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Desmond Tutu, un apostolo della nonviolenza politica e sociale

È morto l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, che fu uno dei simboli della resistenza contro l’apartheid e divenne poi il promotore della riconciliazione. Tutu, 90 anni, arcivescovo anglicano, vinse nel 1984 il premio Nobel per la Pace come simbolo della lotta nonviolenta contro il regime razzista. E’ importante leggere il suo libro “Non c’è futuro senza perdono” (Feltrinelli). I veronesi l’hanno conosciuto in Arena durante un incontro promosso dai “Beati i costruttori di pace”
Una volta finita l’apartheid, dopo che Nelson Mandela era stato eletto presidente del nuovo Sudafrica, ideò e presiedette la Commissione per la Verità e la Riconciliazione (Trc), creata nel 1995, che in un doloroso e drammatico processo di pacificazione fra le due parti della società sudafricana mise in luce la verità sulle atrocità commesse durante i decenni di repressione. Il perdono fu accordato a chi, fra i responsabili di quelle atrocità commesse, avesse pienamente confessato: una forma di riparazione morale anche nei confronti dei familiari delle vittime. Ben lontano dall’accontentarsi del nuovo status quo, Desmond Tutu non ha mancato di fustigare lo stesso partito maggioritario dell’Africa multietnica, l’African National Congress (Anc), denunciandone la deriva nepotistica e la corruzione sotto il presidente Jacob Zuma. Non ha risparmiato neanche il presidente Mandela, criticandolo per le paghe ritenute troppo generose di alcuni ministri e collaboratori. Ha inoltre rimproverato molto duramente l’omofobia presente nella società, nel potere e nella Chiesa anglicana. Nemico giurato dell’apartheid, Tutu ha lavorato instancabilmente, in modo non violento, per la sua sconfitta. Il prelato dalla voce schietta usò il suo pulpito come primo vescovo nero di Johannesburg e in seguito arcivescovo di Città del Capo, nonché frequenti manifestazioni, per galvanizzare l’opinione pubblica contro l’iniquità razziale sia in patria che a livello globale.Nato il 7 ottobre 1931 fu ordinato sacerdote anglicano nel 1961 e sei anni dopo divenne cappellano dell’Università di Fort Hare. Si trasferisce nel minuscolo regno dell’Africa meridionale del Lesotho e di nuovo in Gran Bretagna, con Tutu che torna a casa nel 1975. Diventa vescovo del Lesotho, presidente del South African Council of Churches e, nel 1986, primo arcivescovo anglicano nero di Cape Town. Tutu fu arrestato nel 1980 per aver preso parte a una protesta e in seguito gli fu confiscato il passaporto per la prima volta. Ha recuperato il documento per effettuare viaggi negli Stati Uniti e in Europa, dove ha tenuto colloqui con il segretario generale delle Nazioni Unite, il Papa e altri leader della chiesa. Ritiratosi da ogni carica attiva nel 1996, dal 1997 Tutu ha dovuto fare i conti a più riprese con il cancro (parziale sintesi di Sergio Paronetto da Il Fatto quotidiano o.l.). .