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Defense for Children International: Margine Protettivo, guerra ai bambini di Gaza

Striscia di Gaza

Striscia di Gaza

“Una guerra condotta sui bambini di Gaza” riporta nel titolo il rapporto pubblicato questo mese dalla Ong Defense for Children International Palestine sull’ultima offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza del luglio-agosto 2014.

L’ultimo rapporto dalla Ong Defense for Children International Palestine (DCIP)(visionabile e scaricabile a questo link http://dci-palestine.org/sites/default/files/operationprotectiveedge.awarwagedonchildren.160415.pdf), basandosi anche sulle relazioni diffuse delle Nazioni Unite, riferisce che il 2014 è stato un anno che ha portato violenza, paura, perdite ai bambini palestinesi della Striscia. L’offensiva militare israeliana durata 50 giorni tra l’8 luglio e il 26 agosto, denominata Margine Protettivo, ha ucciso 547 bambini, mentre altri 3374 sono rimasti feriti, incluso 1,000 le cui ferite li hanno resi permanentemente disabili. In totale, secondo il rapporto, l’operazione militare ha ucciso 2.220 palestinesi, di cui almeno 1.492 civili. Cinque invece i civili israelini morti, di cui un bambino, e 67 soldati.

DCIP denuncia violazioni del diritto umanitario internazionale da parte dell’esercito israeliano, fra cui attacchi diretti ai bambini, attacchi indiscriminati e sproporzionati sulle case dei civili, scuole e quartieri residenziali. I luoghi che avrebbero dovuto costituire rifugi sicuri non sono stati immuni dai bombardamenti delle forze israeliane: missili lanciati da droni e aeroplani , spari di artiglieria, e frammenti disseminati dalle esplosioni hanno ucciso bambini nelle loro case, per le strade mentre fuggivano dagli attacchi con le loro famiglie e mentre cercavano riparo dai bombardamenti all’interno delle scuole.

A Gaza, dove il 43% della popolazione ha meno di 14 anni, i bambini sono cresciuti testimoniando morte e soffocati da una vita sotto assedio. Hanno perso genitori, fratelli, nonni, cugini, ed intere famiglie nelle operazioni militari. Le loro case, quelle dei vicini e le scuole sono state attaccate e distrutte, a volte ripetutamente. Nel 2014 la vita nella Striscia di Gaza è peggiorata. Circa 110,000 persone sono rimaste sfollate rifugiate nelle scuole della Unrwa mentre le UN riportano che circa 370,000 bambini palestinesi necessitano supporto psicologico.

Il rapporto riferisce che durante l’offensiva, ufficiali israeliani hanno tentato di giustificare gli attacchi sulle case di civili affermando che l’obiettivo fosse un individuo affiliato ad Hamas o altro gruppo armato palestinese presente nell’abitazione al momento dell’attacco. Per il diritto internazionale, la mera presunta presenza di un membro di un gruppo armato palestinese è una giustificazione insufficiente per attaccare un’abitazione famigliare: non esiste giustificazione legale sotto il diritto umanitario internazionale per attacchi a case di civili.

Le aree residenziali maggiormente bombardate includono le aree di Khan Younis e Rafah, nel sud della Striscia, i quartieri orientali di Gaza city, incluso Shuja’iya, Zeitoun e Tuffah, e le aree di Beit Hanoun, Beit Lahia e il campo rifugiati di Jabalia nel nord della Striscia. Tra i casi riportati nel rapporto, quello dei quattro bambini della famiglia Baker uccisi dalla marina militare israeliana sulla spiaggia di Gaza city il 16 luglio. Zakaria (10 anni), Ahed (9 anni), Ismail (9 anni) e Mohammed (11 anni) stavano giocando sulla spiaggia. La marina militare israeliana ha prima colpito un container vicino il porto, uccidendo Ismail; una seconda esplosione ha poi ucciso gli altri tre bambini mentre scappavano per salvarsi. Altri quattro bambini sono rimasti feriti nell’attacco. Gli otto bambini della famiglia Baker erano arrivati sulla spiaggia circa tre ore prima l’attacco per giocare a pallone. Nella testimonianza raccolta da DCIP, Montaser, 11 anni, uno dei bambini feriti, ha riportato che i loro genitori pensassero che stessero giocando nel quartiere, e che non erano spaventati dalla presenza degli aerei. I bambini erano tutti fratelli e cugini. Quando la nave ha colpito il container, Ismail stava prendendo un pallone che i bambini avevano calciato nel porto. Spaventati e confusi, gli altri bambini hanno iniziato a correre sulla spiaggia verso il vicino hotel e la caffetteria, gridando aiuto. Poi, una seconda esplosione ha ucciso Zakaria e Mohammed immediatamente, smembrandoli. Ahed era gravemente ferito ed è morto poco dopo.

