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Padre Gustavo Gutiérrez: “Una lettera d’amore a Dio, alla Chiesa e al mio popolo”

(08/03/2015)

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Considerato a pieno titolo il “padre della Teologia della Liberazione”, Gustavo Gutiérrez, sacerdote peruviano dell’Ordine dei Frati Predicatori, non finisce mai di stupire. Anche oggi, alla veneranda età di 86 anni e nella Chiesa del sorprendente papa Francesco.

Intervenuto al IV Convegno Missionario Nazionale svoltosi a Sacrofano (RM) nel novembre scorso e organizzato dall’Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della Conferenza Episcopale Italiana (in altre parole, agli stati generali del mondo missionario italiano), padre Gutiérrez ha confidato agli oltre 800 partecipanti: «Molti mi chiedono: “Se tu dovessi scrivere oggi il tuo libro ‘Teologia della liberazione’, scriveresti le stesse cose?”. Per molto tempo non ho trovato una risposta efficace: quando rispondevo “no”, pensando al fatto che la teologia vive dentro la storia, tutti dicevano: “Ecco, ritratta!”; se invece rispondevo “sì”, la gente diceva: “Allora non ha imparato nulla…”. Alla fine però la risposta l’ho trovata. A un giornalista che educatamente mi chiedeva se avrei cambiato qualcosa, ho chiesto: “Lei è sposato?”. Lui, un po’ sorpreso, mi ha risposto di sì. Ecco, ho aggiunto: “Se a sua moglie dovesse scrivere una lettera d’amore, scriverebbe le stesse cose di quando eravate fidanzati?”. La teologia è questo per me: una lettera d’amore a Dio, alla Chiesa e al mio popolo».

Al Convegno missionario di Sacrofano padre Gustavo non si è affatto sottratto al dialogo e alle domande curiose della sala gremita. Anzi. In un’ora e mezzo di chiacchierata e confronto ha parlato di evangelizzazione, povertà e Chiesa, richiamando anche i contenuti di quel suo libro, “Teologia della Liberazione”, scritto nel 1971, che ha fatto storia nella Chiesa (e non solo) e che il sacerdote peruviano definisce una lettera d’amore a Dio, alla Chiesa e al suo popolo. Una lettera scritta da un innamorato che ha ancora tutta la freschezza di chi è affascinato dalla sua amata e non la tradirebbe per nessuna ragione al mondo. Tanto che ad una domanda su cosa cambierebbe nella Chiesa di oggi, padre Gutiérrez ha risposto senza esitazione: «Cambiamo la Chiesa, cambiamo i vescovi, sì… Almeno il papa, però, no!». Ed ha subito riportato il discorso sulla responsabilità personale di chi la Chiesa la forma, la costituisce, la incarna, ovvero i fedeli, il popolo di Dio, ciascuno con la propria parte, aggiungendo: «Il rinnovamento della Chiesa non è solo piani, idee, strutture; il rinnovamento è la testimonianza delle persone. E questa chiama in causa ciascuno di noi».

Gran parte della conversazione ha avuto come tema predominante la povertà. Il padre della Teologia della Liberazione ne ha spiegato la realtà complessa, che non può prendere in considerazione solo l’aspetto economico: «Ci sono contesti dove si è poveri per cultura, per colore della pelle, per discriminazioni di genere. Povero è chiunque è considerato insignificante nella nostra società. Lo diceva bene Hannah Arendt: povero è chi non ha diritto ad avere diritti». Eppure, a detta di padre Gustavo, per molto tempo la Chiesa ha accettato la povertà come una fatto naturale, quasi come una fatalità. «Invece – ha aggiunto – la povertà è una creazione nostra, una creazione dell’uomo. E allora non possiamo non ripartire dalle due grandi memorie che il Vangelo ci ha lasciato: lo spezzare del pane e la lavanda dei piedi. Ovvero, il rendimento di grazie nell’Eucaristia e il servizio. Non possiamo fermarci solo a una di queste due memorie». Essere solidali con i poveri – ha sottolineato più volte padre Gutiérrez – non vuol dire quindi solo aiutarli materialmente. Significa anche essere contro le cause che generano la condizione di bisogno. Questo modo di vedere la povertà ha condotto all’opzione preferenziale per i poveri. Ma perché ci deve essere un’opzione “preferenziale” se l’amore di Dio è universale? La risposta del teologo è chiara: perché «la povertà materiale è morte, morte fisica e morte culturale». Ma certamente «non devono essere solo i poveri, i destinatari del nostro amore».

Agli stati generali della missione non si poteva non parlare di evangelizzazione: ponendo l’attenzione su cosa significa evangelizzare oggi, padre Gutiérrez ha esplicitato con chiarezza e semplicità il concetto di nuova evangelizzazione. «Abbiamo bisogno di una nuova evangelizzazione – ha detto – cioè di un nuovo modo di vedere la realtà e annunciare il Vangelo oggi: non possiamo prescindere dalla capacità di condividere». E a sostegno di quanto affermato ha ricordato che nei Vangeli il miracolo raccontato per ben sei volte è la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il cui messaggio non è tanto quello della capacità di moltiplicare il pane – «ci ho provato tante volte ma non ci sono mai riuscito», ha scherzato – quanto quello di «condividere ciò che abbiamo, insieme alla gioia di essere amati da Dio, la gioia della compassione e della simpatia, parole che hanno la stessa origine».

Grazie a padre Gutiérrez, amante appassionato del Vangelo. Dal quale c’è solo da imparare!

Chiara Pellicci

(Sul sito www.cmsacrofano.it in “relazioni/altro” si trova sia l’intervento audio di padre Gutiérrez (completo), sia la sua relazione integrale in PDF)