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Israele. Sussidi e denaro per ripopolare la “cintura di Gaza”

cartina della Striscia di Gaza

cartina della Striscia di Gaza

Dal Ministero della Casa 34 milioni di dollari per convincere le famiglie israeliane della classe medio-bassa a trasferirsi al confine con la Striscia. La stessa politica applicata nelle colonie in Cisgiordania.

Soldi e sgravi per spostarsi nella “cintura di Gaza”: a sud dello Stato di Israele, le autorità di Tel Aviv agiscono come nelle colonie in Cisgiordania. Per muovere nuovi residenti, li incentivano con il denaro. Soprattutto dopo l’attacco della scorsa estate e i missili lanciati dalla Striscia.

Lo ha annunciato ieri il ministro della Casa, il colono Uri Ariel di Casa Ebraica: il dicastero implementerà un programma per allargare la cosiddetta “cintura di Gaza”, area di territorio israeliano lungo il confine con la Striscia. Sul piatto ci sono 34,2 milioni di dollari per aumentare il numero di famiglie residenti, il cui numero durante l’operazione militare “Margine Protettivo” era diminuito dell’80% a causa del timore di caduta dei missili lanciati dalle fazioni palestinesi di Gaza e della mancata “ricostruzione” di alcune infrastrutture danneggiate (come lamentato dai residenti).

Con i 34 milioni di dollari, il ministero acquisterà 40 case mobili per un totale di 6,4 milioni, 150 case permanenti per 20 milioni e 200 unità abitative a costo zero per 7,6 milioni, che pagherà il contribuente e che saranno distribuite a chi non può permettersi un’abitazione. Per chi non riceverà la casa gratis, lo Stato metterà a disposizione 152mila dollari a famiglia per acquistare un appartamento già esistente.

La politica è la stessa di quella implementata nelle colonie in Cisgiordania, seguendo l’insegnamento del saggio Sharon. Negli anni ’70 e ’80, l’allora ministro dell’Agricoltura lanciò la colonizzazione dei Territori Occupati, facendo leva sui bisogni economici dei potenziali coloni e dei nuovi migranti. Consapevole che la colonizzazione spinta da motivi religiosi (riprendersi la terra che Dio avrebbe assegnato al popolo ebraico), non sarebbe bastata a muovere centinaia di migliaia di persone, Sharon preferì puntare sulla colonizzazione economica. Ovvero su quelle famiglie della classe medio-bassa, neo-sposi, giovani, che non avrebbe mai potuto permettersi una casa a Tel Aviv o a Gerusalemme. Se l’unica opzione nella vita è una casa in una colonia con mutui agevolati e tasse quasi nulle, quella famiglia di coloni avrebbe difeso la casa con la vita.

Intanto, dall’altra parte del confine militarizzato, Gaza soffre ancora per una reale mancata ricostruzione. Gli appelli Onu cadono nel vuoto: solo il 2% dei 5,8 miliardi di dollari promessi dalla comunità internazionale lo scorso ottobre al Cairo sono stati consegnati. Ma i materiali non entrano, se non a singhiozzo e sporadicamente, rendendo impossibile ad oggi riabilitare anche una sola abitazione. Secondo dati delle Nazioni Unite, sono oltre 90mila le case civili completamente distrutte o parzialmente danneggiate dall’offensiva israeliana.

Gerusalemme, 22 gennaio 2015, Nena News