Tra i quartieri maggiormente devastati quello orientale di Shuja’iya, dove la sera del 19 luglio l’esercito israeliano ha lanciato un’offensiva di terra in aggiunta a quella aerea. Carro armati, artiglieria, caccia e droni hanno bombardato il quartiere per sette ore. Al mattino famiglie hanno cercato di scappare ritrovandosi però in pericolo per strada mentre gli attacchi iniziavano a riprendere. Bambini sono stati uccisi mentre con le loro famiglie lasciavano il quartiere. Famiglie si sono disperse per cercare di scappare, in alcuni casi i genitori hanno scoperto che i propri figli sono morti solo tardi, o in ospedale feriti. In altri casi, bambini sono morti a causa di mancanza di cure mediche. Le ambulanze infatti hanno fatto fatica a raggiungere le vittime a causa dei bombardamenti e del rifiuto della autorità isreliane di permettere alle squadre di soccorso di accedere all’area. Per questo motivo, i corpi di molti bambini sono stati recuperati solo una settimana dopo l’assalto. Il rapporto cita e descrive diversi casi di attacchi su abitazioni civili nel quartiere di Shuja’iya nei quali bambini sono morti con i loro familiari.

Un caso particolare quello dei bambini del campo rifugiati di Shati che il 28 luglio stavano giocando nella strada Sweidi il primo giorno dell’Eid al-Fitr, che segna la fine del mese di Ramadan. Era in atto una tregua temporanea tra l’esercito israeliano e i grupi armati palestinesi. Un negoziante del posto aveva posizionato una altalena per far distrarre i bambini. Improvvisamente, verso le 17.00 un’esplosione nella stessa strada ha ucciso 13 persone, di cui 11 bambini, e molti altri sono rimasti feriti. Abu Shaqfa, un negoziante del posto, descrive a DCIP la terribile scena davanti ai suoi occhi e i corpi dei bambini amputati dall’esplosione nella strada insanguinata. In questo caso, sia l’esercito israeliano sia i gruppi armati palestinesi hanno negato la responsabilità dell’incidente. Gli undici bambini morti nell’incidente avevano tra i 4 e 13 anni.

Il rapporto, denunciando la mancanza di rispetto del principio di proporzionalità da parte delle forze militari israeliane, riporta diversi attacchi su obiettivi civili, tra cui quello avvenuto il 20 luglio su un edificio residenziale in Bani Suhaila, Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, nel quale 24 persone della famiglia Abu Jami sono state uccise, di cui 18 bambini di età compresa tra i 7 mesi e i 14 anni e una donna incinta di otto mesi. L’attacco aereo, senza preavviso, è avvenuto intorno alle 19:45. L’edificio di tre piani era composto da due appartamenti per ogni piano ed era abitato da cinque famiglie. Al momento dell’attacco, riferisce il rapporto, i bambini stavano giocando al piano terra mentre altri erano ai piani superiori con le loro famiglie. Un membro della famiglia Abu Jami sopravvissuto all’attacco racconta che avevano appena iniziato a mangiare per rompere il digiuno della giornata. Delle 27 persone presenti nell’edificio, soltanto 3 sono sopravvissute, di cui un bambino di 3 anni. Non si riportano attività della resistenza armata nelle vicinanze dell’edificio al momento del bombardamento, e la famiglia Abu Jami non aveva ricevuto alcun avviso dell’attacco. Secondo l’indagine del DCIP, aerei militari israeliani hanno colpito l’abitazione della famiglia Abu Jami perché Ahmad Sahmoud, un membro delle brigate al-Qassam si trovava nell’edificio al momento dell’attacco.

