L’introduzione di Francesco al Sinodo panamazzonico, che riportiamo in parte, va letto in sintonia col Patto delle catacombe per la casa scomune, rinnovato a Roma (dopo quello del 1965) da una quarantina di vescovi, con la conclusione del 27 ottobre dove il papa invita i cattolici a evitare l’ipocrisia di ritenersi superiori dimenticandosi di essere cristiani e umani, e con la futura esortazione operativa che il papa scriverà entro l’anno. (s.p.)
“….Il dono che abbiamo ricevuto è un fuoco, è amore bruciante a Dio e ai fratelli. Il fuoco non si alimenta da solo, muore se non è tenuto in vita, si spegne se la cenere lo copre. Se tutto rimane com’è, se a scandire i nostri giorni è il “si è sempre fatto così”, il dono svanisce, soffocato dalle ceneri dei timori e dalla preoccupazione di difendere lo status quo. Ma «in nessun modo la Chiesa può limitarsi a una pastorale di “mantenimento”, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. …Perché la Chiesa sempre è in cammino, sempre in uscita, mai chiusa in sé stessa. Gesù non è venuto a portare la brezza della sera, ma il fuoco sulla terra.
Il fuoco che ravviva il dono è lo Spirito Santo, datore dei doni. Perciò San Paolo continua: «Custodisci mediante lo Spirito Santo il bene prezioso che ti è stato affidato» (2 Tm 1,14). …Allora ravvivare il dono nel fuoco dello Spirito è il contrario di lasciar andare avanti le cose senza far nulla. Ed essere fedeli alla novità dello Spirito è una grazia che dobbiamo chiedere nella preghiera. Egli, che fa nuove tutte le cose, ci doni la sua prudenza audace; ispiri il nostro Sinodo a rinnovare i cammini per la Chiesa in Amazzonia, perché non si spenga il fuoco della missione.
Il fuoco di Dio, come nell’episodio del roveto ardente, brucia ma non consuma (cfr Es 3,2). È fuoco d’amore che illumina, riscalda e dà vita, non fuoco che divampa e divora. Quando senza amore e senza rispetto si divorano popoli e culture, non è il fuoco di Dio, ma del mondo. Eppure quante volte il dono di Dio non è stato offerto ma imposto, quante volte c’è stata colonizzazione anziché evangelizzazione! Dio ci preservi dall’avidità dei nuovi colonialismi. Il fuoco appiccato da interessi che distruggono, come quello che recentemente ha devastato l’Amazzonia, non è quello del Vangelo. Il fuoco di Dio è calore che attira e raccoglie in unità. Si alimenta con la condivisione, non coi guadagni. Il fuoco divoratore, invece, divampa quando si vogliono portare avanti solo le proprie idee, fare il proprio gruppo, bruciare le diversità per omologare tutti e tutto.
Ravvivare il dono; accogliere la prudenza audace dello Spirito, fedeli alla sua novità; San Paolo rivolge un’ultima esortazione: «Non vergognarti di dare testimonianza ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo» (2Tm 1,8). Chiede di testimoniare il Vangelo, di soffrire per il Vangelo, in una parola di vivere per il Vangelo… Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia portano croci pesanti e attendono la consolazione liberante del Vangelo, la carezza d’amore della Chiesa. Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia hanno speso la loro vita. Permettetemi di ripetere le parole del nostro amato Cardinale Hummes: quando arriva in quelle piccole città dell’Amazzonia, va nei cimiteri a cercare la tomba dei missionari. Un gesto della Chiesa per coloro che hanno speso la vita in Amazzonia. E poi, con un po’ di furbizia, dice al Papa: “Non si dimentichi di loro. Meritano di essere canonizzati”. Per loro, per questi che stanno dando la vita adesso, per quelli che hanno speso la propria vita, con loro, camminiamo insieme”.