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Sessanta giorni dopo…

mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia

“La guerra non nobilita l’uomo, lo fa diventare un cane rabbioso, avvelena l’anima”. All’alba di questo 25 di Aprile, giorno di San Marco Evangelista, ma anche Festa della Liberazione, lettrici e lettori carissimi di Verba Volant, mi sono tornate in mente le parole tratte dal film La sottile linea rossa (film americano del 1998) nell’amara e triste constatazione che sono trascorsi sessanta giorni dall’inizio della guerra russo-ucraina e non si vede all’orizzonte nessun’alba di pace. Anzi, al contrario, ogni giorno di più crescono la “rabbia”, per opposte ragioni, dei due contendenti e l’ ”avvelenamento” di quelle anime, e sono tantissime, che invocano il silenzio delle armi e, allo stesso tempo, la ripresa di un dialogo che riporti i cuori e le menti a più “miti” consigli. Una speranza che nelle parole di Papa Francesco, nelle manifestazioni numerose, ma inascoltate dai governi europei, contrarie all’invio di armi, nella solidarietà che si è fatta accoglienza dei profughi ucraini, non è venuta mai meno e che resterà come fiamma sempre viva perché i due popoli “si stringano la mano”. Certo, dispiace dirlo, ma su questa guerra continua ad aleggiare e predominare, da parte di politici, geopolitici, esperti militari, media, social, dibattiti televisivi, cronisti e inviati di “guerra” (fatta qualche eccezione per delle voci coraggiose ma subito silenziate o comunque emarginate) una narrazione degli eventi a senso unico, uno schierarsi dalla parte di quella logica che continua a ritenere le armi e la guerra come la soluzione di ogni conflitto. Viene da chiedersi dove siano finite, soprattutto per l’Europa, le memorie tragiche e dolorose dei due conflitti mondiali del secolo scorso, dove sia finito il Nobel per la Pace da essa ricevuto, dove sia andato a finire il coraggio di abbandonare la strada della guerra per incamminarsi su un’altra strada e prendere tra le mani una penna e firmare il trattato per la messa al bando delle armi nucleari. Una cultura per la pace (soprattutto nelle scuole e nelle università!), una scelta decisiva per la nonviolenza, un investimento economico per una maggiore equità sociale, una drastica e totale riduzione delle spese militari e conseguente riconversione “degli arsenali di guerra in granai di pane” (Sandro Pertini): scelte tutte di pace per preparare la pace. Il 14 aprile u.s., è uscito il libro scritto da papa Francesco dal titolo: “Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace”, ed è stato bello per me e per noi tutti leggere una citazione riguardante il “nostro” + don Tonino Bello, oggi venerabile, che amava ripetere: i conflitti e tutte le guerre “trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti”. Purtroppo manca il coraggio per una cultura di pace come riflessione antropologica e umana, manca alle comunità ecclesiali un itinerario di educazione e formazione alla pace e indicare tra le priorità pastorali i temi “felici” della mitezza e dell’artigianato della pace, manca alle religioni una più decisa sinfonia nell’abbandonare una volta  per tutte il concetto di “guerra giusta” per indicare nella fraternità il terreno fertile per il ripudio della violenza e per una copiosa mietitura di concordia tra i popoli. “La speranza è una cosa buona, forse la migliore della cose, e le cose buone non muoiono mai” (dal film Le ali della libertà), ed è proprio vero, io ci credo, dobbiamo crederci, tutti! Una speranza rappresentata soprattutto dai ragazzi e dai giovani ai quali, soprattutto noi adulti, con cuore e mente rinnovati, abbiamo il dovere di “insegnare la pace”, di educarli a relazioni aperte all’accoglienza delle differenze  e delle diversità, di continuare a dir loro che è bello considerarsi cittadini del mondo, non soltanto del proprio paese, di indicare come esempi di vita da seguire quelle donne e  quegli uomini che hanno creduto e dato la vita per la nonviolenza e per la pace, di non cedere a logiche di possesso e di conquista di questa terra che è la nostra casa comune e di invitarli a scelte di vita contro la guerra, sempre! Abbiamo trascorso questi giorni di Pasqua facendo memoria della risurrezione di Cristo, vincitore della morte e datore di vita e di speranza, e augurandocela “buona” e portatrice di pace. “La pace – ha detto Papa Francesco – che Gesù ci dà a Pasqua non è la pace che segue le strategie del mondo, il quale crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione. Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre. Lo sappiamo bene. La pace del Signore segue la via della mitezza e della croce: è farsi carico degli altri”! Tutti noi di Pax Christi, di ritorno dall’assemblea di Fiesole, dove abbiamo ricordato p. Ernesto Balducci e il suo “se vuoi la pace, prepara la pace!”, siamo impegnati a continuare sulla strada segnata dal Vangelo per parole e gesti (comunicati, articoli, interviste, incontri e partecipazioni a trasmissioni televisive) finalizzati a “organizzare” la pace. Un ringraziamento particolare va ai nostri Mimma Dardano, Riccardo Michelucci e Francesco Fedeli per avere rappresentato Pax Christi nella carovana di pace STOPTHEWARNOW nei giorni 2 e 3 aprile uu. ss. a Leopoli e a quanti con la loro generosità ne hanno consentito la partecipazione.

Shalòm, Salàm, Pace!!!