Un altro fra i casi riportati è quello della famiglia Kilani, interamente uccisa il 21 luglio mentre si trovava nella propria abitazione nella strada Omar al-Mukhtar in Gaza city. Tra le vittime dell’attacco cinque bambini di età compresa tra i 3 e gli 11 anni. La famiglia Kilani era scappata dal quartiere di Beit Lahia, nel nord della Striscia, il 17 luglio, dopo che le forze israeliane avevano lanciato volantini invitando la popolazione a evacuare la zona. Dopo una prima notte spesa nel quartiere di Tuffah, non essendo al sicuro a causa degli attacchi nel quartiere di Shuja’iya, la famiglia si era spostata al quinto piano della torre Isra, al centro di Gaza city. Il 21 luglio, un aereo israeliano ha colpito il quarto ed il quinto piano della torre. Secondo l’indagine del DCIP, Shaban Dahdouh, un membro delle brigate al-Quds era probabilmente l’obiettivo dell’attacco, in quanto il suo corpo è stato recuperato dalle macerie due settimane dopo.

Il rapporto studia anche l’impatto dei droni che sono stati utilizzati in maniera maggiore rispetto alle precedenti offensive israeliane. I droni sono dotati di sensori avanzati e telecamere che forniscono “una chiara immagine in tempo reale delle persone sul terreno giorno e notte”, secondo Human Rights Watch. Le stesse autorità israeliane hanno reclamato la precisione di questi attacchi. Nonostante questo, DCIP ha documentato diversi incidenti dove missili lanciati da droni hanno ucciso numerosi civili, tra cui bambini. Tra questi, il caso della famiglia Joude: il 24 agosto, verso le 16.00, un drone israeliano ha lanciato un missile nel cortile della famiglia senza preavviso in Tal al-Zatar, vicino il campo rifugiati di Jabalia, a nord di Gaza, uccidendo una madre con quattro dei suoi bambini, di età compresa tra i 6 e i 14 anni. Un quinto bambino, Thaer, di 9 anni, è rimasto permanentemente disabile nell’attacco.

In un altro caso ancora, il 30 luglio, verso le 9 del mattino, un drone israeliano ha lanciato un missile colpendo la famiglia Khalili mentre si trovava nel giardino della propria abitazione nella strada Salah Al-Din , nel quartiere Tuffah di Gaza city. L’attacco ha ucciso quattro adulti e quattro bambini: Ashraf e Neda Khalili con i loro tre bambini Mahmoud,7 anni, Dima, 4 anni, e Zeyad, 2 anni, Ahmad e Aya Khalil con la loro bambina Lama, 3 anni.

Ancora, tra i diversi casi riportati nel documento, quello della famiglia al Farra, il cui edificio nel quartiere di Maan, ad est di Khan Younis, è stato colpito da un drone senza preavviso alle prime ore del mattino del 1 agosto. Mentre le famiglie evacuavano il proprio appartamento, un altro missile ha colpito l’edificio, ed un terzo missile ha colpito il gruppo di persone mentre correva in strada, uccidendo cinque bambini e quattro adulti, mentre altri sei bambini sono rimasti feriti. Il padre di tre dei bambini uccisi ha dichiarato a DCIP che nessun membro della propria famiglia era un combattente, un poliziotto o appartenente a qualche fazione.

Inoltre, secondo il rapporto, sono almeno 18 i bambini uccisi dalle forze militari israeliane in attacchi su scuole o nelle vicinanze delle scuole. Almeno in tre casi, le forze israeliane hanno condotto attacchi indiscriminati su due scuole della UNRWA a nord di Gaza, uccidendo nove bambini e ferendone almeno 32. Il 3 agosto, un missile lanciato da un drone ha colpito l’ingresso anteriore di una scuola UNRWA a Rafah, nel sud della Striscia, uccidendo nove bambini e ferendone almeno 12. Le tre scuole erano utilizzate come rifugi per civili, incluso bambini, scappati dalle aree bombardate dalle forze aeree, navali e di terra.

Attacchi aerei israeliani hanno completamente distrutto due scuole e daneggiato almeno altre 279, incluso 187 scuole governative e 92 scuole della UNRWA.

A seguito dell’attacco israeliano sulla scuola della UNRWA a Rafah il 3 agosto, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha denunciato l’attaco come “atto criminale” e ha chiesto alle forze israeliane di ritenersi responsabili per evidenti violazioni del diritto umanitario internazionale.

