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NATO oggi

(06/05/2014)

Discutere di Pace, Disarmo e Corpi Civili di Interposizione senza una informazione chiara e trasparente sulla politica estera degli USA e su quello che essi vogliono dalla NATO significa adottare la tecnica dello struzzo. Al riguardo perciò, riporto sotto due articoli di Manlio Dinucci apparsi sul Manifesto. 

Ovviamente ne potete trovare molti sull’argomento sia di Dinucci che di altri. Faccio questa scelta ‘solo’ perché hanno tre qualità non di secondaria importanza: come tutti gli articoli di Dinucci si basano su fonti dirette, sono semplici e chiari da leggere e sono in Italiano (!). Infatti le notizie riportatevi si ritrovano o isolate o aggregate in analisi più complesse su siti e giornali inglesi, americani, francesi e tedeschi.

Ad esempio, ieri sera sul canale di France 24 (141 del digitale terrestre), si parlava esplicitamente della Germania e della possibilità che passi dall’acquisto di gas naturale russo a quello USA prodotto per via di ‘fracking’ (fra l’altro con enormi danni ambientali). C’è chi sostiene che la costruzione negli anni passati dei pericolosi rigassificatori offshore in Italia si basasse già su questa che oramai è più di una semplice ipotesi.

In questo quadro le iniziative dei militari italiani nelle scuole (vedi secondo articolo) si moltiplicano, con manipolazioni evidenti e intollerabili della Costituzione e dell’Articolo 11 in particolare. Ma soprattutto si svuotano per poi riempirli di ben altro i concetti di Guerra e di Pace.

NATO oggi, al servizio dell’imperialismo AMERICANO.

FD

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L’ARTE DELLA GUERRA

Lista Nato alle europe 

Manlio Dinucci

Mentre nella campagna elettorale ferve il dibattito tra sostenitori e oppositori dell’Unione europea, pochi si accorgono che il futuro dell’Europa dipende più da Washington che da Bruxelles. L’amministrazione Obama ha già varato il suo programma per l’Europa, le cui linee sono esposte dal segretario alla Difesa, Chuck Hagel.

Di fronte all’azione della Russia in Ucraina – egli esordisce – gli attuali membri della Nato devono dimostrare che sono impegnati nell’Alleanza come lo erano i suoi fondatori 65 anni fa. Il primo modo per rafforzarla è accrescere la spesa militare. Con la fine della guerra fredda – rileva Hagel – si è diffusa tra gli alleati europei la sensazione che fosse finita la loro insicurezza, dovuta alla politica aggressiva di alcuni stati (leggi l’Urss e i suoi alleati): un mito infranto dall’azione della Russia in Ucraina.

Ciò ha provocato una crescente sproporzione tra la spesa militare degli Usa e quella degli alleati. Oggi gli Usa, nonostante abbiano un pil inferiore a quello complessivo dei loro 27 alleati, spendono tre volte di più per il militare. Per correggere tale squilibrio, è stata convocata una riunione Nato alla quale parteciperanno non solo i ministri della difesa ma anche quelli delle finanze: l’aumento della spesa militare deve infatti divenire una priorità per tutti i governi dell’Alleanza. Essi si sono impegnati nel 2006 a destinare al bilancio della difesa come minimo il 2% del loro PIL, ma finora, oltre agli Usa, lo hanno fatto solo Gran Bretagna, Grecia ed Estonia.

Non basta però aumentare la spesa militare Nato (oggi superiore ai 1000 miliardi di dollati annui, pari al 60% di quella mondiale): occorre stabilire come meglio investirla. A tale scopo si terrà tra qualche mese in Gran Bretagna un vertice Nato per ristrutturare le forze dell’Alleanza, che devono essere preparate ad affrontare ogni tipo di conflitto (compreso quello nucleare) contro gli avversari più sofisticati.

A breve termine – sottolinea Hagel – la Nato ha risposto alle azioni russe con risolutezza, ma dobbiamo aspettarci che la Russia voglia mettere alla prova il nostro impegno a lungo termine. L’alleanza transatlantica deve quindi rafforzarsi non solo sul piano militare. L’Europa deve ridurre, di oltre il 25% entro il decennio, le importazioni di gas russo, che saranno sostituite con gas naturale liquefatto fornito dagli Stati uniti. Deve essere allo stesso tempo realizzata la Partnership transatlantica per il commercio e gli investimenti.

