, in settembre, la guida operativa (vademecum)

I cantieri di Betania presentano già le scelte che orienteranno la consultazione di questo secondo anno. Le priorità pastorali individuate a partire dalle sintesi diocesane sono indicate così: “crescere nello stile sinodale e nella cura delle relazioni; approfondire e integrare il metodo della conversazione spirituale; continuare l’ascolto anche rispetto ai “mondi” meno coinvolti nel primo anno; promuovere la corresponsabilità di tutti i battezzati; snellire le strutture per un annuncio più efficace del Vangelo”.   Queste priorità vengono mixate nei tre cantieri proposti seguendo la metafora di Betania; i cantieri: “della strada e del villaggio”, “dell’ospitalità e della casa”, “delle diaconie e della formazione spirituale”, ve n’è poi un quarto lasciato alla libera scelta delle diocesi.

Il metodo
I due documenti, Cantieri e guida operativa, richiamano il metodo della conversazione spirituale. Una modalità ritenuta funzionale agli incontri in quanto crea un clima “che evita logiche di contrapposizione o dibattiti superficiali”, inoltre “l’attenzione alle risonanze profonde con l’esclusione di forme di dibattito o discussione” permette di non sentirsi giudicati e spinge “a entrare in contatto con il piano delle emozioni e dei sentimenti” ritenuto “più profondo di quello della logica e dell’argomentazione razionale”.

Questo metodo, – che sembra più appropriato, nella sua dinamica, ad incontri di scambio spirituale come suggerisce il suo stesso nome (conversazione spirituale) -, ci sembra presenti qualche limite ed esprima un timore.  Il timore è che possano emergere conflitti e contrapposizioni all’interno di comunità che di fatto non sono abituate al libero confronto. Eppure la Sintesi nell’elencare le criticità riconosce che “tale disamina non si è connotata per i toni accesi della rivendicazione”.  Sul conflitto l’Evangelii gaudium  (nn. 226-228) osserva che “non può essere ignorato o dissimulato” e che occorre “risolverlo e trasformarlo” in un processo di maturazione che rende possibile “sviluppare una comunione nelle differenze”.

Ecco allora il limite. Il voler escludere “forme di dibattito”, – per restare sul piano delle esperienze, “delle emozioni e dei sentimenti” -, pensando di evitare i conflitti, limita la possibilità di maturare insieme visioni di Chiesa che possano affrontare quanto la Sintesi presenta come le “annose questioni che affaticano il passo”….

Alcuni elementi di fragilità
Il Cammino sinodale sembra presentare elementi di fragilità, che si dovrebbero considerare visto che la stessa Sintesi mette le mani avanti rispetto ad un possibile flop: “si è messo in luce il timore che l’entusiasmo e la voglia di partecipazione che l’esperienza dei gruppi sinodali ha generato possa spegnersi presto, se ad essa non viene data continuità e se il processo sinodale avviato non condurrà a cambiamenti concreti (prassi e istituzioni) nella vita delle comunità”.  Fin dalla “Carta d’intenti” (maggio 2021), si sottolinea l’importanza di avviare un cammino più che indicare il punto di arrivo. Si pensa che sarà poi la “stessa esperienza di cammino”, a far sperimentare una Chiesa sinodale.  Per la meta finale si accenna ad “un momento assembleare nel 2025, da definire”, che “cercherà di assumere alcuni orientamenti profetici e coraggiosi, da riconsegnare alle Chiese nella seconda metà del decennio”,,,

In secondo luogo non si può poi non osservare che le priorità indicate per i Cantieri di Betania sono molto distanti dalle urgenze delle “annose questioni” rilevate dalla Sintesi (v. p. 3) e in particolare nei paragrafi Celebrare (2.4) e Condividere (2.6). Le questioni sembrano scomparire all’interno dei tre grandi Cantieri, contraddicendo un poco il suggerimento di metodo del “delimitare”; in questa direzione, poi, non aiutano nemmeno le tre domande “di fondo” proposte. Quasi si avesse timore di esplicitare in modo ben definito le questioni centrali.

Infine, ma non per importanza, non sembra fuori luogo domandarsi se non occorra porre più al centro della vita ecclesiale questo importante percorso riservandogli il giusto tempo, prevedendo uno snellimento dei vari calendari (nazionale e diocesani) sia riguardo alle grandi iniziative sia a quelle più ordinarie…