Il rapporto descrive i tre casi. Il 24 agosto, attorno alle 15.00, il bombardamento sulla scuola elementare in Beit Hanoun ha ucciso sei bambni. Quando il primo colpo di artiglieria ha colpito il cortile della scuola, le famiglie si erano riunite all’esterno per aspettare i bus della Croce Rossa Internazionale ed essere evacuate dalla struttura. Un secondo colpo di artiglieria ha colpito il secondo piano dell’edificio, provocando un incendio. Il terzo missile di artiglieria ha colpito edifici adiacenti, uccidendo e ferendo civili nell’area. La scuola ospitava famiglie che erano scappate dai bombardamenti nel nord della Striscia, la posizione dell’edificio era stata comunicati dallo staff delle Nazioni Unite alle forze israeliane ben 12 volte e nessuna attività militare si svolgeva nelle vicinanze dell’edificio al momento dell’attacco. Nel secondo caso, il 30 luglio, l’artiglieria israeliana ha colpito la scuola elementare della UNRWA nel campo rifugiati di Jabalia, meglio conosciuta come scuola “Abu Hussein”, a nord di Gaza. Tre bambini sono morti in questo attacco e almeno due feriti. Verso le 5 del mattino di quel giorno, le famiglie che avevano trovato riparo in quella scuola sono state svegliate da un colpo di artiglieria caduto nella strada dove si trova l’ingresso dell’edificio scolastico. Un secondo missile di artiglieria ha colpito i bagni della scuola, spargendo frammenti di esplosivo e schegge di vetro nel cortile e su donne e bambini che avevano trovato riparo nelle aule. Mentre le persone che si trovavano nel cortile sono scappate all’interno, almeno altri due missili hanno colpito la scuola. DCIP riporta che la posizione della scuola era stata comunicata dalle Nazioni Unite alle forze israeliane almeno 17 volte, e non vi erano attività militari nella zona al momento dell’attacco. Il 3 agosto, verso le 10.40 del mattino, un missile lanciato da un drone israeliano ha colpito due giovani in motocicletta di fronte l’ingresso della scuola UNRWA a Rafah, nel sud della Striscia. L’attacco ha ucciso 9 bambini. Quando il missile e’ caduto, il cortile della scuola era affollato di persone che vi si erano rifugiate e bambini erano in strada aquistando dolci dai venditori. DCIP riporta che il minore di 16 anni ucciso in motocicletta non era affiliato a nessun gruppo armato palestinese. Anche in questo caso, la posizione della scuola era stata comunicata dallo staff delle UN alle forze israeliane almeno 33 volte, e nessuna attività militare vi era nell’area.

Il rapporto di DCIP documenta anche il coinvolgimento e reclutamento di minori nel conflitto. Le forze israliane hanno continuato a utilizzare minori palestinesi come scudi umani durante le invasioni di terra. Durante le operazioni in Khuza’a, ad est di Khan Younis, nel sud della Striscia, soldati hanno arrestato e forzato con le armi Ahmad Abu Raida, 16 anni, a cercare tunnels per cinque giorni, durante i quali è stato interrogato, aggredito verbalmente e fisicamente, privato del cibo e del sonno. In una dichiarazione a DCIP, Ahmed ha riferito che soldati israeliani hanno inoltre tentato di estorcere informazioni sui membri di Hamas e di reclutarlo come informatore, prima di rilasciarlo il 27 luglio. Il 21 luglio carro armati israeliani erano entrati nel villaggio di Khuza’a. Dopo due giorni in cui Ahmad si era nascosto in casa, la sua famiglia e i vicini avevano tentato di scappare al fuoco intenso dell’artiglieria. Tuttavia, mentre cercavano di scappare, soldati hanno riunito i civili, separando i giovani dagli altri. Un soldato ha scelto Ahmad, lo ha ammanettato con le mani dietro la schiena, lo ha colpito e insultato. La famiglia di Ahmad è stata rilasciata, ma ha perso notizie del giovane quando sono scappati. Ahmad ha raccontato a DCIP di essere stato costretto con le armi puntate alla testa a cercare tunnels sotterranei all’interno delle abitazioni. Ahmad elenca una serie di abusi e minacce di cui è stato vittima durante la detenzione, incluso calci e pugni e minacce di natura sessuale. Cio che è accaduto ad Ahmad è stato vissuto anche da adulti palestinesi usati dall’esercito come scudi umani all’interno delle abitazioni di Khuza’a, come riportato da documenti video nei quali sono state raccolte testimonianze dopo l’offensiva. Il rapporto di DCIP analizza anche il reclutamento di minori da parte palestinese. Nel 2010 gruppi armati palestinesi tra cui quelli di Hamas e Fatah hanno firmato un codice di condotta che li obbliga a non reclutare minori, e nel 2014 il presidente dell’Autorità Palestinese Mahnoud Abbas ha aderito a 15 trattati internazionali incluso la convenzione per i diritti del bambino e il protocollo sul coinvolgimento di minori in conflitti armati. Tali cambiamenti hanno portato a progressi, anche se, afferma DCIP, si sono registrati alcuni casi di minori coinvolti in gruppi armati. Secondo l’organizzazione, ci sarebbero sei casi di minori uccisi durante l’operazione Margine Protettivo che erano probabilmente affiliati a gruppi armati.