Occorre inoltre tenere presente che le minacce all’Alleanza non si limitano all’Europa: emergono nuove minacce (l’allusione alla Cina è evidente), tanto che sempre meno zone nel mondo sono da considerarsi fuori area per la Nato. Essa deve aiutare nazioni di tutto il mondo – dall’Africa al Golfo persico e all’Asia sudorientale – a realizzare un sistema di sicurezza collettiva.

Il piano di Washington è dunque chiaro: dopo aver provocato con l’estensione della Nato ad est e il putsch di Kiev un nuovo clima da guerra fredda, cerca di trarne vantaggio per rafforzare l’influenza militare ed economica Usa in Europa e per coinvolgere gli alleati europei su altri fronti che si stanno aprendo nella regione Asia/Pacifico.

Discutere di Europa al di fuori di tale contesto diventa un puro esercizio accademico. Soprattutto in un paese come l’Italia, governata da yes-men pronti a obbedire agli ordini di Washington. Affiancati da yes-women, come la neoministra Pinotti che si dice pronta a inviare truppe in Ucraina e sottolinea la necessità di avere armi sofisticate per difendersi. Sarà per questo insignita da Hagel con la medaglia d’onore.

(il manifesto, 6 maggio 2014)

 

Pisa, la guerra diventa  «solidarietà»

Manlio Dinucci

Pisa ha ormai, accanto alla tradizionale festa di San Ranieri, un’altra ricorrenza che sta assumendo carattere quasi religioso: la «Giornata della solidarietà», in memoria del maggiore Nicola Ciardelli della brigata Folgore, ucciso nella guerra in Iraq nel 2006 a Nassiriya, decorato con la Croce d’Onore dal presidente Napolitano.

Alla giornata, celebrata per iniziativa del Comune e dell’Associazione Nicola Ciardelli, hanno partecipato quest’anno oltre 2000 alunni delle scuole dell’infanzia, primarie e medie, condotti attraverso la città a visitare luoghi significativi dei «diritti inviolabili e doveri inderogabili sanciti dalla Costituzione». A partire dal «ripudio della guerra e la difesa della patria», cui mani sapienti hanno aggiunto «e della pace». A significare che le «missioni di pace» sono il necessario complemento degli articoli 11 e 52 e quindi rientrano nei «doveri inderogabili» sanciti dalla Costituzione.

Il sindaco Filippeschi (Pd) l’ha definita «una giornata che parte dalla memoria e si trasforma in momento educativo». Memoria corta: il maggiore Ciardelli faceva parte del 185° Reggimento acquisizione obiettivi (Rao), formato da forze speciali che, infiltrate in territorio straniero, individuano gli obiettivi da colpire. Lo stesso che opera oggi in Afghanistan nell’ambito della «unità speciale e semisegreta Task force Victor», come la definisce la Rivista Italiana Difesa, specificando che gli «insorti» (o presunti tali), una volta individuati, vengono «neutralizzati attraverso il fuoco dei tiratori scelti del Rao o mediante la guida del fuoco aereo dei cacciabombardieri». Questo era il compito svolto in Iraq dal maggiore Ciardelli che, una volta morto, è stato trasformato in icona del «momento educativo».

Il clou della giornata è il lancio dei paracadutisti (cancellato quest’anno per maltempo) che scendono sul Ponte di mezzo portando la bandiera della Folgore (due ali bianche che lanciano un fulmine giallo-oro) e un’altra con scritto «Nicola». Il nome del maggiore Ciardelli – si spiega agli alunni – ucciso mentre, in missione di pace in Iraq, aiutava i bambini. Con tecniche persuasive che rasentano il reato di circonvenzione di incapace, si cerca in tal modo di plasmare le menti di migliaia di minori, istillando l’idea che i militari italiani vengano inviati in terre lontane non per la guerra, ma per la pace e la solidarietà.

A tale operazione hanno partecipato oltre 30 enti e associazioni, tra cui diverse del volontariato, in gran parte inconsapevoli dell’obiettivo centrale della «Giornata della solidarietà». Quello che l’attuale ministro degli esteri Federica Mogherini (Pd) così spiegava alla Camera tre anni fa: «Colmare una apparente, grave e fittizia contrapposizione tra la cultura della difesa e la cultura della pace e della solidarietà». Una contrapposizione che manteniamo ferma, quando si spaccia per «cultura della difesa» la cultura della guerra.

(il manifesto, 3 maggio 2014)