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Artigiani di pace e profeti di misericordia

papa-francesco-udienza-generaleL’11 marzo scorso il papa, rivolgendosi alla comunità di s. Egidio, parla a tutti gli operatori e alle operatrici di pace e di accoglienza, quindi anche a noi. Riporto alcuni passaggi del suo lungo intervento. (s.p.) 

“…Il mondo oggi è spesso abitato dalla paura – anche dalla rabbia, diceva il professor Riccardi, che è sorella della paura. È una malattia antica: nella Bibbia ricorre spesso l’invito a non avere paura. Il nostro tempo conosce grandi paure di fronte alle vaste dimensioni della globalizzazione. E le paure si concentrano spesso su chi è straniero, diverso da noi, povero, come se fosse un nemico. Si fanno anche dei piani di sviluppo delle nazioni sotto la guida della lotta contro questa gente. E allora ci si difende da queste persone, credendo di preservare quello che abbiamo o quello che siamo. L’atmosfera di paura può contagiare anche i cristiani che, come quel servo della parabola, nascondono il dono ricevuto: non lo investono nel futuro, non lo condividono con gli altri, ma lo conservano per sé: “Io appartengo alla associazione tale…; io sono di quella comunità…”; si “truccano” la vita con questo e non fanno fiorire il talento….

Il futuro del mondo appare incerto, lo sappiamo, lo sentiamo tutti i giorni nei telegiornali. Guardate quante guerre aperte! So che pregate e operate per la pace. Pensiamo ai dolori del popolo siriano, l’amato e martoriato popolo siriano, di cui avete accolto in Europa i rifugiati tramite i “corridoi umanitari”. Com’è possibile che, dopo le tragedie del ventesimo secolo, si possa ancora ricadere nella stessa assurda logica? Ma la Parola del Signore è luce nel buio e dà speranza di pace; ci aiuta a non avere paura anche di fronte alla forza del male…. La Parola di Dio vi ha protetto in passato dalle tentazioni dell’ideologia e oggi vi libera dall’intimidazione della paura. Per questo vi esorto ad amare e frequentare sempre più la Bibbia. Ognuno troverà in essa la sorgente della misericordia verso i poveri, i feriti della vita e della guerra.

La Parola di Dio è la lampada con cui guardare il futuro, anche di questa Comunità. Alla sua luce, si possono leggere i segni dei tempi. Diceva il beato Paolo VI: «La scoperta dei “segni dei tempi” […] risulta da un confronto della fede con la vita», così che «il mondo per noi diventa un libro» (16 aprile 1969: Insegnamenti VII, 1969, 919). Un libro da leggere con lo sguardo e il cuore di Dio. Questa è la spiritualità che viene dal Concilio, che insegna una grande e attenta compassione per il mondo.

Da quando la vostra Comunità è nata, il mondo è diventato “globale”: l’economia e le comunicazioni si sono, per così dire, “unificate”. Ma per tanta gente, specialmente poveri, si sono alzati nuovi muri. Le diversità sono occasione di ostilità e di conflitto; è ancora da costruire una globalizzazione della solidarietà e dello spirito. Il futuro del mondo globale è vivere insieme: questo ideale richiede l’impegno di costruire ponti, tenere aperto il dialogo, continuare a incontrarsi.

Non è solo un fatto politico o organizzativo. Ciascuno è chiamato a cambiare il proprio cuore assumendo uno sguardo misericordioso verso l’altro, per diventare artigiano di pace e profeta di misericordia. Il samaritano della parabola si occupò dell’uomo mezzo morto sulla strada, perché «vide e ne ebbe compassione» (Lc 10,33). Il samaritano non aveva una specifica responsabilità verso l’uomo ferito, ed era straniero. Invece si comportò da fratello, perché ebbe uno sguardo di misericordia. Il cristiano, per sua vocazione, è fratello di ogni uomo, specie se povero, e anche se nemico. Non dite mai: “Io che c’entro?”. Bella parola per lavarsi le mani! “Io che c’entro?”. Uno sguardo misericordioso ci impegna all’audacia creativa dell’amore, ce n’è tanto bisogno! Siamo fratelli di tutti e, per questo, profeti di un mondo nuovo; e la Chiesa è segno di unità del genere umano, tra popoli, famiglie, culture.

Questo anniversario vorrei che fosse un anniversario cristiano: non un tempo per misurare i risultati o le difficoltà; non l’ora dei bilanci, ma il tempo in cui la fede è chiamata a diventare nuova audacia per il Vangelo. L’audacia non è il coraggio di un giorno, ma la pazienza di una missione quotidiana nella città e nel mondo. È la missione di ritessere pazientemente il tessuto umano delle periferie, che la violenza e l’impoverimento hanno lacerato; di comunicare il Vangelo attraverso l’amicizia personale; di mostrare come una vita diventa davvero umana quando è vissuta accanto ai più poveri; di creare una società in cui nessuno sia più straniero. È la missione di valicare i confini e i muri per riunire… L’apostolo Paolo scrive: «Nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro […] Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3,21.23). Voi siete di Cristo! È il senso profondo della vostra storia fino a oggi, ma è soprattutto la chiave con cui affrontare il futuro. Siate sempre di Cristo nella preghiera, nella cura dei suoi fratelli più piccoli, nella ricerca della pace, perché Egli è la nostra pace. Egli camminerà con voi, vi proteggerà e vi guiderà! Prego per voi, e voi pregate per me. Grazie.