Il documento infine descrive la situazione nella Striscia di Gaza a distanza di sei mesi dalla fine dell’offensiva. I bambini rimangono infatti a rischio a causa della distruzione massiccia di infrastrutture civili e la presenza di ordigni inesplosi. I bambini costituiscono la maggior parte dei 108.000 residenti rimasti senza casa dopo l’offensiva. Le attese per la ricostruzione sotto assedio si sono allungate soprattutto a gennaio dopo che la UNRWA ha annunciato assenza di fondi. Una tempesta invernale ha parzialmente distrutto case, tende e abitazioni temporanee costruite con il legno, quattro bambini sono morti per ipotermia a gennaio, il più grande di essi aveva 18 mesi e tutti provenienti da famiglie le cui case sono state distrutte durante l’operazione Margine Protettivo. Gli ordigni inesplosi costituiscono una minaccia per i bambini: circondano case , spazi pubblici, edifici. Il 22 ottobre, Mohammad Sami Abu Jarad di 4 anni, è morto per aver maneggiato una bomba a mano israeliana lasciata nella sua abitazione a Beit Hanoun, a nord di Gaza. Secondo un’indagine di DCIP, soldati israeliani hanno occupato l’abitazione della sua famiglia durante l’invasione di terra ed hanno lasciato la bomba all’interno insieme ai resti di altre armi. Mohammed ha maneggiato la bomba mentre la sua famiglia controllava i danni alla propria abitazione.

La ricostruzione di infrastrutture distrutte o danneggiate è ostacolata dalle restrizioni israeliane sull’importazione dei materiali. Inoltre, nonostante gli sforzi per dare ai bambini supporto psicologico, le ripetute offensive militari hanno raddoppiato i casi di disturbo da stress post traumatico dal 2012. Molti bambini hanno perso parenti o sono diventati orfani e da bambini si ritrovano a occuparsi di quelli più piccoli di età. Questi bambini, afferma DCIP, hanno bisogno di sostegno per affrontare le loro perdite e le nuove responsabilità. Molti di essi dovranno prendersi cura di se stessi e degli altri e non potranno proseguire l’istruzione, mentre un futuro incerto offre loro poche possibilità.

La comunità internazionale non è stata in grado di rendere le forze israeliane o gli ufficiali responsabili per le gravi violazioni dei diritti umani sui palestinesi. In un contesto dove l’impunità sistemica è lo status quo, il bisogno di giustizia e di assunzione di responsabilità èurgente, afferma il rapporto.

Nel mese di luglio 2014, il consiglio delle UN ha approvato una risoluzione che stabilisce una Commissione Indipendente di Inchiesta sul conflitto del 2014 per indagare su tutte le violazioni del diritto umanitario internazionale durante l’operazione di luglio e agosto scorsi. La Commissione è stata incaricata di accertare “fatti e circostanze di tali violazioni e dei crimini perpetrati e di identificarne i responsabili” al fine di mettere fine all’impunità. La Commissione avrebbe dovuto presentare il suo rapporto finale e le conclusioni al Consiglio dei Diritti Umani il 23 marzo 2015, durante la sua ventottesima sessione, ma la presentazione è stata posticipata alla sessione di giugno 2015.

Oltre a ciò, nel gennaio 2015 il governo di Palestina ha aderito alla Corte Penale Internazionale al fine di valutare i crimini commessi nei Territori Palestinesi Occupati, incluso Gerusalemme est, dal 13 giugno 2014.

Il rapporto di DCIP conclude che i casi presentati rappresentano soltanto una sintesi della devastazione causata dall’ offensiva militare Margine Protettivo. Prove e testimonianze raccolte da DCIP mostrano che non vi erano posti al sicuro per i bambini di Gaza. Essi infatti sono stati soggetti a missili lanciati da droni, bombe lanciate da aerei militari, colpi di artiglieria pesante, a prescindere da dove si trovassero: a casa, rifugiati nelle scuole, o scappando nelle strade con le loro famiglie.

di Rosa Schiano

Roma, 22 aprile 2015, Nena News